Con la mostra Daniel Buren & Anish Kapoor Galleria Continua rende omaggio a due delle figure più significative del panorama artistico internazionale, artisti che con le loro opere hanno profondamente segnato l’arte tra il XX e il XXI secolo. La mostra vede per la prima volta Daniel Buren e Anish Kapoor impegnati nella realizzazione di un’opera a quattro mani. Il percorso espositivo, costruito attraverso un dialogo tra le opere dei due autori, ci accompagna fino nella platea del cinema-teatro dove è allestita l’opera site specific appositamente realizzata dai due artisti per questa mostra.
L’esposizione si apre con una serie di dipinti di Daniel Buren datati 1964 e 1965, quadri che mescolano forme arrotondate e rigature di grandezza e colori diversi. L’artista sviluppa sin dall’inizio degli anni ’60, una pittura radicale che gioca, di volta in volta, sull’economia dei mezzi messi in opera e sui rapporti tra lo sfondo (il supporto) e la forma (la pittura). Nella seconda metà del 1965 sceglie di sostituire le strisce dipinte con un outil visuel (strumento visivo), utilizzando un tessuto industriale a bande verticali alternate, bianche e colorate, larghe 8,7 cm. Successivamente Buren impoverisce ulteriormente questo registro visivo ripetendolo sistematicamente e impedendo ogni variazione formale, ad eccezione dell’uso del colore, variabile all’infinito, alternato al bianco immutabile. Inoltre questo strumento visivo viene integrato con infinite variabili, materiali, situazioni ecc. In questo modo ci invita a riflettere sulla pittura, sui suoi metodi di presentazione e, più in generale, sull’ambiente fisico e sociale in cui l’artista interviene.
Risalgono agli esordi dell’attività artistica di Anish Kapoor una serie di instabili oggetti scultorei cosparsi di pigmenti colorati; sono i primi esiti di una ricerca sulla materialità stessa dell’oggetto e sulla superficie che lo separa dal mondo, un campo d’interesse che diventerà fondamentale nel lavoro dell’artista. Si tratta di forme indefinite, a metà tra il mondo naturale e quello astratto, corpi in transizione che sembrano scaturire dalla materia spontaneamente. L’intensità del colore puro contribuisce all’illusione dell’oggetto, suggerendo l’idea di sconfinamento e portando queste forme nella sfera liminale del sublime. Nel 1975 Daniel Buren realizza la prima Cabane Eclatée che costituisce una vera svolta, accentuando l’interdipendenza tra l’opera e il luogo che la accoglie attraverso giochi sapienti di costruzione e decostruzione: l’opera diventa il suo stesso sito, oltre che il luogo del movimento e della deambulazione. La Cabane che Buren espone a San Gimignano intrattiene un dialogo con l’architettura esistente e con il lavoro in acrilico di Kapoor. Due opere dal carattere aperto che lasciano spazio a un gioco di materiali e di trasparenze.
Scendendo al piano inferiore della galleria le opere dei due artisti dialogano serratamente: le strisce colorate verdi e bianche di Buren avvolgono idealmente la scultura in alabastro bianco di Kapoor. Il percorso prosegue nel confronto fra la luce policroma e proteiforme dei tessuti a fibre ottiche di Daniel Buren e gli oggetti in acciaio specchiante di Anish Kapoor. Lo studio del vuoto è uno degli elementi centrali della poetica di Kapoor: reso tangibile da una cavità che si riempie o da una materia che si svuota, è metafora della creazione. Il vuoto come spazio della possibilità in cui oggetto e osservatore, nel loro incontro, possano espandere i limiti dello spazio disponibile, permangono come filo conduttore nel retro del palcoscenico dove le forme in acciaio specchiante di Kapoor e il gioco di specchi e colori di Buren disorientano lo spettatore collocandolo in uno spazio indefinito.
L’opera che occupa la platea chiude il cerchio di un dialogo ideale che Buren e Kapoor intrattengono in questa mostra. Un’installazione di grandi dimensioni, frutto di una progettazione congiunta, che riconfigura completamente lo spazio e crea inaspettate interferenze visive. Una sfida ad esplorare l’inaccessibile.
