Con la mostra “Suspension Points” Galleria Continua è lieta di ospitare a San Gimignano uno degli artisti di maggior rilievo del panorama artistico latino americano contemporaneo, Jorge Macchi. La personale che l’artista presenta negli spazi della galleria si compone di una serie di opere che intrecciano rifermenti alla letteratura, alla musica, ai film e alla storia dell’arte con l’accidentale, l’onirico, l’umorismo e la tragedia: sculture di piccole e grandi dimensioni, dipinti a olio su tela, acquarelli, installazioni e due opere frutto di una nuova collaborazione tra Macchi e il musicista e compositore argentino Edgardo Rudnitzky.
Jorge Macchi costruisce una poetica di sospensione, di ciò che persiste contro il tempo o fuori dalla cornice. “Suspension Points” prende il nome da un dittico in cui i punti che compongono un’immagine sembrano disperdersi verso i bordi della carta come particelle di polvere soffiate. Segni di punteggiatura all’interno del sistema di scrittura, i punti di sospensione sono ingannevoli. Non solo stabiliscono uno schema ritmico nel flusso di ciò che leggiamo ma coinvolgono anche una sottrazione. Suggeriscono una continuità di qualcosa che non c’è, qualcosa che dobbiamo inferire. Come ellissi fantasma implicite nella cadenza narrativa, spingono il lettore alcuni passi avanti nella finzione attivandone l’immaginazione: qualcosa di simile a ciò che Hemingway produce nella sua “teoria dell’iceberg”, dove al lettore è chiesto di sopperire alle omissioni lasciate nel testo con le proprie sensazioni. Queste assenze, deviazioni e modulazioni sono parte della sostanza con la quale Jorge Macchi realizza le sue opere, spiega la curatrice della mostra Laura Hakel.
La ricerca di Jorge Macchi è una continua sollecitazione alla riconsiderazione della relazione tra le cose del mondo e il nostro sistema percettivo e intellettivo. Se i nostri sensi ci permettono di configurare un’esperienza sensibile e di elaborarla in forma di esperienza e conoscenza, Macchi lavora per smontare quel meccanismo di relazione, mettere in crisi la linearità del processo, allertare i nostri meccanismi percettivi e tutto il sistema esperienziale e culturale frutto, anche, di automatismi e meccanicità. Per accrescere la tensione tra la nostra comprensione logica del mondo e l’esperienza emotiva e sensoriale che abbiamo di esso, l’artista utilizza un’ampia gamma di media.
La cifra pittorica di Jorge Macchi – parsimoniosa e a tratti anti-iconica – ci consegna una visione del mondo fatta di frammenti e ritagli. Gli elementi che compongono i dipinti e gli acquarelli si riferiscono a una modalità visiva storicamente ereditata dalla storia della pittura. Tuttavia è impossibile trovare continuità nel contenuto tecnico e iconografico, tant’è che il loro significato è in qualche modo celato. Macchi traccia un percorso fatto di deviazioni e negazioni e l’interlocutore è chiamato a giocare un ruolo attivo perché la comprensione dell’opera possa avvenire solo attraverso il tempo, la riflessione e la contemplazione dell’immagine.
