"Preferirei restare a casa oggi”, mostra personale di Roberto Casti, è un progetto espositivo ideato appositamente dall’artista per lo spazio di Dimora Artica, e curato da Current.
Attraverso un processo di trasformazione dello spazio e l’inserimento di suggestioni plurisensoriali, l’operazione mette in discussione la definizione di comfort zone – spazio familiare, sicuro, ma anche condizione mentale oltre che campo d ’azione agevole, senza pericoli o sorprese. La comfort zone è un rifugio psicologico, un falso conforto, come la routine familiare, àncora di fronte all’indeterminatezza e all’indifferenza dell’altro.
Condizione se si vuole propria anche della pratica artistica, che tende a reiterare un certo tipo di lavoro per andare a colpo sicuro, non sperimentando, non uscendo dai propri limiti.Ma l’inconoscibile è appena oltre la soglia. È facile vacillare di fronte alla vertigine degli abissi oceanici, alle vette dell’Himalaya, oppure nell’immaginare l’orrore cosmico, le distanze inconcepibili, la caduta nell’orizzonte degli eventi di un buco nero.
Lovecraft parlava di questo terrore e della possibilità che al di là del cosmo potessero abitare indescrivibili dèi sconosciuti.Ma se l’inconoscibile si annidasse in quell’angolo della nostra stanza, se fosse quella macchia di umido che si espande sul soffitto? O la persona che abbiamo di fianco, qualunque persona, nella banalità dell’umano, replicata in miliardi di individui, fra cui regna l’incomprensione.
Da qui l’intrinseca solitudine di ognuno di noi. E oltre quella tenda rossa forse si spalancano le stanze ignote dell’inconscio, di un altro mondo, dove potremmo non riconoscere più nemmeno noi stessi. Eppure sondare l’inconoscibile è anche la molla per la curiosità, per l’atto creativo: “If you want to catch the big fish, you’ve got to go deeper”.Il video Together Alone :) (2016) è in questo caso il punto di partenza (o forse anche d ’arrivo?), dove l’individuo prende coscienza di questo abisso pronto a inghiottirlo, in agguato nei volti negli altri.
A partire da esso, l’azione passa a inglobare uno spazio fisico: Dimora Artica, luogo dove persistono i segni di una struttura abitativa. Ma la dimora artica nei Veda è un luogo remoto, la terra iperborea da dove, forse, in un tempo ancestrale (nella “notte dei tempi”), giunsero gli antenati delle stirpi indoeuropee (l’origine della condizione umana – sopravvissuta alla glaciazione?).
L’operazione di Roberto Casti mira a creare un ambiente al limite tra accoglienza e disagio, tra comodità e inquietudine. I partecipanti saranno invitati a mettersi comodi, a tranquillizzarsi, ma dovranno fare i conti con una tensione onnipresente. È preferibile restare a casa, al sicuro, o provare a vedere cosa c’è “là fuori”?