La pratica artistica di Vajiko Chachkhiani si caratterizza come una drammaturgia spirituale, mediante un'esplorazione di aspetti decisivi della vita umana, quali la morte, il rapporto irrisolto tra il passato e il presente e la cognizione individuale del dolore. Attraverso le sue sculture e installazioni, l'artista affronta condizioni psicologiche come la solitudine e la violenza, tracciando con esse un confronto serrato con la religione, la politica e la mitologia. Frequentemente basate su azioni trasformative, molte delle sue sculture hanno una natura ibrida, dove l'immagine iniziale diventa una chiave per accedere a una dimensione più profonda e oscura, non lontana dal territorio della psicanalisi.All'origine del lavoro dell'artista vi è il suo Paese natale, la Georgia, la cui cultura tradizionale è interpretata daChachkhianicome una potente immagine simbolica della condizione umana. Ecco perchè oggetti presi dalla cultura agricola e artigianale della Georgia compaiono ricorsivamente nelle sue opere, non come ready-made ma piuttosto metafore capaci di parlare di eventi storici, della memoria collettiva e della temporalità dell'esistenza. InChachkhianile riflessioni filosofiche sulla libertà e sull'esperienza umana sono sottilmente evocate e interpretate mediante l'elaborazione di materiali di scarto e privi di valore d'uso, come rami di albero bruciati, ossa di animali, porte di capanne abbandonate e altri ancora. In molteplici opere - scultoree, temporali e performative - l'artista manda in collasso la relazione tra la dimensione dell'intimità e quella pubblica indagando la dimensione della vulnerabilità, caratterizzata da isolamento e fragilità psicologica, e rappresentata da strutture come carceri e sanatori.
L'opera installativa in mostra, Secret that mountain kept (ghosts), prende avvio da un traumatico evento di cronaca occorso nel 2015 a Tbilisi, la capitale della Georgia e la città di nascita di Chachkhiani, quando il fiume Were ruppe gli argini e inondò le strade. La violenza dell'inondazione costò la vita a diciannove vittime e oltre trecento animali dalla zoo locale. Molti animali del parco zoologico, liberati da gabbie e recinzioni dall'impatto distruttivo dell'acqua e sopravvissuti al disastro, si trovarano a vagare per le strade della città. Una tigre aggredì un uomo allungando l'elenco delle vittime di quei giorni, trasformando un disastro naturale in un paradossale conflitto tra il regno naturale, quello animale e quello umano. Chachkhiani allude nell'opera a questo evento, ricostruendone alcune tracce in termini simbolici e mitologici. In mostra compaiono una serie di zucche vuote ed essiccate, usate tradizionalmente in Georgia per mescere in tavola il vino conservato in giare di ceramica. Ogni zucca acquisisce nell'elaborazione dell'artista delle individuali caratteristiche zoomorfe, mediante delle inserzioni in ciascuna di esse di differenti zanne e artigli di animali. Il richiamo all'elemento del vino e al suo duplice valore, culturale e cultuale, simbolo del lavoro umano ma anche dell'aspirazione alla trascendenza divina nella tradizione cristiana, appare qui una rappresentazione traumatica di un mistero irrisolto. L'umano e l'animale e i loro diversi valori sono posti a confronto in una rappresentazione che mette a nudo i dati minimi di entrambi. Il mondo animale è per Chachkhiani un abisso, un'alterità che si trova al di là del linguaggio e parla dell'origine dell'uomo e della sua solitudine come specie.
Nell'opera di Chachkhiani si trova un'eco delle antiche teorie della corrispondenza che dall'antichità greca sono giunte sino alla modernità europea attraverso la tradizione ermetica. La dottrina delle signatura rerum, è una forma originaria del pensiero e dell’attività umana nel tentativo di dare al mondo un senso attraverso la scoperta di un sistema di corrispondenze. Il pensare in corrispondenze premette la convinzione che ogni esteriorità abbia un’interiorità, ed è orientata allo svelamento di quest'ultima. La comprensione delle cose non consente solo di prenderne possesso, ma anche di conoscerne la natura interiore intima. Una quantità di esperienze elementari ripetute per generazioni nella storia dell’uomo, quali la frantumazione della scorza di un frutto per giungere alla polpa, o l’apertura della conchiglia di un'ostrica per coglierne la perla racchiusa nell’interno avrebbero stimolato la ricerca costante dell’interno delle cose.
Tale esperienza avrebbe trovato applicazione nelle prime ricerche mediche, nella pratica dell’alchimia e dell’astronomia, per innalzarsi poi ad una dimensione spirituale. La scoperta delle corrispondenze aveva la tendenza di spiegare tutta la sfera della vita e tutta l’esperienza dell’esistenza, diventando una sorta di intuizione universale. Il pensare in corrispondenze tende infatti a muoversi sempre dall’alto verso il basso, individuando il terreno come specchio del celeste e gli eventi terreni come riproduzione o compimento di un evento di natura mitico-divina. Se Chachkhiani allude nell'opera al pensiero mitico in forma di corrispondenze e ai prodigi di Orfeo che incantava animali feroci con la forza ammaliante della sua lira, è perchè Secret that mountain kept vuole salvaguardare la positività del valore di radicale diversità del regno animale, il suo essere un elemento di alterità che interroga l'uomo sul suo ruolo nel mondo. L'artista sottolinea così in quest'opera l'insostituibilità di ogni elemento naturale, animale e umano, avanzando una riflessione sul tragico insito in ogni gesto che rompa l'armonia dell'esistente. E' da interpretarsi in tal senso anche il secondo elemento dell'installazione, una carta da parati che reca le tracce di immagini scomparse, forse dei quadri rimossi, anch'essa traccia di un'ordine infranto, un tempo di compiutezza ormai estintosi e destinato a non poter più essere ricomposto.