Una splendida serie di incisioni di Franco Fanelli, datate dal 1985 ad oggi, compone questa mostra, curata da Alessandro Tosi e allestita al secondo piano di Palazzo Lanfranchi.

Geologia e archeologia si intersecano nella grafica incisa dell’artista torinese a partire dalle tre opere che cronologicamente aprono il percorso: due versioni de Il sogno di Gordon Pym (1985) e Sentinel (1987).

L’ ispirazione letteraria percorre tutta la quarantennale attività dell’incisore torinese, da Poe a Melville, da Conrad a Lovecraft, da Borges a Landolfi, da Manganelli a Jesi, sino alla poesia di John Donne, Gongora y Argote, Holan e Celan. Queste suggestioni si riverberano in temi e procedimenti che esaltano le potenzialità materiche e processuali dell’incisione.

Fanelli guarda anche alla natura pietrificata ma metamorfica dell’incisore olandese seicentesco Hercules Seghers e alla trasmutazione della rovina in natura, anatomia e paesaggio delle indagini archeologiche di Piranesi. In questo senso, i due grandi “Scudi” della serie Sibyllae (1987-89, il primo nato dall’elaborazione della testa di una balena megattera) accolgono magmatiche concrezioni, risultato di un palinsesto di segni in cui anche le tracce superstiti di pentimenti, abrasioni e progressive morsure assumono carattere di immagine. Le cinque opere citate sono il prologo di un percorso espositivo che ha il suo tema dominante nell’esplorazione del tempo e del suo manifestarsi.

Ne Il sogno dell’archeologo (2010-2015) un’immaginaria escavazione mineraria porta alla luce le tracce di misteriose civiltà antecedenti lo stesso tempo geologico. Nel trittico del 2014-18 intitolato a tre diversi portatori di visionarietà quali l’ archeologo Schliemann, lo scrittore e antropologo Caillois e il rivoluzionario e utopista Blanqui, Fanelli invece mostra come vedute differenti della stessa pietra ne mutino radicalmente le possibilità “fisionomiche”.

Nelle più recenti composizioni, piccoli frammenti archeologici sono abbinati a reperti geologici di diverse provenienze geografiche e a frammenti di pietre litografiche e grafite per comporre domestici teatrini (Circo minimo, Histoire d’une tête, 2020) o mappe immaginarie concepite come “Tabulae lusoriae”. Questo “Atlante di pietra” ha i suoi fogli conclusivi nei torsi loricati che affiorano in “Campo barbarico”, negli elmi costruiti con pietre e materiale di recupero (“Personaggi nella notte”) e nell’opera più recente, dove le rovine di mura romane del III secolo implodono per dare forma a un immaginario “Monte Severiano”.

I saggi in catalogo sono di Alessandro Tosi, Direttore del Museo della Grafica, e di Gianfranco Adornato, docente di Archeologia Classica presso la Scuola Normale Superiore di Pisa.

L’artista, Franco Fanelli (Rivoli, Torino, 1959), ha esordito alla metà degli anni Ottanta, allestendo la sua prima mostra personale alla Galleria Documenta di Torino. Docente, dal 1987, di Tecniche dell’incisione (oggi Grafica d’arte) presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, ha svolto la sua ricerca artistica prevalentemente nell’ambito dei procedimenti tradizionali della grafica incisa (acquaforte, acquatinta, maniera nera, puntasecca). Ha esposto in Italia e all’estero nelle principali rassegne collettive dedicate a questo linguaggio (Pabellon Villanueva, Madrid; Museo d’arte contemporanea Villa Croce, Genova; Museum of Modern Art New York; Museo Marino Marini, Firenze; Edinburgh Printmakers, Edimburgo; Biblioteca Nazionale, Torino; Castello Sforzesco, Milano; Scuola Internazionale di Grafica, Venezia; Fondazione Il Bisonte, Firenze; Museo della Carta, Fabriano) e in importanti mostre d’arte contemporanea (Premio Sulmona; Galleria dell’Incisione, Brescia; Mole Vanvitelliana, Ancona; Galleria Nazionale d’arte moderna, Roma). Tra le più recenti mostre personali, si segnalano quelle allestite alla Galleria Simone Aleandri di Roma (2012 e 2020), alla Fondazione Federica Galli di Milano (2018) e alla Biblioteca di Lugano (2019). Del 2016 è la vasta retrospettiva dedicatagli dall’Istituto Centrale per la Grafica di Roma.