Dimora Artica presenta Holomovement, mostra collettiva che unisce le opere di sette artisti emergenti con la volontà di individuare un sentire comune scaturito dalle nuove interpretazioni della realtà in ambito scientifico e filosofico. Il titolo fa riferimento al neologismo creato dal fisico David Bohm per definire la struttura dell’universo come un ologramma dinamico. Il progetto mette in relazione opere realizzate con diversi mezzi, dalla pittura e la scultura al video e all’installazione.
Tra le diverse Teorie del Tutto sviluppate dai fisici, quella che vede l'universo come un ologramma è tra le più affascinanti e ricche di implicazioni in tutti gli ambiti della realtà, dalla fisica alla vita, dalla coscienza alla cosmologia. Nel saggio del 1980 Wholeness and the Implicate Order, il fisico statunitense David Bohm parla di un ordine implicito sottostante alla realtà che percepiamo, funzionante come un ologramma in cui la struttura generale è identificabile in ogni sua singola parte. L'universo è descritto da Bohm con il termine olomovimento, neologismo che unisce il principio di totalità indivisa (tutto è uno) dell’ologramma con l'idea che tutto è movimento in divenire. Nell'ologramma di Bohm ogni particella non è separata ma fa parte di un'interezza dinamica che la connette con il tutto, in uno stato di processo costante simile alle turbolenze di una corrente.
In una visione olografica dell'universo, anche l'azione umana diviene parte di più ampi processi di trasformazione della realtà, non separati dal contesto naturale, inserendosi nel flusso cosmico come forza geofisica che agisce su vasta scala. Il cambiamento climatico derivante dall’attività antropica, negli ultimi anni ha portato maggiore consapevolezza dell’unità sostanziale dell’uomo con l’ambiente, parti del medesimo intreccio, in cui ogni movimento produce trasformazioni anche a notevole distanza. L'ordine nascosto di cui parla Bohm, la trama sottostante alle manifestazioni che leggiamo come separate e accidentali, coinvolge l’universo come l’individualità umana, nell’intima correlazione del particolare con il tutto che corrisponde al funzionamento dell’ologramma, in cui le informazioni dell’immagine complessiva sono contenute in ogni porzione della stessa. Natura e cultura, ambiti tradizionalmente divisi, in realtà sono unite in una processualità interconnessa che coinvolge tutti gli elementi della realtà nello stesso fluire di onde, vortici e increspature che si agitano nell’ologramma cosmico.
La nuova sensibilità che si fa strada nel mondo contemporaneo, connotata da una maggiore consapevolezza della stretta correlazione tra ambiti che sembravano distanti all’interno del pensiero filosofico del realismo speculativo, si traduce con l’ontologia orientata agli oggetti e la critica all’antropocentrismo, in una visione orizzontale per cui tutte le cose, sia fisiche sia immaginarie, sono ugualmente oggetti fondanti della realtà.
Nell’attuale produzione artistica, la ridefinizione dell’idea di realtà si traduce in una grande libertà compositiva, volta a unire riferimenti a prima vista eterogenei, come la tradizione figurativa della storia dell’arte e l’immaginario digitale, oppure le narrazioni mitiche unite al capitalismo globalizzato. L’uomo, gli animali, le piante e i minerali s’ibridano in uno spazio tempo frastagliato, in cui culti e simbologie ancestrali ritornano ciclicamente come forme di un immaginario psichico condiviso da tutti gli organismi, che elabora gli stessi bisogni vitali uniti all’istinto di sopravvivenza. La visione del mondo si fa complessa e frammentata come i livelli sovrapposti di un’immagine digitale composta con Photoshop e, nello stesso tempo, unitaria ed omogenea nell’organizzare diverse informazioni, materiali e narrazioni in composizioni unitarie. L’opera d’arte diviene epifania dell’ologramma che unifica l’universo in un intreccio interconnesso e nel contempo racconta l’interpretazione individuale del presente nella sua specificità particolare.
