I corpi, visibili, proiettano ombra
Dio, invisibile, proietta luce.
(Gustavo Rol, Conversando con Einstein)Una candela accesa è un miracolo quotidiano
(Heinz Von Foerster)
Dio disse: Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque. Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento, dalle acque che son sopra il firmamento. (Genesi 1, 6.8)
Il colore contiene in sé un’ambiguità innata. È uno ma è anche duplice. C’è il colore della percezione, che vediamo, pur con tutte le sue relatività, e c’è il colore della materia, biochimico, cioè il colore del pigmento e delle sue relazioni con il substrato, colore che non sempre vediamo o che possiamo vedere diversamente. I rapporti fra i due aspetti del medesimo colore possono cambiare nel tempo, divergere, convergere. Per questo non sappiamo ricostruire veramente come fossero i colori del Cenacolo di Leonardo di Milano. Possiamo dire che in un certo punto la superficie, degradata, sulla quale il pigmento dipinge la tunica di Giovanni sia rosa-viola, ma in un altro punto risulterà alle analisi tecniche rosa-arancione o grigia. Di che colore è la tunica? Anche il colore presente, nel Cenacolo, è frutto di una nostra sintesi ottica come i pixel del televisore, come un “divisionismo” da degrado secolare, invertito.
Non sappiamo veramente di che colore sia la tunica di Giovanni (e tutti gli altri colori) né nel passato né oggi. In senso condiviso sappiamo solo che oggi agli occhi quella parte del dipinto ci sembra tenuamente rosa con sfumature rossastre. Altra ancora è invece la questione, anche nominalistica, della scala dei colori e della loro riconoscibilità a occhio nudo. Due esempi illuminanti di colore “interno”, cioè biochimico, ci vengono forniti dagli specchi e dall’acqua. Curioso questo accostamento, quasi simbolico, e lo è anche nel comportamento biochimico! Sì perché sia il silicio dei vetri che le molecole dell’acqua sono accomunati da un comportamento cromatico semicelato. Il materiale degli specchi presenta un suo proprio colore di un tenue verde che esce alla luce, alla visibilità, solo se si osserva una galleria di specchi di una certa lunghezza. Vi apparirà sul fondo come un tenue riflesso verdolino. Lo si poteva osservare quando nei luna park c’erano ancora i corridoi di specchi, e riesco ancora a ricordarlo quel enigmatico alone!
Similmente l’acqua presenta un suo proprio colore biochimico. In un bicchiere sembra incolore ma se aumentiamo la massa (già in un acquario) inizia ad apparire azzurra e in mare aperto, rivela un intenso blu. Il blu oltremare, appunto. A questo punto, ragionando come gli antichi, come Plutarco, cioè per riflessioni speculative semplici ma che cercano di essere coerenti, metodiche, mi sono fatto una di quelle domande filosofiche da bambino (le più importanti) a cui la scienza non sembra mai voler rispondere: perché il cielo è azzurro? La gente crede che il mare sia azzurro/blu perché riflette l’azzurro del cielo, ma se il mare è azzurro/blu per sua composizione chimica la vera domanda è invece: perché è azzurro il cielo, no?
Forse è vero il contrario, che cioè sia il cielo a riflettere il mare? Ma questo non è possibile perché se il cielo riflettesse il mare allora dovrebbe avere più colori e riflettere anche la terra e i suoi svariati marroni e verdi quando sotto di esso non ci siano grandi acque! Il cielo invece ci incanta ogni giorno non solo per la purezza del suo colore celeste ma anche per la perfetta e piena omogeneità spettacolare di tale colore. Non una sfumatura differente, non un’increspatura o sbavatura cromatica… Neppure Leonardo o Raffaello o Caravaggio avrebbero potuto realizzare un colore così lucido, perfetto, omogeneo, impeccabile. Ma su ogni cosa fenomenica la scienza (intesa anche solo quale ragione che si applica) deve dare una risposta. Anche qui la diceria di massa, che purtroppo la Grande Scienza (intesa come sua divulgazione di massa) lascia sopravvivere colpevolmente, è del tutto errata. Si dice infatti che sia l’atmosfera a causare il colore azzurro del cielo. Ma se andiamo a studiarci tutti i gas che compongono l’atmosfera vediamo che sono tutti incolori. Idrogeno, azoto, ossigeno, elio, ozono, argon, metano, neon, kripto, xeno, anidride carbonica sono tutti gas incolori, e al massimo potrebbero e possono apparire biancastri in certe condizioni tecniche (che non sono comunque quelle naturali).
