Galleria Continua ha il piacere di presentare per la prima volta in Italia una mostra personale di Yoan Capote. Cubano, classe 1977 inizia a lavorare alla fine degli anni Novanta raggiungendo la sua maturità artistica durante il “Periodo Speciale”.
“Sujeto Omitido” presenta una selezione di opere che hanno segnato l’ingresso di Yoan Capote nell’establishment artistico internazionale: alcuni dipinti della serie “Island” e un gruppo di sculture che contraddistinguono il percorso dell’artista e che si ispirano principalmente ad oggetti, immagini e frammenti di corpi che intendono evocare la presenza dell’individuo rispetto all’assenza o alla condizione anonima. “Il nostro corpo è pieno di simboli ed espressioni la cui rappresentazione ha dato forma a gran parte della storia dell’arte sin dalle sue origini (...) Sento che ci sono idee o esperienze che possono essere espresse meglio attraverso la rappresentazione del corpo o attraverso il corpo stesso”, spiega Yoan Capote. E prosegue: “Sono molto attratto da tutto ciò che riguarda la psicologia e dal modo in cui ci consente di riflettere non solo sui conflitti interni individuali, ma anche sull’ambiente sociale o collettivo... questo mi permette di ampliare l’analisi portandola da una dimensione locale ad una più essenziale o universale”.
Ciascuna delle opere in mostra si focalizza principalmente su riflessioni riguardanti conflitti e temi condivisi in cui l’identità del soggetto non è importante o viene subordinata a riflessioni più globali e collettive. Migrazione, resistenza, manipolazione, stress, alienazione sono tutte esperienze comuni dell’essere umano contemporaneo, indipendentemente dalle differenze di contesto. Sculture come “Stress”, “Self-portrait”, “Speechless”, “Abstinencia” evocano un senso di anonimato; qui l’esperienza collettiva determina o amplifica le preoccupazioni individuali mentre la ‘fisicità’ delle opere rinforza l’uso simbolico dei materiali, il senso di gravità e l’interazione con lo spettatore, elementi che ritroviamo anche nella serie di dipinti realizzati con ami da pesca.
“Il mare è un’ossessione per qualsiasi popolazione insulare... quando ero bambino, racconta Capote, guardavo l’orizzonte e immaginavo il mondo al di là di esso. Il mare per i cubani rappresenta l’aspetto seduttivo di questi sogni, ma anche il pericolo e l’isolamento.” I dipinti della serie “Island” nascono dalla riflessione su un’espressione usata durante la Guerra Fredda per indicare la separazione, territoriale e ideologica, esistente fra i paesi dell’Europa orientale e quelli dell’Europa occidentale, la ‘cortina di ferro’: “quei confini, spesso pieni di filo spinato e muri, mi hanno fatto pensare al ruolo del muro che il mare ha giocato per i cubani” afferma l’artista. Realizzati su grandi dimensioni con ami da pesca e olio su tela i paesaggi marini di Yoan Capote sono concepiti come un’installazione progressiva: sequenza continua di uno stesso orizzonte dove ciascun quadro è un frammento che cattura un diverso momento di luce o oscurità. “Volevo usare migliaia di ami per creare una superficie che diventasse tangibile man mano che gli spettatori si avvicinavano, volevo ricreare l’esperienza tattile di stare di fronte a una recinzione metallica. L’amo da pesca è uno strumento antico che ha mantenuto il suo design nel corso dei secoli; è sia un simbolo di seduzione che di intrappolamento. Il processo di realizzazione di queste opere è molto interessante perché la pittura e il movimento delle pennellate incarna per me il senso di libertà individuale dell’artista, che è completamente troncato dalle aree con gli ami da pesca (…) che limitano le aree di colore come i conflitti politici limitano la libertà soggettiva”, conclude Capote.
Yoan Capote nasce a Pinar del Rio (Cuba) nel 1977, vive e lavora a L’Avana. Dopo aver studiato alla Scuola d’Arte Provinciale di Pinar del Río e alla Scuola d’Arte Nazionale (ENA), nel 1991 si trasferisce a L’Avana dove completa la sua formazione presso all’Istituto Superiore d’Arte (ISA). Durante la VII Biennale dell’Avana (2000), insieme al DUPP collettivo di artisti, riceve il premio UNESCO. Prende parte nuovamente alla Biennale dell’Avana nel 2003, 2009, 2012 e nel 2019. Nel 2002 vince la borsa di studio del Vermont Studio Center e nel 2006 quella della Fondazione Guggenheim e della Fondazione Pollock-Krasner. Tra le mostre più recenti: “Landlords Colors”, Cranbrook Art Museum, USA (2019); “Cuba Libre”, Ludwig Museum Koblenz, Koblenz, Germania (2016); “On the Horizon: Contemporary, Cuban Art from Jorge M. Pérez Collection”, Pérez Art Museum Miami, USA (2017); “Art x Cuba – Contemporary Perspectives since 1989”, Lugwig Forum für Internationale Kunst, Aachen, Germania (2017); “Adiós Utopia: Dreams and Deceptions in Cuban Art, 1950-2015”, Museum of Fine Arts, Houston, USA; Hirshhorn Museum, Washington D.C., USA; the Walker Art Center, Minneapolis, USA; the Pérez Art Museum, Miami, USA (2017); “Imagined Borders”, Gwangju Biennale, Gwangju, Corea del Sud (2018). Si presenta al pubblico italiano per la prima volta nel 2011, all’interno del Padiglione Cubano, in occasione della 54° Biennale di Venezia. Tra le collezioni che ospitano la sua opera: The Alfond Collection of Contemporary Art, Winter Park, USA; Beelden aan Zee Museum, The Hague, Olanda; Peabody Essex Museum, Massachusetts, USA; North Carolina Museum of Art, Raleigh, USA; Museum of Fine Arts, Montreal, Canada; Pizzuti Collection, Columbus, USA; Daros Latinamerica AG, Zurigo, Svizzera; Museum of Fine Arts, Boston, USA; Museum of Fine Arts, Houston, TX, USA; Pérez Art Museum Miami, USA.