"Uno dei primi restauratori dell'arte di guarire in Europa": così lo storico dell'arte iconografica Carl Nissen, nella sua opera Die botanische buchillustration, definì il botanico tedesco Leonardo Fuchs, vissuto nella prima metà del XVI secolo e autore di importantissime opere tra cui spicca l'erbario De Historia Stirpium.
Nato nel 1501 a Wemding, un piccolo paese della Baviera, egli si distinse molto presto per i brillanti risultati conseguiti negli studi, ottenendo ad appena vent'anni il titolo di Magister Artium e iniziando subito dopo a insegnare. In quel periodo, in Germania, le tormentate vicende religiose si riflettevano inesorabilmente anche nel mondo universitario: basti pensare all'ordinamento del granduca Ulrich Wurtemberg, che nel 1535 imponeva a tutti i professori di convertirsi al luteranesimo (unica alternativa possibile, l'espatrio). Il Fuchs seppe adeguarsi perfettamente ai tempi scegliendo la strada della conversione, e la sua carrierà ne trasse indubbiamente giovamento. Divenne infatti professore nell'importante Università di Tubingen e dopo il 1542, data di pubblicazione dell'Historia Stirpium, la sua fama di botanico crebbe così tanto da raggiungere l'Italia. Cosimo I de' Medici gli offrì infatti la direzione dell'Orto Botanico di Pisa, ma il Fuchs rifiutò, scegliendo di restare nella sua amata Germania, dove si dedicò con passione all'insegnamento e alla studio fino alla morte, avvenuta nel 1556.
Nel De Historia Stirpium sono raccolte tutte le conoscenze da lui acquisite nel campo della botanica in tanti anni di studi e di rapporti, spesso anche solo epistolari, con i più importanti studiosi del tempo. L'opera dapprima fu stampata in latino, e proprio questa è l'edizione attualmente conservata nella Bibliotheca Antiqua di Aboca Museum. Dato che l'editore, Michael Isengrin, si rese però subito conto del suo valore, già l'anno successivo la ripropose in lingua tedesca e subito dopo cedette i diritti per la sua pubblicazione in francese, olandese e greco.
In questo splendido erbario, a essere preponderante è sicuramente la parte figurata, e questo è deducibile già dal frontespizio dove, forse per la prima volta nella storia degli erbari figurati, vengono riportati i ritratti degli artisti che vi contribuirono: si tratta dei Pictores (il disegnatore e il delineatore, ovvero Albrect Mayer e Heinrich Fullmaurer) e dello Sculptor (l’incisore, Veyt Rudolff Speckle), tutti assai famosi nella Germania del tempo. E non manca neppure il ritratto dell'autore che, nel retro del frontespizio, si presenta in piedi, all'età di 41 anni, avvolto in un mantello rosso impellicciato, vale a dire il segno distintivo dei Doctores.
Ed ecco poi le bellissime tavole xilografiche, tutte a piena pagina, che sono in totale 517, e in cui le piante rappresentate sono sempre accompagnate sia dal loro nome latino che da quello volgare tedesco. Guardando queste immagini, non si può non riconoscere che il Fuchs ha pienamente raggiunto l'obiettivo dichiarato nella prefazione dell'opera: rappresentare la pianta nel modo più verosimile possibile, curandone ogni particolare (foglie, semi, radici, …). Particolarmente belle e precise sono le immagini relative alle orchidee, da cui il Fuchs era decisamente affascinato, e che molto probabilmente rappresentò copiando dal vero gli esemplari secchi. Oppure, ecco la tavola raffigurante l'aloe, una pianta a cui l'autore dedicò ampi studi, riconoscendo la molteplicità dei suoi usi in fitoterapia.
Non mancano poi altre specie più particolari, tra cui quelle appena arrivate dal Nuovo Mondo: per esempio, per la prima volta in un erbario europeo, viene raffigurato il grano turco. Anche se fu Linneo, due secoli dopo, a dare a questa pianta il nome con cui è conosciuta anche adesso, Zea Mays, spetta al Fuchs il merito di avere per primo individuato la sua specificità tra le altre specie di cereali allora conosciute. La colorazione dei disegni è totalmente realizzata ad acquarello e le tinte più ricorrenti sono il verde di tre intensità, il marrone scuro o smorzato, il rosso porpora, il nero e il giallo. Nel Cinquecento, questi colori si ricavavano sia da sostanze vegetali (in particolare, i toni del verde), che animali (per esempio, il rosso porpora preso dal murice), ma non mancava neppure il contributo del mondo minerale (uno tra tutti, il giallo d'ocra).
E, come in ogni erbario che si rispetti, di fronte a ogni illustrazione si trova la scheda descrittiva della specie rappresentata, in cui grande importanza viene data alle vires, ovvero alle indicazioni terapeutiche attribuite alle varie piante, indicazioni molto spesso dedotte dagli autori classici (i più citati sono sicuramente Dioscoride, Galeno e Plinio). In queste pagine descrittive l'autore fornisce moltissime informazioni sulle specie rappresentate; tuttavia, sono soprattutto le illustrazioni ad affascinare il lettore che, anche a distanza di più di cinque secoli, sfogliando l'opera non può non sorprendersi per la nitidezza dei colori e la precisione con cui viene riprodotto ogni dettaglio delle varie piante.
Il De Historia Stirpium può, a tutti gli effetti, essere considerata un'opera che aprì la strada a un nuovo metodo d'indagine del mondo vegetale, non legato più soltanto alla tradizione visiva e orale. Ed è quindi pienamente giustificata la definizione che il Fuchs, giustamente orgoglioso dell'opera a cui aveva dedicato tanti anni della sua vita, ne dà nelle prime pagine: quella di un "giardino naturale e assai florido", dalla lettura del quale non può venire che "un grande piacere".