Leggendo il romanzo ho avuto un’impressione strana, una sensazione ambigua, al che tu mi chiederai:
Tu: Di che parli?
Io: Del famoso quarto d’ora!
Tu: Del quarto d’ora?
Io: Quello che ti fa realizzare!
Tu: Non capisco!
Io: Ti spiego...
So benissimo che il romanzo di Oscar Wilde - come ammise lui stesso - non è un romanzo autobiografico. Ma dopo aver letto l’ultima riga dell’ultima pagina, ho riletto le prime righe delle prime pagine (quelle della prefazione) ed è stato lì che ho realizzato:
Tu: Che cosa?
Io: Che il romanzo è in realtà un’autobiografia camuffata!
Tu: E quali sono queste righe che te lo fanno supporre?
A pagina 7, nelle prime righe si può leggere:
Rivelare l’arte senza rilevare l’artista è il fine dell’arte.
Da cui si comprende che per Wilde l’artista parla sempre di sé, e spesso con un linguaggio sconosciuto:
Tu: Non capisco!
Io: Ti faccio un esempio... ti piacciono le donne?
Tu: Certo!
Io: E gli uomini?
Tu: No, sono etero!
Io: Ecco, invece, a lui piacevano solo gli uomini!
Tu: E allora?
Io: Se per te ''A'' vuol dire ''A'' non vuol dire che anche per lui ''A'' vuol dire ''A''!
Continuando si può leggere:
Chi può incarnare in una forma nuova, o in una materia diversa, le proprie sensazioni della bellezza, è un critico.
Al che tu mi chiederai:
Tu: Quindi l’artista è un critico?
Io: Sì, fare arte vuol dire fare critica!
E più in basso continua:
Tanto la suprema quanto la infima forma di critica sono una specie di autobiografia.
Tu: Quindi fare arte vuol dire fare critica e fare critica, vuol dire fare autobiografia!
Io: Proprio così!
Tu: Uno scultore è un’artista, no?
Io: Certo!
Tu: E come fa a fare autobiografia?
Io: Uno scultore scolpisce quello che l’ha colpito in passato!
Tu: E che significa?
Io: Significa che scolpisce la sua vita!
Tu: Perciò vale anche per lo scrittore?
Io: Sì, ed ecco perché il romanzo di Wilde è autobiografico!
Per Wilde, infatti:
1- Essere uno scrittore significa essere un artista;
2- Essere un artista significa fare autobiografia.
A conferma di questa tesi, girando la pagina si può leggere:
Il pensiero e il linguaggio sono per l’artista gli strumenti dell’arte.
Tu: Cioè le parole?
Io: Già le parole, ma quelle dello spettatore dentro l’artista!
Infatti, alla fine Wilde scrive:
L’arte in verità non rispecchia la vita, ma lo spettatore.
E, se invece Il ritratto di Dorian Gray fosse:
1- Il ritratto di Oscar Wilde?
2- Un’autobiografia al contrario?
3- Tutte le facce del poliedrico scrittore?
Al che tu mi chiederai:
Tu: In che senso? Non capisco!
Io: Nel senso di un romanzo dove non si parla di un solo Oscar Wilde, ma di ben otto Oscar Wilde!
In altre parole:
1- Un elenco telefonico dei sensi dell’autore;
2- Una cartina geografica dello scrittore;
3- Una mappa topografica dell’artista.
Al che tu mi chiederai:
Tu: Come fai a dirlo? Perché dici quello che dici?
Io: Perché? Perché Oscar era un ''sofista''!
Tu: Vale a dire?
Io: Vale a dire uno con il vizio di capovolgere il senso alle parole!
Tu: Oggi lo chiamano cazzaro!
Lui era convinto che una parola, una frase, un’espressione per un tale potesse significare una cosa, mentre per un altro tale potesse significare tutt’altra cosa. Per Wilde, in altre parole, la vita si configurava nel principio da lui stesso coniato:
È la vita che imita l’arte e non l’arte che imita la vita.
E non c’è quindi da stupirsi se leggendo il romanzo sembra di avvertire un rovesciamento dei ruoli nei personaggi. I personaggi principali hanno un temperamento, una personalità, riconducibile al loro autore. Al che io mi chiedo:
1- È una semplice coincidenza?
2- È una semplice sensazione?
Per far chiarezza sull’intera faccenda mi sono chiesto alcune cose, perciò, adesso le chiederò anche a te:
Io: Qual era la cosa più bella per Wilde?
Tu: Gli uomini?
Io: No, la bellezza!
Tu: Giusto!
Io: E come avvertiva quella bellezza?
Tu: Con i sensi?
Io: Già, è stata la mia stessa risposta!
Tu: Quindi?
Io: Quindi mi sono chiesto, se lui adorava i suoi sensi che riuscivano a percepire la bellezza, perché non dedicare un romanzo a quei sensi?
Tu: E come?
Io: In un romanzo dove tutto fa capo a loro, Un romanzo dove i sensi raccontano le cose dal loro punto di vista!
Per primo ci sono i personaggi principali:
1- Basil Hallward è la vista dello scrittore;
2- Lord Henry Wotton è l’udito dell’autore;
3- Sybil Vane è la voce dell’artista;
4- Dorian Gray è il cuore del critico.
Poi ci sono i personaggi secondari:
1- La signora Vane è la madre di Wilde;
2- L’avventuriero James Vane è il fratello di Wilde.
E per finire i luoghi e gli oggetti nel romanzo:
1- Il ritratto di Dorian è l’anima di Oscar;
2- Il famoso coltello è il sesso di Oscar.
Al che tu mi chiederai:
*Tu: E perché avrebbe scelto ''tali'' personaggi e ''tali'' oggetti'?
Io: Ti spiego... *
Continua l’8 Luglio...
Leggi anche la Prima parte