Ritorna in scena “Perchè amo il mio peccato” diretto da Diego Placidi. Al Teatro Kopó di Roma Ilaria Libianchi, Clara Raffuzzi, Mauro Tiberi e Marica Pace sono i protagonisti dal 26 al 28 maggio 2017 di una messa in scena surreale e di chiara ispirazione ghotic dark del libero adattamento di “Storia di una capinera”.
Non più bambina e non ancora donna Maria, che il solo peccato che abbia mai commesso è stato amare, cammina triste, spaurita, disperata e quasi folle, lungo il viale dei ricordi. Compagno di viaggio, un destino quasi umano, ormai nemico. Entrambi sono diretti verso la sola certezza della vita…
Pur rimanendo aderente al testo dell’autore, è stata messa da parte la costruzione epistolare. In “Perché amo il mio peccato” sono stati aggiunti personaggi inesistenti nel testo originale che rendono la storia molto più discorsiva. Lo spettacolo è ovviamente incentrato sulla protagonista Maria, sulla sua scoperta di una vita differente da quella a cui è abituata, ad un amore diverso da quello che pensava di conoscere. Ma in più, in questo viaggio dei ricordi, è accompagnata da un “Destino” che si concretizza con le figure mitologiche delle MOIRE. In “Perché amo il mio peccato” gli attori sono padroni della scena, fatta eccezione per un unico elemento scenografico. Una messa in scena cupa, piuttosto claustrofobica, quasi surreale e di chiara ispirazione ghotic dark.
"Perchè amo il mio peccato" è un libero adattamento di "Storia di una Capinera" di Giovanni Verga. Lo spettacolo nasce prima come monologo, poi diventa un messa in scena più articolata, con in scena quattro personaggi. Dopo tre anni viene riportato in scena con un'evoluzione della precedente e un nuovo cast. L'ambientazione gothic - dark è la scelta per lo spettacolo, facendo l'occhiolino a Tim Burton. Le luci fanno parte essenziale della messa in scena, scura, cupa a creare uno spazio surreale. L'adattamento trasforma la costruzione epistolare in un monologo/dialogo di Maria, la protagonista. In oltre c'è un destino fisico che segue Maria, rappresentato dalle figure delle Moire, inesistenti nel testo di Verga, e che sono REALMENTE legate alla protagonista, unico elemento scenico. Una messa in scena minimalista dove gli attori sono gli assoluti padroni della scena, diventando a tratti la scenografia stessa. Una rappresentazione a forte base fisica, dove i protagonisti sono difficilmente immobili. In fine, la musica fa da compagna a tutta la rappresentazione, a voler sottolineare l'interpretazione delle attrici/attore.