Apre a Milano giovedì 29 novembre la Galleria Giovanni Bonelli, dell’omonimo gallerista mantovano.
La scelta di aprire uno spazio milanese, che si affianca a quello di Canneto sull’Oglio, è lo sbocco naturale di un’attività che negli ultimi anni si è svolta prevalentemente sul territorio meneghino dove Bonelli ha promosso, in svariate occasioni, mostre istituzionali e iniziative no-profit.
“È arrivato il momento –spiega il gallerista– di aprire a Milano una galleria tutta mia, dove possa esprimere appieno le mie scelte e presentarle ai miei interlocutori più affezionati e, spero, ad un pubblico nuovo”.
Il progetto vedrà alternarsi maestri storici ad artisti contemporanei, con un’attenzione alla pittura, da sempre cifra distintiva del lavoro del gallerista, ma con notevoli aperture verso generi diversi, come dimostra la mostra inaugurale che mescola arte e architettura.
Una ricerca sofisticata e una selezione attenta saranno le caratteristiche peculiari dello spazio che ad un interesse per l’arte italiana affiancherà quello per l’arte internazionale, aprendo così anche i propri confini geografici.
La mostra Vienna e dintorni racchiude in sé tutte le prerogative della nuova galleria presentando i lavori di Raimund Abraham, Hans Hollein, Max Peintner, Gianni Pettena, Walter Pichler, Ettore Sottsass, sei architetti, artisti a tutto tondo. Personalità che hanno avuto percorsi dalle evoluzioni diverse, ma che contengono gli stessi elementi di attitudine all’osservazione, al racconto, che emergono rivelando sensibilità comuni.
Nei 250 mq della galleria di Via Porro Lambertenghi 6, in quella che fu la sede del celebre locale Binario Zero, punto di riferimento per i patiti del rock, troveranno spazio una quarantina di opere tra dipinti, disegni, fotografie, fotomontaggi, modelli.
La mostra alla galleria Giovanni Bonelli indaga formazione, connessioni, strumenti di artisti con una comune origine geografica e culturale (l'ampia area connotata culturalmente e geograficamente dall'amministrazione austroungarica, comprendente Milano, Venezia, il Trentino e il Veneto fino al 1918) che ritrovano, in linguaggi e itinerari, un comune volere e sentire.
Abraham, Peintner, Pettena, Pichler, Sottsass -nati tutti nella prima metà del Novecento a pochi chilometri gli uni dagli altri- e Hollein, che lavorò a lungo con Pichler subendone l’influenza, sono uniti dalla rivisitazione concettuale e linguistica di un ambito, quello del progetto, che nelle loro mani si amplia e si modifica in modo talmente significativo da influenzare anche l’arte e l’architettura d’oggi.
Nel 1962 Hollein e Pichler affermavano che “tutto è architettura” annullando, di fatto, ogni confine interdisciplinare e facendo sì che la sperimentazione venisse condotta con linguaggi spesso lontani da quelli del progetto. La ricerca assumerà quindi varie forme: dalla visionarietà delle strutture di Abraham al rigore concettuale ed esistenziale di Pichler, dalla traduzione di concetti in forma di architettura di Hollein all’ultrarealismo grafico di Peintner, dalle performaces di Pettena alle ceramiche e ai mobili sperimentali di Sottsass.
Gli anni Sessanta e Settanta, periodo sul quale si focalizza la collettiva, sono gli anni in cui la disciplina dell’architettura ha ricercato linguaggi e strategie per immaginare il futuro prossimo, di prevederlo, di prepararsi ad accoglierlo, in un senso “realistico” e non visionario.
La volontà era quella di andare oltre l’architettura, di affinare nuove forme espressive per progettare una “città invisibile”, concepita per il futuro in base alle intuizioni del presente.
Il senso della mostra sta nel rimettere all’attenzione di pubblico e critica l’attualità del lavoro di questi architetti-artisti le cui domande non hanno ancora trovato risposta e si pongono come base per il lavoro dei progettisti, ma anche degli artisti, di oggi e del futuro.
L’esposizione è accompagnata da un catalogo con testi dei sei autori.