Galleria Continua ha il piacere di ospitare “The First Encounter” la nuova mostra personale di Hiroshi Sugimoto, tra i più autorevoli e acclamati artisti contemporanei.
Dagli anni Settanta a oggi l’artista ha prodotto un corpus di fotografie fortemente riconoscibili, icone silenziose, vocate all’essenzialità e strappate allo scorrere del tempo, che colpiscono lo sguardo come archetipi di una civiltà ancora pervasa da un senso di eternità. Il “viaggio italiano“ che Sugimoto presenta negli spazi di San Gimignano muove dagli interni di alcuni cinema storici - tra questi Firenze, Siena, Mantova e Ferrara - luoghi della memoria per eccellenza, dove l’esperienza collettiva si moltiplica ed esplode nei ricordi individuali, fino a ripercorrere parte delle tappe italiane di un celebre viaggio, quello dei “quattro ragazzi” noto anche come l’Ambasciata Tenshō (Tenshō ken’Ō shōnen shisetsu, letteralmente “missione in Europa dei ragazzi dell’era Tenshō”). Nel 1978 Sugimoto inizia la serie dei teatri, immagini - con tempi di esposizione lunghissimi - di drive in, sale degli anni ’20 e ’30, e cinema degli anni ’50 rappresentati durante le proiezioni. Il tempo di esposizione utilizzato per la fotografia corrisponde al tempo di proiezione del film, ciò gli consente di salvare la durata dell’intero film in un solo scatto. Il buio delle sale è progressivamente illuminato dal riflesso della proiezione; l’artista esprime il tempo lungo della proiezione tramite la ricchezza della transizione tonale dalla luce al buio, riuscendo a rendere il senso della durata attraverso la modulazione dei grigi. Nel 2013, dopo un’interruzione di quasi quindici anni, Sugimoto riprende a lavorare sui teatri includendo per la prima volta nei suoi scatti, oltre allo schermo illuminato, anche la platea e la galleria del teatro, estendendo la visuale allo spazio del pubblico. Nel solco di questa più recente ricerca s’includono le opere esposte in galleria.
Nell’estate del 2015 Hiroshi Sugimoto è in Italia per portare avanti il suo progetto sui teatri; visitando il Teatro Olimpico di Vicenza s’imbatte per la prima volta nei “quattro ragazzi” dell’Ambasciata Tenshō. Sono ritratti in uno degli affreschi che decorano la struttura. L’Ambasciata Tenshō è la prima missione diplomatica giapponese inviata in Europa, partita alla volta del vecchio continente per volere del missionario gesuita Alessandro Valignano e composta da quattro giovanissimi nobili giapponesi convertiti al cristianesimo. L’intento di Valignano è che la missione possa accrescere la considerazione del Giappone all’interno delle alte sfere clericali del vecchio continente, oltre a sfatare alcuni stereotipi sul paese nipponico. Il viaggio inizia il 20 febbraio 1582, quando il gruppo si allontana su una nave lusitana dal porto di Nagasaki, e si conclude il 21 luglio del 1590 con l’approdo, sempre a bordo di una imbarcazione portoghese, nella medesima città. I “quattroragazzi” visitano il Portogallo, la Spagna e l’Italia, incontrano Filippo II di Spagna, Francesco I de’ Medici, i papi Gregorio XIII e Sisto V, oltre a numerosi politici, ecclesiastici e figure di spicco dell’epoca. Già a partire dalla fine della seconda metà del XIX secolo questa ambasceria attira l’attenzione di alcuni studiosi, tutt’oggi è uno degli eventi più rappresentativi dell’incontro e del dialogo tra la cultura europea e quella giapponese. Sugimoto decide di ripercorre le orme dei “quattro ragazzi” vedendo ciò che hanno visto e sperimentando lo stupore e la meraviglia della loro straordinaria avventura. “Ho sviluppato da subito un forte interesse per il viaggio dei “quattro ragazzi” in Italia”, racconta l’artista. “Ho iniziato ad indagare i loro spostamenti e ho scoperto che dopo essere sbarcati a Livorno, sono andati a Pisa e a Firenze, a Roma passando per Siena, poi ancora da Assisi a Venezia. Ho fotografato il Pantheon a Roma, la Torre Pendente a Pisa e il Duomo a Siena – tutti edifici che erano già lì quando i “quattro ragazzi” sono venuti in Italia (…). Stavo vedendo gli stessi edifici che avevano visto i “quattro ragazzi” quando mi raggiunsero voci da un tempo lontano: “vogliamo vedere attraverso i tuoi occhi gli stessi luoghi che una volta vedemmo in Europa”, dicevano. “Le voci potevano provenire dal regno dei morti piuttosto che da qualche angolo della mia mente, si mescolavano, risuonavano, si facevano udire solo da me come un’eco. Avendo seguito per così tanto tempo, per caso, le orme dei “quattro ragazzi”, presi consapevolmente la decisione di vistare e fotografare anche gli altri luoghi dove erano stati” (da “Hiroshi Sugimoto: Gates of Paradise”, Skira Rizzoli, 2017). Nasce così una nuova serie di opere fotografiche che la mostra di San Gimignano, in parte, raccoglie.
Hiroshi Sugimoto nasce a Tokyo nel 1948. Nel 1970 si laurea alla Saint Paul’s University di Tokyo e successivamente nel 1974, all’Art Center College of Design di Los Angeles. In quello stesso anno si trasferisce a New York, città dove tutt’oggi vive e lavora. Figura poliedrica, ha sviluppato la sua pratica artistica principalmente attraverso la fotografia, associata talvolta a oggetti scultorei, architetture e allestimenti espositivi sperimentali. Sugimoto ha esposto nei musei di tutto il mondo, le sue opere sono ospitate in prestigiose collezioni: Metropolitan Museum of Art, New York; Moderna Museet, Stoccolma; Centre Georges Pompidou, Parigi; Museum of Contemporary Art, Tokyo; Museum of Modern Art, New York; National Gallery, Londra; National Museum of Modern Art, Tokyo; Smithsonian Institution, Washington, D.C.; MACBA, Barcellona; Tate Gallery, Londra. Tra le maggiori personali ricordiamo quelle organizzate presso il Royal Museum of Fine Arts of Belgium a Brusselles (2018), la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino (2017), il Multimedia Art Museum di Mosca (2016), la Fondazione Fotografia di Modena (2015), il Palais de Tokyo di Parigi (2014), il Solomon R. Guggenheim Museum di New York (2013), l’Hara Museum of Contemporary Art di Tokyo (2012), la Scottish National Gallery of Modern Art di Edinburgo (2011), la Neue Nationalgalerie di Berlino (2008), il de Young Museum di San Francisco (2007), l’Hirshhorn Museum di Washington D.C. (2006), il Mori Art Museum di Tokyo (2005), la Fondation Cartier pour l’Art Contemporain di Parigi (2004), il Guggenheim Museum di Bilbao / Deutche Guggenheim di Berlino (2000), il Metropolitan Museum of Art di New York (1995). Nel 1988 ha ricevuto il Mainichi Art Prize, nel 2009 il Praemium Imperiale della Japanese Art Association; nel 2001 il suo lavoro è stato premiato con il prestigioso Hasselblad Foundation International Award, nel 2014 con l’Isamu Noguchi Award, nel 2017 con la Centenary Medal del The Royal Photographic Society, nel 2018 con il National Arts Club Medal of Honor in Photography. A partire dal 16 ottobre le Château de Versailles ospiterà un’ampia personale dell’artista che includerà fotografie, architetture, video installazioni e azioni performative.