Daniel Buren ha esposto in alcuni dei più famosi centri di arte contemporanea del mondo. Nato a Boulogne-Billancourt (Parigi) nel 1938, preferisce ridurre la propria biografia affermando che “vive e lavora in situ”. Il suo lavoro è stato oggetto di importanti mostre al Stedelijk Museum, Amsterdam (1976); CAPC, Bordeaux (1991), Kröller-Müller Museum, Otterlo (1976); Van Abbemuseum, Eindhoven (1976); ARC – Musée d’art moderne de la ville de Paris (1983); Musée des arts décoratifs, Parigi (1987); Centre Pompidou, Parigi (2002); Solomon R. Guggenheim Museum, New York City (2005); Musée Picasso, Parigi (2008); Centre Pompidou-Metz (2013); Baltic Centre for Contemporary Art, Gateshead (2014); the Musée d’Art moderne et contemporain, Strasburgo (2014); Museo d’Arte Contemporanea Donnaregina, Napoli (2015); Festspielhaus and Kunsthalle, Recklinghausen (2015); Museo – Espacio, Aguascalientes (2016); Fondation Louis Vuitton, Parigi (2016); BOZAR Palais des Beaux-Arts, Bruxelles, Belgio (2016); Centre Pompidou Málaga (2017); MAMBO Museo de Arte Moderno de Bogotá (2017); Kunstsammlungen Chemnitz (2018). Buren ha partecipato a Documenta Kassel nel 1972 e nel 1982. Ha esposto alla Biennale di Venezia più di dieci volte, nel 1986 ha rappresentato la Francia al Padiglione nei Giardini della Biennale di Venezia vincendo il Leone d’Oro. Nello stesso anno ha prodotto la sua prima e più controversa commissione pubblica, Les Deaux Plateaux, per il cortile principale del Palais-Royal a Parigi. Nel 2007 è stato insignito del prestigioso Praemium Imperiale. Nel 2012 ha esposto al Gran Palais di Parigi in occasione della quinta edizione di Monumenta. Tra le sue più importanti opere pubbliche permanenti ricordiamo: Palais Royal, Parigi; Tokyo Odaiba, Giappone; Chapelle du Donjon, Vez, Francia; Bahnhof, Wolfsburg, Germania; Bundesministerium für Arbeit und Sozialordnung, Berlino; Parc de la Cigalière, Sérignan, Francia; sede sociale Telenor, Oslo; Piazza Arnolfo di Cambio, Colle di Val d’Elsa, Italia; Villa La Magia, Quarrata, Italia; MACRO Museo d’Arte Contemporanea, Roma, tra le più recenti infine, Otemachi Financial City Grand Cube, Tokyo; Piazza Verdi, La Spezia, Italia; Diamonds and Circles nella centralissima stazione di Tottenham Court Road di Londra e De la rotonda a la fuente. 5 colores para México inaugurata lo scorso marzo presso la piazza Artz Pedregal a Messico City.
Anish Kapoor nasce a Bombay nel 1954. Negli anni ‘70 si trasferisce a Londra, città dove oggi vive e lavora. La sua opera è stata esposta nei più importanti musei ed istituzioni del mondo. Ha realizzato mostre personali alla Parque de la Memoria, Buenos Aires (2017); MACRO Museo d’Arte Contemporanea, Roma (2016); MUAC Museo Universitario Arte Contemporáneo, Città del Messico (2016); Château de Versailles, Francia (2015); The Jewish Museum and Tolerance Center, Mosca (2015); Sakıp Sabancı Museum, Istanbul (2013); Martin-Gropius-Bau, Berlino (2013); Museum of Contemporary Art, Sydney (2012). Ha preso parte a numerose mostre collettive in contesti come la Serpentine Gallery di Londra, Documenta IX di Kassel, Moderna Museet di Stoccolma, il Centre Georges Pompidou e il Louvre di Parigi. Molte le collezioni pubbliche e private che accolgono le opere dell’artista, tra queste il MoMA di New York e lo Stedelijk Museum di Amsterdam. Tra le più note commissioni pubbliche realizzate da Kapoor in questi anni: Descension (Brooklyn Bridge Park, New York); Ark Nova (il primo palco gonfiabile per concerti, in tour per il Giappone); Orbit (una torre permanente commissionata come parte dei Giochi Olimpici per il Queen Elizabeth Park del 2012, Londra); Leviathan (Grand–Palais, Parigi); Temenos (il primo del progetto Tees Valley Giants), Middlesbrough, Regno Unito; Marsyas (Tate Modern Turbine Hall, Londra), Cloud Gate (Millennium Park, Chicago), Underground con Arte Continua, torre medioevale di Sant’Agostino, San Gimignano e Earth Cinema (Arte Pollino un altro sud con Arte Continua, Basilicata). Anish Kapoor ha ricevuto il Premio Duemila alla Biennale di Venezia del 1990, il Turner Prize nel 1991. Dal 2001 è membro onorario del Royal Institute of British Architecture e nel 2013 ha ricevuto il titolo onorario di cavaliere delle arti.