Da dove arriva allora il bel colore azzurro tipico del cielo? In assenza di altri dati o teorie ad oggi penso ci sia una sola possibile razionale risposta: il colore del cielo deriva da acqua presente nell’atmosfera. Non hanno trovato acqua liquida a – 40° nel cielo? Non si scende a -90° già all’altezza di 90 km? Non sembra quindi così stupida l’antica e diffusa convinzione antica, già biblica, che ci fossero “acque superiori” e che ci fosse anche un “firmamento”, cioè uno strato di ghiaccio aereo. L’invisibile vive in mezzo al visibile. Non è così anche con lo spettro della luce la cui parte visibile è minimale rispetto alle onde non visibili? Ma la vera più enigmatica domanda è questa: perché il cielo non ha profondità? Un azzurro così azzurro da schermare ciò che sta dietro?
A questo punto è difficile trattenersi dall’elencare tutti gli aspetti possibili del colore. Ne ho trovati sette, ma altri ne scoveranno magari ulteriori. Ecco le basi di una nuova “Settuplice Teoria del Colore”, la cui enunciazione (siccome non si può scindere visibile da invisibile) contiene in se stessa la possibilità teorica dell’invisibilità totale:
1. Il colore biochimico pigmentale
2. il colore della percezione (con i vari possibili giochi mimetici o divisionisti)
3. il colore quale effetto dell’interazione con la luce (in questo caso occorre cercare una tecnica che “defletta”, cioè deformi in devianza la luce perché se il materiale riflette emerge il bianco e se invece assorbe emerge il nero)
4. il colore nel suo rapporto con la forma plastica del materiale. Un tetto di semibolle verdi appare diverso a distanza da un tetto verde liscio?
5. il colore nel suo rapporto con il calore (il nostro occhio non è a 37°?)
6. il colore del nostro occhio
7. il colore e la luce nella sua ampia componente non visibile
Gli aspetti più interessanti sono naturalmente impliciti gli ultimi tre punti. I punti 5 e 6 derivano dall’idea di accogliere l’antica teoria greca della percezione partecipata. Lo stesso Plutarco ci ricorda che la percezione umana non è totalmente passiva, in quanto il nostro occhio presenta una capacità radiante. Questa idea sembra ragionevole anche oggi se consideriamo la soggettività della percezione e nel contempo la sensibilissima attività nervosa dell’occhio. La scienza ha dimostrato che un microsecondo prima di compiere un azione che stiamo per compiere (alzarci, prendere un bicchiere, ecc.) i nostri occhi reagiscono emanando impulsi neuroelettrici. Perché non dovrebbe l’occhio partecipare cromaticamente alla realizzazione del fenomeno “visibilità” se l’occhio stesso è la condizione biologica essenziale della percezione?
Come abbiamo visto la materia degli specchi presenta un colore e quasi ogni materiale presenta un proprio colore biochimico (al di là delle condizioni di percettibilità), quindi potremmo chiederci: che colore ha il tessuto oculare umano e i suoi componenti? E ancora: esiste un “colore medio”, un “colore sinergico” fra i colori visibili dell’iride umana?
Riguardo al settimo punto la mia intuizione è molto semplice. Se vuoi rendere invisibile l’oggetto x non puoi lavorare solo sulla parte visibile della luce, ma soprattutto devi intervenire sulla più ampia area di luce/radiazione invisibile: microonde, infrarossi, ultravioletti, raggi cosmici, raggi gamma, raggi x, onde radio, ecc. La logica semplice di questa intuizione è la stessa di un “raggio radar antiradar” che serve appunto a neutralizzare l’efficacia rilevatrice del radar nemico. Se riuscissimo a far sì che l’oggetto x emanasse le stesse onde tipiche della parte non visibile della luce allora l’oggetto x non sarebbe visibile! Non stavano provando questo a Philadelphia per occultare le navi ai radar e ai sonar nazisti quando apparve (dicono) una nebbiolina verde? Sempre il verde…