Dal 17 novembre 2017 al 5 gennaio 2018, la sede milanese della Galleria Giovanni Bonelli ospita la personale di Antonio Trotta (Stio, SA, 1937), dal titolo Marmo canta.
La mostra, curata da Marco Meneguzzo, presenta una selezione di trenta lavori, sia storici che recenti in grado di raccontare la ricerca complessa dell’artista italo-argentino.
La chiave di lettura, come vuole indicare il gioco di parole del titolo, è l’illusione e lo stupore della percezione generati dal ricorrere a un materiale (il marmo) che viene trattato come un altro (la carta).
Le opere selezionate hanno in comune la straordinaria capacità di riprodurre in marmo tutta la fragilità, la leggerezza e l’impalpabilità della carta. Esempi in mostra sono: la serie dei Sospiri (del 1999), dove un vento immaginario scompone l’ordine apparentemente banale di una successione di “fogli” A4 appesi al muro, o la serie Altri tempi (2006), dove il prima e il dopo vengono rappresentati da blocchi di “carta”, piegati o appallottolati, accostati alla loro versione “ridistesa” ma, ormai, irrimediabilmente segnati dalle linee delle piegature.
Fin dai primi anni ’70, Trotta ha sperimentato il ricorso ai materiali più disparati (vetro, polimeri plastici, rame e metalli vari) cercando di costruire un “discorso” sulla forma. Il suo atteggiamento, meditativo e poetico al contempo, è particolarmente evidente in lavori dei primi anni settanta quali Le quattro stagioni (piccole stampe su alluminio del 1970) o la serie de Le cave (1973) in cui blocchi di marmo vengono tagliati in sottili lastre rettangolari poi emulsionate e impressionate con immagini fotografiche delle cave di marmo.
In questo gioco di richiami visuali e formali (marmo che imita carta fotografica che ritrae il marmo) Trotta non smette mai di studiare lo spazio, di costruirlo visivamente. Nella sua poetica esso non è soltanto fisico e materiale ma è, soprattutto, memoria e ricordo di un luogo, che diventa oggetto secondo un preciso canone di bellezza e poesia. Esempio di questo suo atteggiamento è la serie recente di Scontrini (dal 2000 a oggi): lastre di marmo, dallo spessore incredibilmente sottile e irregolare, incise come veri e propri scontrini fiscali. Le informazioni riportate, data ora luogo nome del locale e, ovviamente, elenco della consumazione, assumono in questo caso un valore completamente diverso grazie all’eternità garantita loro dal marmo. I locali di cui si conserva la memoria non sono semplici punti di ristoro ma vengono scelti dall’artista tra i ritrovi storici di artisti e intellettuali di tutto il Novecento sia italiano che internazionale (es. “La Coupole” di Parigi, o “La Boteguita del Medio” di Cuba). Gli scontrini diventano allora appunti indelebili per la memoria di quei luoghi dove si è sperimentata, in un determinato momento della Storia, una nuova e diversa visione del mondo.
Antonio Trotta (Stio, 1937; vive tra Milano, Pietrasanta e Terlizzi) Giovanissimo si trasferisce in Argentina dove trascorre buona parte della giovinezza. Inizia la sua carriera espositiva a Buenos Aires nel 1966 al Museo di Arte Moderna e già nel 1968 viene invitato alla Biennale di Venezia come rappresentante del padiglione argentino. Alla fine degli anni ’70 visita la Grecia e riscopre sia soggetti mitici e mitologici sia l’uso di materiali come il bronzo, il mosaico e il marmo. Si susseguono intanto mostre e riconoscimenti di livello internazionale: oltre al 1968 sarà alla Biennale di Venezia nel 1976, 1978 e 1990; al National Museum di Osaka (1979), alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (1980), al PAC di Milano (1982, 1988, 1989); alla Fondazione Pomodoro di Milano (2010) personali in prestigiose gallerie quali Christian Stein di Torino (1971 e 1977); Galleria Francois Lambert, Milano (1970); Galleria Omphalos, Terlizzi (1998, 2008); Galleria Oddi Baglioni, Roma (1990); Galleria Invernizzi, Milano (1999).