Con le sue opere Jorge Macchi ricrea le condizioni di una realtà parallela che, in bilico tra realtà e finzione, disturba le nostre certezze e si insinua nelle pieghe della nostra coscienza. Non fa eccezione l’installazione che presenta in platea: “La noche de los museos”. Un’opera realizzata nel 2016 in occasione della prima importante retrospettiva che l’Argentina dedica all’artista. Al centro della platea un grande tappeto su cui giacciono, come caduti dal soffitto, alcuni faretti. Per quanto distrutti illuminano parte della trama mentre il resto della superfice sembra svanire nel nulla. L’opera porta lo spettatore a riflettere sul significato di una delle questioni centrali del lavoro di Macchi, il potere materializzante della luce. Inoltre, come sottolinea la curatrice, questa installazione crea una contraddizione tra il passato e il presente di un’azione, l’ambigua evanescenza di un’immagine e la presenza del visitatore. Senza nascondere il suo artificio, “La noche de los museos” crea una tensione tra ciò che ci aspettiamo e ciò che in realtà non avviene. Frutto di un sofisticato sistema di tessitura digitale, sul tappeto si combinano una ventina di colori: “mi sono sempre piaciute quelle trame che sembrano cubi sovrapposti” - spiega l’artista – “è ovviamente una trama visiva, ma allo stesso tempo crea un’illusione spaziale. La scelta del rosso e del nero mi ha permesso di lavorare con due diverse gradazioni di colore (…) il nero impone una gradazione più brusca della gradazione del rosso per ottenere il colore naturale della lana (…) abbiamo dovuto fare molti test per eliminare i salti nella gradazione dei colori (…). Questo progetto mi stimola a continuare a lavorare su questo supporto per rendere il motivo più complesso e includere ancora più colori”.
Il lavoro di Jorge Macchi resiste a qualsiasi esegesi. Piuttosto che in progressione lineare, le sue opere si presentano come reti semantiche dense e intricate, elegie all’assenza di una visione unica del mondo. Jorge Macchi nasce a Buenos Aires nel 1963, città dove vive e lavora. È uno degli artisti argentini più in vista tra quelli venuti alla ribalta nel corso degli anni ’90. Nel 2001 riceve il premio John Simon Guggenheim Memorial Foundation Fellowship.
Tra le mostre personali ricordiamo: Perspectiva, CA2M, Centro de Arte 2 de Mayo, Madrid, curata da Agustín Pérez Rubio, Spagna (2017); Perspectiva, curata da Agustín Perez Rubio, MALBA (Museo de Arte Latinoamericano de Buenos Aires), MNBA (Museo Nacional de Bellas Artes) e Universidad Torcuato Di Tella, Buenos Aires, Argentina (2016); Lampo, curata da María Iovino, NC ARTE, Bogotà, Colombia (2015); Prestidigitador, curata da Cuauhtémoc Medina, Contemporary Art University Museum (MUAC), Messico (2014); Container, Kunstmuseum di Lucerna, Svizzera (2013); Music Stands Still, SMAK di Gent, Belgio (2011); Centro de Arte Contemporanea Galego (CGAC), Santiago de Compostela, Spagna (2008) e The Anathomy of Melancholy, Blanton Museum, Austin, USA (2007); Light Music, University of Essex Gallery, U.K. (2006); Jorge Macchi, Le 10Neuf, Centre Régional d’Art Contemporain, Monbéliard, Francia (2001); The Wandering Golfer, Museum of Contemporary Art Antwerp (MUHKA), Belgio (1998). L’artista ha partecipato a mostre collettive presso Memorial de América Latina, San Paolo (2017), The Metropolitan Museum of Art, New York (2016), Maison Rouge, Parigi (2015), Fondation Beyeler, Basilea (2014), Fondation Cartier for Contemporary Art, Parigi (2013), National Gallery of Art di Washington (2012), così come a diverse esposizioni internazionali: Kathmandu (2017), Liverpool e Sydney (2012), Lione (2011), Auckland (2010), Yokohama (2008), Porto Alegre (2007), San Paolo (2004), Istanbul (2003), Avana (2000). Nel 2005 ha rappresentato l’Argentina alla 51. Biennale di Venezia. L’opera dell’artista è inclusa in importanti collezioni, tra queste ricordiamo Tate Modern di Londra, MoMA di New York, MUSAC, Museo d’Arte Contemporanea di Leon, CGAC, Centro Galego de Arte Contemporáneo di Santiago de Compostela, Fundación Arco in Spagna, MUHKA di Anversa, SMAK di Gent in Belgio, Fundación Banco de la Nación Argentina di Buenos Aires, MACRO, Museo d’Arte Contemporanea di Rosario in Argentina.