Il processo artistico di Sonia Kacem può essere descritto come una discussione continua tra forma e contenuto. Sin dall’inizio è stato caratterizzato da un'attenta ricerca sui materiali e da un meticoloso studio delle loro proprietà fisiche al fine di indagare le loro reazioni e determinare la loro forma finale. I materiali utilizzati provengono da diverse fasi del ciclo del consumo: prodotti acquistati online ma anche oggetti di seconda mano trovati in qualche negozio dell’usato, scarti industriali e rifiuti individuali come anche elementi appena usciti da un laboratorio artigianale. Una personale mitologia guida l'artista nella scelta e nella manipolazione di tali materiali che vengono sottoposti a una serie di gesti casuali con l'obiettivo di sviluppare assemblaggi scenografici in cui il visitatore è invitato a vagare. Le installazioni di Sonia Kacem sono infatti il risultato di una ricerca di interazione tra oggetti e osservatore: un'interazione intuitiva con le forme e la materialità delle composizioni che, pur restando esteticamente astratte, percorrono le tracce della finzione o del dramma. L’artista ci presenta temi e storie attinenti alla sua attuale ricerca e che influenzano profondamente il suo lavoro senza mai essere espliciti.
Le tre piramidi al centro dello spazio suggeriscono tre personaggi colti durante una conversazione: le forme sono volutamente oscure e allusive per mantenere quella continua tensione tra presenza e assenza in cui Sonia Kacem trova il potenziale scultoreo che vuole incorporare nella propria produzione. Attraverso il prisma della scultura l'artista ha così gradualmente introdotto nuovi elementi che l'hanno portata a indagare il corpo e, più in generale, l'esperienza umana. Ciò è intuibile dai titoli delle sue ultime installazioni - Thérèse, Petra, Loulou, Carcasse: tutti nomi o cognomi alla ricerca di una personificazione dell’oggetto per introdurre nella sua pratica nuovi spunti di analisi sociale, come ad esempio i condizionamenti legati alla sfera pubblica e privata.
Il titolo "Did snow fall on the pyramids" si riferisce alla notizia di un’eccezionale – per quanto improbabile – nevicata avvenuta in Egitto nel 2013 e che si è diffusa in tutto il mondo attraverso innumerevoli condivisioni sui social network di alcune surreali immagini di piramidi coperte di neve. Anche se in quei giorni la neve era effettivamente caduta, la foto si è rivelata essere una manipolazione digitale di una foto esistente per creare l'impressione di un paesaggio innevato. Incuriosita da questa nuova dinamica di trasmissione, Sonia Kacem trasferisce questa contrazione e la seguente tensione nelle sue strutture allusive: di fronte ad esse ci troviamo al cospetto di qualcosa che ci sembra di riconoscere ma della cui autenticità siamo ancora in dubbio.
Questa tensione è evidente nelle forme ‘intermedie’ che riempiono gli spazi della galleria come ad esempio i segni – o simboli – in legno appesi sulle pareti: un corpo di lavori assolutamente inedito nella pratica di Sonia Kacem. Posti l’uno accanto all’altro questi oggetti contengono un potenziale semantico che il visitatore è invitato a cogliere e sviluppare. Esortando lo spettatore a decifrare le opere, la mostra che gioca su continue dicotomie: strutture criptiche dai tratti familiari, segni grafici apparentemente chiari ma ancora indecifrabili, forme concrete che varcano la soglia dell’immaginario.
Uno speciale ringraziamento da parte dell’artista a T293, l’Istituto Svizzero di Roma (ISR), Alessia Volpe e Giulia Bierens de Haan.