Tra i principali protagonisti dell’arte contemporanea internazionale Nari Ward torna ad esporre a Galleria Continua con la personale dal titolo Down Doors.
Le sculture in mostra restituiscono una concezione quasi animistica dello scarto e del consumato: nate dall’assemblaggio di diversi elementi narrativi, intessono trame inedite; raccontano situazioni, emozioni, eventi e pensieri trascendendo il mondo della pura rappresentazione e infondendo alla materia nuova spiritualità. “La porta è un oggetto che, quando è in uso, suggerisce uno spazio di transizione da un luogo a un altro”, spiega l’artista. “I lavori di “Down Doors” devono essere visti come portali sconfinati e anche come ripostigli. Porte fornite di tasche riempite di piume, quelle solitamente utilizzate per imbottire i cappotti invernali e ottenere l’isolamento del corpo. La correlazione tra corpo, calore, protezione e volo si unisce alla narrazione di un indistinto attaccamento ad un luogo suggerito dalla presenza dei paracaduti. Queste porte ora appartengono ad uno spazio di anticipazione o speranza: il loro potere risiede tanto nella loro vulnerabilità quanto nel senso di indipendenza”.
Il lavoro di Nari Ward si inscrive nella grande tradizione della cultura afroamericana di cui è una delle voci più eloquenti. All’età di dodici anni lascia la Giamaica e si trasferisce negli Stati Uniti, prima a Brooklyn, quindi nel New Jersey fino a stabilirsi ad Harlem. Il suo lavoro si sviluppa a partire dai primi anni Novanta con la realizzazione di grandi installazioni e sculture in cui utilizza materiali di uso quotidiano, scarti e residui di oggetti di consumo che ricontestualizza in giustapposizioni stimolanti dai significati complessi, metaforici e volutamente aperti a un’interpretazione libera e personale. Allo spettatore si chiede di andar oltre una prima lettura superficiale: i lacci multicolori delle scarpe bloccati in piccoli fori nella parete per formare il profilo di un’immagine (una scala, un cestino, una stella, un fiore o una frase) sottendono un significato più ampio, come nell’opera “We the People”. Tre parole preambolo alla Costituzione degli Stati Uniti e adesso anche titolo di un’ampia mostra retrospettiva con la quale il New Museum celebra l’artista, a New York, dal 13 febbraio al 26 maggio 2019.
Le opere di Nari Ward partono dai materiali quali testimonianze della vita economica, sociale, rituale di intere comunità. L’artista mette in atto un totale affrancamento dell’oggetto dalla schiavitù della funzionalità: nella raccolta di beni di uso comune, spesso già etichettati come spazzatura, rievoca presenze e storie legate a paure o sentimenti atavici come la vita, la morte, la gioia, il dolore, scavando all’origine delle ragioni stesse dell’esistenza. Il lessico del suo linguaggio muove dall’uomo arrivando a toccare le parti intrinseche del vissuto.
Nel suo lavoro più recente Ward affronta tematiche legate alle complesse realtà politiche e sociali del nostro tempo, osserva i profondi cambiamenti che la gentrificazione ha portato a Harlem e lo stato sempre più frammentato della democrazia negli Stati Uniti e nel mondo. Razzismo, emarginazione, potere, migrazione, identità nazionale, diritto alla cittadinanza, divario tra ricchi e poveri, senso di comunità e di appartenenza, sono alcuni degli argomenti su cui insiste la sua pratica artistica.
Nari Ward nasce a St. Andrew in Giamaica nel 1963, vive e lavora a New York. Sue mostre personali sono state organizzate presso Institute of Contemporary Art, Boston (2017); Socrates Sculpture Park, New York (2017); The Barnes Foundation, Philadelphia (2016); Savannah College of Art and Design Museum of Art, Savannah, GA (2015); Pérez Art Museum, Miami (2015); Louisiana State University Museum of Art, Baton Rouge, LA (2014); Massachusetts Museum of Contemporary Art, North Adams, MA (2011); The Fabric Workshop and Museum, Philadelphia (2011); Isabella Stewart Gardner Museum, Boston (2002); Walker Art Center, Minneapolis, MN (2001, 2000). Tra le principali mostre collettive: Objects Like Us, The Aldrich Contemporary Art Museum, Ridgefield, CT (2018); UPTOWN: nastywomen / badhombres, El Museo del Barrio, New York (2017); La Grande Madre, Fondazione Nicola Trussardi, Palazzo Reale, Milano (2015); Black: Color, Material, Concept, The Studio Museum, Harlem, New York (2015); The Freedom Principle: Experiments in Art and Music, 1965 to now, Museum of Contemporary Art, Chicago (2015); NYC 1993: Experimental Jet Set, Trash and No Star, New Museum, New York (2013); Contemplating the Void: Interventions in the Guggenheim Rotunda, Solomon R. Guggenheim Museum, New York (2010); Whitney Biennial, New York (2006); Landings, Documenta XI, Kassel, Germania (2003). Il lavoro di Ward è presente in numerose collezioni pubbliche e private internazionali, tra cui Brooklyn Museum, New York; Baltimore Museum of Art, MD; Istanbul Modern, Istanbul; Museum of Modern Art, New York; Speed Art Museum, Louisville, KY; Nasher Museum of Art, Duke University, Durham, NC; Walker Art Center, Minneapolis, MN; Pérez Art Museum, Miami; The Studio Museum, Harlem, New York e il Whitney Museum of American Art, New York. Ha ricevuto commissioni dalle Nazioni Unite e da World Health Organization; numerosi inoltre gli onori e i riconoscimenti come The Joyce Award, The Joyce Foundation, Chicago (2015), e The Rome Prize, American Academy of Rome (2012), e i premi da American Academy of Arts and Letters, National Endowment for the Arts, New York Foundation for the Arts, John Simon Guggenheim Foundation, e Pollock-Krasner Foundation.