Galleria Continua ha il piacere di presentare nuovamente nei suoi spazi una degli artisti indiani più conosciute internazionalmente, Shilpa Gupta.
Da oltre un ventennio Shilpa Gupta si occupa della dimensione partecipativa, interattiva e pubblica dell’arte, mappando costantemente la definizione dei confini del potere sociale e psicologico nella vita pubblica e nella memoria. Le sue opere interagiscono con il continuo potere degli apparati dello Stato repressivo, le seduzioni dell’omogeneità sociale e le idee ingannevoli del consenso pubblico abilitate dai mediorami emergenti, mettendo così in luce le aporie e le incommensurabilità nell’emergente sfera pubblica nazionale in Asia meridionale, come altrove. Artefice di una grammatica visiva d’impronta concettuale, Shilpa Gupta intreccia l’intensità della scrittura a opere complesse, che includono sculture, oggetti, performance, fotografie, disegni, video interattivi.
Una certa intersoggettività che si esprime attraverso una concettuale e formalmente rispettata circolarità - un’inchiesta dialettica consistente in un simultaneo avvolgimento fisico e uno svolgimento concettuale di passaggi, persone, luoghi o pensieri - è al centro di entrambe le opere che l’artista presenta a San Gimignano. Queste esplorano la percezione umana; lo sguardo è il sottotesto: il modo in cui guardiamo gli altri, come vediamo noi stessi e come definiamo la nostra identità individuale e collettiva.
Per questa mostra, l’artista rivisita la sua serie fotografica, “Do not See Do not Hear Do not Speak” (2006), per creare una scultura in cui tre figure identiche si stringono in cerchio, nascondendosi reciprocamente gli occhi, le orecchie o la bocca. Basato su un proverbio giapponese reso popolare da Mahatma Gandhi, il lavoro si colloca nel contesto del mutevole panorama politico contemporaneo e della recente ondata di separatismo - una forza presente nel paese d’origine dell’artista, dove le organizzazioni sono spesso soppresse per le loro opinioni. Un’opera che offre una potente riflessione sulla libertà di espressione: “Spesso, come sta accadendo in questo momento, le voci della verità causano disagio e vengono stroncate, tuttavia l’eco rimane e continua ad essere ascoltata”, chiosa l’artista.
Il secondo lavoro che Shilpa Gupta presenta in questa mostra, “Thought Inside a Thought” (2017), gioca con l’idea dell’intersoggettività e il fatto che tutti i nostri pensieri provengono da dentro di noi e non sono ancora completamente nostri. Anche se i nostri pensieri sono plasmati da certi tempi e luoghi e da un subconscio sconosciuto, non si affidano mai completamente al momento. Come afferma l’artista, “sono costantemente attratta dalla percezione, e quindi dalle definizioni, e dal modo in cui queste vengono forzate o addirittura trasgredite”.
Shilpa Gupta (1976) vive e lavora a Mumbai, in India, dove dal 1992 al 1997 ha studiato scultura al Sir J.J. School of Fine Arts. Ha tenuto mostre personali al Contemporary Art Center di Cincinnati, Arnolfini a Bristol, OK Centrum a Linz, Museum voor Moderne Kunst, Arnhem, Lalit Kala Akademie. Nel 2015 ha presentato “My East is Your West” presso la Fondazione Gujral di Venezia nel contesto della 56. Biennale di Venezia. Gupta ha partecipato all’ottava edizione della Biennale di Berlino, alla 13° Biennale di Sharjah, alla Triennale Younger Than Jesus al New Museum, New York; alla Biennale di Lione ‘09 a cura di Hou Hanru; alla Biennale di Gwangju ‘08 diretta da Okwui Enwezor e curata da Ranjit Hoskote e a quella del 2018 curata da Gridthiya Gaweewong; alla Triennale di Yokohama ‘08 a cura di Hans Ulrich Obrist; alla Biennale di Liverpool del 2006 a cura di Gerardo Mosquera e alle Biennali di Auckland, Seoul, L’Avana, Sydney, Echigo-Tsumari e Shanghai e, nel 2018, alla 8° Triennale Asia Pacific of Contemporary Art (Apt8) QAG & GOMA a Brisbane.
Il lavoro di Gupta è stato esposto in importanti istituzioni e musei internazionali come Tate Modern, Serpentine Gallery, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Daimler Chrysler Contemporary, Museo Mori, Solomon R. Guggenheim Museum, New Museum, Chicago Cultural Center, Louisiana Museum e Devi Art Fondazione a Gurgaon, tra gli altri. La sua mostra personale ‘Drawing in the Dark’ ha viaggiato in tre istituzioni europee nel 2017, Kiosk a Gand (Belgio), Bielefelder Kunstverein a Bielefeld (Germania), Synagogue de Delme Contemporary Art Center, a Delme (Francia). Nello stesso anno ha realizzato un progetto site specific in una chiesa a Kassel e ha partecipato alla NGV Triennale a Melbourne e alla Biennale di Gotemberg che ha preso il nome dalla sua opera luminosa “WheredoIendandyoubegin”.
Nel 2018 ha esposto “We change each other”, un’installazione luminosa all’aperto nel suo quartiere su Carter Road, ha presentato il suo lavoro al Yarat Contemporary Art Center a Baku con la personale “For, in your tongue I cannot fit” a cura di Björn Geldhof, ha preso parte all’Edinburgh Art Festival. Il suo lavoro è stato acquisito da importanti collezioni pubbliche e private, tra queste Asia Society, Solomon R. Guggenheim Museum, Daimler Chrysler, Mori Museum, Louisiana Museum of Modern Art, Kramlich Collection, Caixa Foundation, Fonds National d’Art Contemporain - France, Astrup Fearnley Museum, Deutsche Bank, Jerusalem Museum, Devi Foundation.