“Jacob Tuggener (1904-1988) è considerato uno dei dieci fotografi industriali di maggior spicco che siano mai esistiti”. Lo dice Urs Stahel , direttore della PhotoGallery Mast e co-curatore con Martin Gasser (Fondazione Svizzera per la fotografia, Winterthur) della grande mostra Jacob Tuggener Fabrik/Nuits de bal, della Fondazione Mast di Bologna fino al 17 aprile. L’esposizione imponente, allestita nell’Auditorium e nella PhotoGallery, rivela l’eccezionalità dell’artista svizzero che si definiva “un poeta dell’immagine” e che, oltre ad usare la macchina fotografica, si interessava alla pittura e dirigeva film ispirandosi all’espressionismo tedesco degli anni ’20.
Il percorso della mostra presenta oltre 150 stampe originali di Fabrik (1933-1953), tratti dal suo libro fotografico Fabrik, incentrato sul tema del rapporto tra l’uomo e la macchina e altri scatti che descrivono i momenti del lavoro nel suo paese. Gli spazi del Mast ospitano anche le proiezioni di Nuits de bal (1934-1950), sale da ballo di Berlino e feste a Zurigo e St Moritz, immortalati dalla Leica di Tuggener che riprendeva dame e cavalieri nei loro abiti scintillanti, quell’atmosfera spumeggiante che animava balli e serate festose e quel mondo presente ma invisibile del dietro le quinte, rappresentato da camerieri, valletti, musicisti e cuochi. È stato un fotografo e artista versatile abile nel cogliere la realtà industriale come lo sfarzo dei balli dell’alta società. E Urs Stahel descrive la sua genialità e il suo talento indiscusso.
Il libro di Jacob Tuggener Fabrik è considerato una pietra miliare nella storia dell’editoria fotografica, paragonabile a Paris de nuit di Brassaï del 1933 e a The English at Home di Bill Brandt del 1936 e il tratto distintivo della sua opera è rappresentato da uno sguardo penetrante sulle persone e sugli oggetti del mondo così ravvicinato e attento come se volesse sorprenderli, unito a una grande padronanza del gioco di luci e ombre. Eppure, a dispetto di queste innegabili qualità, Tuggener resta un enigma, un illustre conosciuto, una star apprezzata solo dai professionisti del settore. Per tre fondamentali motivi. L’artista era così caparbio ed estraneo al compromesso da scoraggiare la collaborazione con musei e case editrici. Poi le lunghe controversie legali seguite alla sua morte per lungo tempo hanno reso la sua opera praticamente inaccessibile al grande pubblico. E le sue origini, nella piccola Svizzera, lo hanno tagliato fuori dalla superpotenza degli Stati Uniti, in ambito fotografico. E la storia dell’immagine, oggi come un tempo, è scritta dalle grandi nazioni.
Martin Gasser approfondisce la personalità eclettica dell’artista. "Tuggener è stato fotografo, regista e pittore, ma si considerava soprattutto un artista. Sviluppò una cifra stilistica estremamente poetica, destinata a fare scuola nel secondo dopoguerra tra i fotografi più giovani come Robert Frank, acclamato in seguito per il libro The Americans. Il lavoro in fabbrica, la vita contadina e la mondanità ma anche la ferrovia, le corse automobilistiche o le cattedrali gotiche sono stati i temi che ha affrontato nel corso della sua esistenza. Compose menabò pronti per la stampa: sequenze rilegate comprendenti oltre 100 immagini originali, a tutta pagina o su due pagine per le quali, però non riuscì mai a trovare un editore adatto. L’unica eccezione fu Fabrik (Fabbrica) che costituisce una pietra miliare nella storia del libro fotografico. È bastata a consolidare la fama di Tuggener quale eccezionale fotoartista, aprendogli le porte di molte collettive come Postwar European Photography del 1953 e The Family of Man del 1955 al Museum of Modern Art di new York o la Prima mostra internazionale biennale di fotografia di Venezia del 1957.
Jacob Tuggener conosceva il mondo della fabbrica avendo concluso un apprendistato da disegnatore tecnico in un grande stabilimento zurighese e fu iniziato alla tecnica della fotografia. Perse il lavoro e andò a Berlino ma tornò in Svizzera nel 1932 a lavorare alla Oerlikon come freelance, perché l’azienda meccanica aveva già un suo fotografo ufficiale. Una lettura più approfondita del suo lavoro sulla fabbrica rivela che, oltre a una storia dell’industrializzazione, soprattutto con la giustapposizione associativa delle foto simile a un film, Tuggener mirava a illustrare il potenziale distruttivo del progresso tecnico indiscriminato, il sui esito, a suo vedere, era la guerra in corso, per la quale l’industria bellica svizzera produceva indisturbata. L’artista è stato riconosciuto fin dagli esordi come “magistrale interprete del nostro mondo, il mondo dei forti contrasti”. Ed è stato soprattutto il contrasto tra la luminosità delle sale da ballo e il buio capannone industriale a caratterizzare la percezione della sua opera artistica. Affermando di se stesso: 'Seta e macchine, questo è Tuggener', si collocava tra i due estremi”.