Dal 12 novembre 2016 al 13 marzo 2017 la Collezione Peggy Guggenheim presenta la mostra La mia arma contro l’atomica è un filo d’erba. Tancredi. Una retrospettiva, a cura di Luca Massimo Barbero, curatore associato del museo veneziano.
Con oltre novanta opere, l’attesa retrospettiva sancisce il grande ritorno a Venezia di Tancredi Parmeggiani (Feltre 1927 – Roma 1964), tra gli interpreti più originali e intensi della scena artistica italiana della seconda metà del ‘900. Tancredi è stato l’unico artista, dopo Jackson Pollock, con il quale Peggy Guggenheim stringe un contratto, promuovendone l’opera, facendola conoscere ai grandi musei e collezionisti d’oltreoceano e organizzando alcune mostre, come quella del 1954 proprio a Palazzo Venier dei Leoni. Dopo oltre sessant’anni, dunque, l’artista ritorna protagonista indiscusso alla Collezione Peggy Guggenheim con una straordinaria selezione di lavori, che ricostruiscono in modo intimo e capillare, tra produzione creativa ed emotività prorompente, la parabola breve, ma folgorante, di questo grande interprete dell’arte del secondo dopoguerra.
Partendo da rare prove giovanili di ritratti e autoritratti e dalle prime sperimentazioni su carta del 1950- 51, le famose “Primavere”, il percorso espositivo, studiato con cura e rigore da Barbero, passa a documentare la ricerca svolta dall’artista feltrino nell’arco dei primi anni '50, periodo che segna l'incontro cruciale con Peggy, di cui diventa protégé, e che lo porta ad avere un proprio studio a Palazzo Venier dei Leoni. Questo significativo legame è documentato dal consistente numero di lavori appartenenti alla collezione di Peggy, arricchito dalle nove opere della donazione Giorgio Bellavitis, ricevuta dal museo nel 2000. La mostra rappresenta inoltre il ritorno in Italia di una preziosissima selezione di opere donate dalla mecenate ad alcuni celebri musei americani. Per la prima volta, dai tempi di Peggy, saranno finalmente esposti capolavori come la Primavera, proveniente dal MoMA di New York, Spazio, Acqua, Natura, Spettacolo, oggi al Brooklyn Museum, o Senza titolo (Composizione), dal Wadsworth Atheneum Museum of Art di Hartford. È proprio grazie al rapporto privilegiato che instaura con Peggy che il lavoro di Tancredi acquisisce un respiro internazionale, tantoda farlo diventare molto noto in età giovanissima. È in questo periodo che l’artista giunge a concepire una pittura personale, micro-spaziale e policromatica, definita da alcuni “molecolare”.
Lo stile pittorico è incentrato su una sempre più evidente frammentazione del segno e su un cromatismo lucente, elemento trascinante nelle tele. L’energia del tratto, abbinandosi alle vibrazioni luminose, crea una nuova armonia che corrisponde a uno dei periodi più felici della produzione dell’artista. Tancredi fu sempre attratto dagli accostamenti dei colori accesi, dalle invenzioni informali che, grazie a un pennello incessante e a una pittura piena di vita e intensità vibratile, occupavano tutti gli spazi della tela.
Affermerà più tardi, nel 1956: “Ho impiegato una ‘forma’ molto semplice per controllare lo spazio: il ‘puntino’. Il punto è l’elemento geometrico meno misurabile che ci sia, ma il più immediato da ideare; un punto dà l’idea del vuoto da tutte le parti, di dietro, ai lati, davanti; qualunque punto realizzato formalmente è geometria, qualunque forma relativa alle dimensioni del mio quadro ha per legge il vuoto da tutte le parti”. Nel 1952, pur rimanendo indipendente, sottoscrive il manifesto del Movimento Spaziale insieme a Lucio Fontana; è presente in questi anni nelle gallerie di Cardazzo a Venezia, Milano e Roma, e i suoi lavori entrano in prestigiose collezioni internazionali. Cruciale nel 1954 la mostra che Peggy organizza a Palazzo Venier dei Leoni e che consolida la fama del giovanissimo artista". Ricorda la collezionista nella sua autobiografia “Una vita per l’arte”: “[..] poi finalmente sviluppò uno stile tutto personale: era quello che in Italia si chiama uno spazialista e le sue gouaches riempirono presto casa mia. Erano delicate ed aeree [..]”.
