La conferenza stampa al Museo Archeologico di san Gimignano per l’ inaugurazione, il 30 novembre 2019, della mostra Hinthial, si è svolta entro gli ambienti della mostra stessa, con grande efficacia. Ha parlato uno dei curatori, Enrico Maria Giuffrè, entusiasta del ritrovamento di una splendida statua etrusca e di tanti elementi che hanno permesso a lui e a Jacopo Tabolli, l’altro curatore, di tessere una storia del luogo di ritrovamento, ambientandolo nel territorio circostante. La visione di questa mostra da un significato nuovo e più profondo alla città dalle belle torri.
Il titolo della mostra non si limita alla parola etrusca hinthial dal doppio significato di “anima” e “sacro”, ma si prolunga, e vedremo perché, in L’Ombra di San Gimignano. L’Offerente e i reperti rituali etruschi e romani. Presenta per la prima volta al pubblico un’eccezionale scoperta avvenuta sulle alture della Torraccia di Chiusi, nel territorio di San Gimignano, a pochi passi dal corso del torrente Fosci. La scoperta archeologica è avvenuta per caso, nel 2010, durante lavori di ristrutturazione di un edificio privato. Uno scavo per far passare delle tubazioni è stato interrotto alla vista di una striscia di colore verde brillante sul fondo dello scasso. Era una statua in bronzo, deposta in posizione prona. Una statua di piccole dimensioni, col corpo allungatissimo, simbolo di lunga vita, e di fattura accuratissima. In buone condizioni, grazie ad una fortunata sepoltura in sabbie fini. Rappresenta una figura maschile che indossa una toga, che gli arriva al polpaccio e lascia scoperta una spalla, il braccio destro e gran parte del torace; ai piedi calzari con allacciatura alta. La mano destra sorregge una patera ombelicata, mentre la sinistra, aderente al corpo, fuoriesce dal manto con il palmo rivolto all’esterno. Le gambe sono leggermente divaricate a suggerire un lieve movimento verso sinistra. I tratti del volto sono ben marcati. Grandi occhi, naso prominente, bocca carnosa e mento con la tipica fossetta centrale. I capelli sono a ciocche disposte a raggera alla sommità del capo, e incorniciano il volto dell’Offerente, coprendone le orecchie e in parte la fronte Ogni particolare è curato nei dettagli. Si vedono perfino le unghie nella mano destra. Sappiamo dalla tac eseguita dagli studiosi che lo scultore, artista sopraffino, è riuscito a mettere un’asta metallica all’interno della statua, per sorreggerla dato l’esiguo spessore del lungo busto, ed e riuscito a conservarne la posizione quando la cera interna è stata fatta fuoriuscire. Ha poi usato nella lega una quantità di piombo superiore al normale, per aumentare la fluidità del materiale e riuscire così ad incidere mirabolanti dettagli.
E’ posizionata nella sala finale della mostra, per spiegarne la funzione votiva con le cerimonie ricostruite nelle due sale precedenti. La statua era il culmine di un percorso in San Gimignano, sacro in età etrusca e poi anche romana. Gli scavi eseguiti dalla sovrintendenza hanno rivelato che accanto ad essa c’era una sorta di altare votivo, una grande pietra con tracce di fuoco. E poi sono venute in superficie piccoli balsamari in ceramica. Rinvenuti anche pezzi di metallo e cocci , a dimostrare offerte votive di varia epoca. Le cerimonie che si svolgevano col fuoco sull’altare intendevano ridare alla terra ciò che alla terra si era sottratto. E la statua era forse posizionata in vista dell’altare, su un piedistallo che non è arrivato a noi. Riviviamo, grazie all’ambientazione del reperto, le speranze, le preghiere e le offerte avvenute per più di cinque secoli in questo luogo sacro che sorgeva in un’area di confine dei territori dell’antica Volterra in età ellenistica. Richiama, visivamente, la celebre Ombra della Sera di Volterra. L’opera, alta più di 64 cm è, al momento, la più elegante e raffinata nel nucleo dei bronzi allungati finora ritrovati. Si tratta di un’opera “colta” che presuppone i modelli della grande plastica del primo ellenismo con la reinterpretazione dell’ex-voto a fettuccia allungata di derivazione centro-italica, ancorato a forme della tradizione religiosa locale. Proprio nell’antica Velathri/Volterra, nella prima metà del III secolo a.C. dobbiamo immaginare l’opera e l’ambito culturale di provenienza dell’artista. Si può presumere che il luogo di culto della Torraccia di Chiusi costituisse uno dei santuari posti lungo una delle vie di accesso al territorio dell’antica città di Velathri . La “chiusa” nascosta nel toponimo allude al percorso stradale pre-romano, imperiale e altomedievale che sarà poi la via Francigena, che passa proprio per questa area sacra. Le “fauci” celate nel nome del torrente Fosci, sono l’ingresso al territorio di Velathri/Volterra. S. Gimignano, con un etimo che richiama i gemelli, è stata per secoli l’occhio di Volterra, dalla parte in cui questa città non riusciva a controllare il territorio. Da lì deriva il forte legame fra le due.
La mostra è corredata di un catalogo, edito da Sillabe - Livorno, a firma di un Comitato Scientifico internazionale e multidisciplinare, necessario non solo per la descrizione della statua e lo studio della lega, ma anche per ricostruire le pratiche religiose che venivano celebrate in quell’area. Vi si trovano anche contributi di altri autori esperti del territorio di San Gimignano, foto e disegni di dettaglio dell’ Offerente oltre al contesto stratigrafico di rinvenimento e all’inquadramento del paesaggio archeologico.