Al MATA – Ex Manifattura Tabacchi, spazio espositivo di Fondazione Fotografia Modena, protagonista è Madame Gerard: un’identità collettiva creata attraverso l’unione di lettere dei nomi e/o cognomi degli studenti del secondo anno del Master in un insieme che racchiude ogni singola individualità. Un “organismo multiplo che si propone come liberazione di un’identità indistinta, aperta, non indirizzata o normata”, come la definisce il critico e curatore Bernardo Follini nel testo scritto per il catalogo di mostra, sulla cui copertina campeggia un’immagine di “Madame” composta attraverso l’ibridazione grafica dei quindici ritratti degli artisti partecipanti.
Attraverso le opere in mostra, tutte realizzate appositamente per la mostra, si può tentare un riconoscimento delle singole entità che compongono “Madame”. La condivisione intesa come incontri di corpi è alla base di Daydream Nation di Carolina Martines, che si fa letteralmente bandiera del grande spirito di comunità e aggregazione connesso principalmente alla scena musicale underground. Chiara Francesca Rizzuti ha preferito l’individualità di un autoritratto, filtrato da un elemento della tradizione giapponese, restituito da Kitsune Love Hotel. Ancora il corpo femminile, ma esibito e ripetuto ossessivamente facendo riferimento al tema della bulimia, è al centro del collage-tovaglia Fame da Bue di Chiara De Maria. Anche Silvia Mazzella, con Siamo opere incomprese, riflette sulla figura della donna, avviando un rapporto di profondo confronto e immedesimazione con i propri soggetti e decontestualizzando i loro corpi con l’intervento di matita e pittura. Nel dittico Status Giorgio Musinu si sofferma invece su un solo corpo - colmo di dignità - quello della sua compagna che sta affrontando la chemio.
La stessa sfera del tempo e del silenzio ma declinata sul tema del paesaggio è indagata da Tacet di Arianna Zannoni, una video installazione a due canali che si sviluppa tramite un’immagine fissa e una in movimento di una barca abbandonata in presunte acque lacustri. Due immagini che riprendono lo stesso spazio, uno scorcio verticale di un cortile disabitato, anche nel dittico Castelli di carta di Michela Curti, ma una delle due è sovraesposta e ricoperta a matita dalle parole che l’autrice articola per descriverla. Una storia orale è rievocata da Europe di Giulia Dongilli, attraverso il mito di Europa, prima regina di Creta da cui deriva il nome del continente bagnato dal Mediterraneo. Il libro d’artista palindromo Upside-down di Elisa Crostella racchiude immagini di un interno e di un campo palestinese in Giordania che possono essere meglio comprese attraverso la lettura araba da destra verso sinistra, suggerendo i limiti di un punto di vista unico.
Il tema della lettura di un ambiente naturale è affrontato anche dal dittico Paesaggio di Andrea Palummo, che agisce sulle sfumature delle dune deserto rendendole monocromatiche e interiorizzando perciò quella che universalmente è percepita come una dimensione di isolamento fisico e mentale. In Inner Frame di Giada Bigarelli l’orizzonte di un cielo davanti al quale si stagliano i rami di un albero diventa un confine verticale che sprofonda nel nero a causa di un’imperfezione tecnica durante lo scatto che però in questo caso viene accettata ed esposta. Marco Tagliafico in Cosmic Mud non registra direttamente la realtà, ma ne filma una rappresentazione, una fotografia in bianco e nero che si rianima attraverso i leggeri movimenti della mano e la messa a fuoco del dispositivo.
Nell’opera Inferno Elena Rabitti utilizza la fotografia più che come pratica di auto-osservazione, come vera e propria esplorazione del suo sé, sommando oscuri frammenti di corpi, sculture, oggetti, scenari in un universo afasico, che preludono a un urlo catartico. Alpha Box - Passengers di Daniele Alef Grillo è un ironico dispositivo che simula un visore di realtà virtuale, dove l’oggetto auto-fabbricato acquisisce una dimensione più tangibile in quanto miniaturizzata e a misura d’uomo; nell'installazione Shells focalizza il tema della memoria nella quale delle ciotole diventano recipienti di tante storie personali, portate all’orecchio come si usa fare con la conchiglia per ascoltare il rumore del mare. Le medesime implicazioni di una società tecnocratica, si scorgono nell’installazione video Google Anthems di Davide Ghelli Santuliana, in cui cittadini di varie nazionalità, residenti ad Amsterdam, cantano il proprio inno nazionale in inglese, seguendo il testo tradotto tramite Google Translate, e facendo emergere l’appiattimento imposto dalla società globalizzata, tesa a neutralizzare le singole differenze sotto l’egida di una cultura univoca.
La mostra Madame Gerard è accompagnata da un catalogo edito da Fondazione Fotografia Modena, corredato dalle immagini delle opere in mostra e da testi di approfondimento.
Accanto all’esposizione, è presente la sezione Mid-Term dedicata ai lavori fotografici e video realizzati dagli studenti del primo anno del Master: Sara Amodio, Pierpaolo Curini, Ornella De Carlo, Emanuela Destefani, Chiara Di Loreto, Laura Furlanetto, Giulia Gamberini, Andrea Generali, Francesca Masarati, Isabella Nardon, Jacopo Noera, Federica Porro, Bartolomeo Rossi, Marco Santagata, Tommaso Valli, Giorgio Varvaro, Nicola Vercelli.
Come per ogni edizione di The Summer Show una commissione composta da membri interni ed esterni alla Fondazione Fotografia Modena selezionerà i lavori migliori del biennio 2016-18, che entreranno a fare parte della collezione di Fondazione Cassa di Risparmio di Modena.