La mostra prosegue con la sezione dedicata alle partecipazioni di Tancredi a premi e mostre internazionali, come “Tendances Actuelles” alla Kunsthalle di Berna, con dipinti eseguiti tra il 1955 e il 1959, quali, tra gli altri, la serie di opere intitolate A proposito di Venezia, città che lascia definitivamente nella primavera del 1959 per trasferirsi a Milano. Sempre in questa sezione si incontra il ciclo Natura (1954) e alcune delle opere esposte alla galleria Saiderberg di New York e alla Galleria Paul Facchetti di Parigi.
È verso la fine degli anni cinquanta, tra il 1959 e il 1960, che nelle opere di Tancredi, come le Facezie, si ripresenta la figura umana, che, rispetto alle opere giovanili, viene metamorfizzata. In seguito al soggiorno norvegese, durante il 1960, l’amore per la pittura nordica e il grottesco si arricchiscono delle note accese e drammatiche di Edvard Munch, della nuova figurazione e dell’ironia quasi rivoluzionaria che condivide con gli amici del movimento artistico Anti-Procès, sviluppatosi intorno alla Galleria del Canale di Venezia. È un momento di crisi e di completa revisione della propria pittura, a cui l’artista vuole dare ora un senso esistenziale e politico. Ed è così che la vena della polemica e della tensione di quegli anni di guerra fredda emergono nel titolo di questa retrospettiva “La mia arma contro l’atomica è un filo d’erba”, frase con cui Tancredi risponde agli innumerevoli conflitti dell’epoca, dal Vietnam alla guerra in Algeria, alla tensione tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Di questo momento fondamentale nel suo percorso artistico, in mostra a Venezia ci saranno i tre dipinti della serie Hiroshima (1962), esposti finalmente insieme dopo anni.
Un ulteriore segmento di sperimentazione, nella parte conclusiva dell’esposizione, è quello dei collagedipinti, eseguiti tra il 1962 e il 1963, i cosiddetti Diari paesani e i Fiori dipinti da me e da altri al 101%, che a ragione possono essere definiti la vera rivelazione di questa retrospettiva e che sono da considerarsi esempi di eccezionale vigore creativo e drammatica euforia.
Immersosi nel clima della nuova pittura degli anni '60, Tancredi in aperta polemica con essa costruisce nuovi quadri “antieroici”, imbevuti di colore che diviene ora macchia ora immagine, capaci di alludere alla guerra, alla cronaca o a grandi fiori. Sono queste opere a chiudere lo straordinario percorso, geniale e sregolato, della pittura di Tancredi dedicata alla natura e all’uomo. Quadri che nella loro inquietante felicità cromatica, preludono all’ultimo anno di vita del pittore, tra le più originali e non classificabili personalità della pittura italiana ed europea del XX secolo.
Tancredi muore nel 1964 a soli 37 anni, giovanissimo e pronto a entrare, come scrive Dino Buzzati, nel "mito di Tancredi".
La mostra sarà accompagnata da un’esaustiva pubblicazione, edita da Marsilio Editori in due edizioni italiano e inglese. Con i saggi del curatore Luca Massimo Barbero, di Luca Nicoletti, la biografia dell’artista a cura di Elena Forin, e un’estesa selezione di immagini, il catalogo è un’importante testimonianza per la ricostruzione, realizzata anche grazie alle ricerche di Gražina Subelytė, delle donazioni delle opere di Tancredi da parte di Peggy Guggenheim ai musei americani.
La mia arma contro l’atomica è un filo d’erba. Tancredi. Una retrospettiva gode del sostegno di Intrapresae Collezione Guggenheim e degli Institutional Patrons BSI, Lavazza e Regione del Veneto. Con la collaborazione di Corriere della Sera, Hangar Design Group cura l’immagine coordinata della comunicazione. I progetti educativi correlati all’esposizione sono realizzati grazie alla Fondazione Araldi Guinetti, Vaduz.
In occasione della mostra, RegalaunAlbero compenserà le emissioni di CO2 generate per l'organizzazione dell’esposizione, fino a 150 t, tramite la creazione e la tutela per 50 anni di foreste in crescita sul territorio italiano. L'azione di RegalaunAlbero si configura nella definizione di "carbon sink" così come specificato nel protocollo di Kyoto.