Nelle proprie opere Mattia Barbieri sviluppa una pittura dalla grande densità iconografica e semantica, in cui elementi tratti dalla storia dell’arte e dall’immaginario collettivo contemporaneo vengono rimodulati e proiettati su un unico piano, insieme ideale e concreto. Per Holomovement Mattia Barbieri presenta opere della nuova serie ispirata a Giano Bifronte, figura mitologica dai due profili che guardano al passato e al futuro e che unendosi formano una figura frontale, simbolo del presente. Come tavole medioevali, i dipinti si pongono come meccanismi iconografici che grazie alla disposizione degli elementi nella composizione attivano un ordine cosmico autonomo.
Interessati a generare legami tra diversi ambiti di ricerca, bn+ BRINANOVARA (Giorgio Brina e Simone Novara) allo studio dei processi di transito e traduzione delle immagini uniscono la ricombinazione di diversi materiali, con il fine di realizzare opere che stimolano l’osservazione della realtà da una nuova prospettiva. In mostra un’opera della serie Unpredictable Ecosystem, realizzata con la stratificazione e successiva asportazione di diversi colori, in cui la riconoscibilità di figure tratte dalla storia dell’arte è affidata a porzioni di immagine residua.
Nella ricerca di Tania Fiaccadori il concetto di immagini persistenti è indagato attraverso l’ibridazione di simboli occidentali e orientali, passando dal fashion design all’underground e alle sue sottoculture. Per Homomovement Tania Fiaccadori presenta una piccola video-installazione che comprende uno smartphone ed uno schermo amplificatore, posizionati in una simbolica spiaggia di cristalli. Nel video l’ambiente sottomarino, abitato da forme tra l’organico e l’alieno, si mostra come un luogo dai connotati magici. Visto attraverso la lente che lo rende simile ad un ologramma, il mollusco marino comunemente chiamato sea angel diviene divinità mitica che sembra danzare per comunicare un suo messaggio criptico.
La ricerca di Valentina Furian si concentra sulla relazione tra realtà e finzione, mettendo in scena un immaginario che a partire dal quotidiano confluisce in una dimensione fantastica. Per Holomovement Valentina Furian presenta Drago, video che segna un incontro tra due esseri mai esistiti contemporaneamente. L’incontro è svelato da un gesto d’amore che dimostra l’impossibile legame tra i due, una forma inattuabile di addomesticamento. Un velo plastico copre il corpo inerte di un dinosauro. Il gesto rimane sospeso trasformandosi nella sua ciclicità.
Il lavoro di Kamilia Kard si concentra sulla costruzione dell'identità nell’era di internet. Per Holomovement Kamilia Kard presenta due nuove sculture della serie Woman as a Temple, progetto che comprende stampe 3D, esperienze di realtà virtuale e prodotti editoriali. Il passato paleolitico incontra un futuro immaginario in cui l’antica rappresentazione sacra del corpo femminile viene riproposta come reperto digitale archiviato online. La stampa a livelli sovrapposti lascia tracce simili ai cerchi di crescita dei tronchi d'albero o alle stratificazioni della crosta terrestre.
Nei dipinti di Stefano Perrone, l’instabilità e l’energia salvifica dell’uomo contemporaneo sono descritte mediante figure e oggetti disgregati, poi ricondotti ad un ordine dinamico attraverso vettori che ne definiscono le linee di forza. Per Holomovement Stefano Perrone presenta opere recenti, in cui è centrale il tema dell’identità. L’opera più grande allude all’autenticazione a due fattori, metodo di riconoscimento richiesto dagli smartphone di ultima generazione. In un paesaggio desertico fluttuano l’elemento calligrafico della firma e il perimetro di una maschera privata del proprio interno fino a somigliare ad una sorta di finestra sul vuoto.
Nelle proprie opere Andrea Samory mette in discussione il confine tra virtuale e reale delineando paesaggi ibridi in cui supera la tradizionale differenziazione tra sintetico e naturale. Nelle sculture e render digitali in mostra, Andrea Samory si concentra sul corpo umano in relazione allo stereotipico concetto di natura e su come immagini familiari, portatrici di identità e significato, possano diventare terrificanti e sconcertanti se alienate dal proprio idealizzato contesto.