P420 inaugura il nuovo spazio a Bologna in Via Azzo Gardino 9 con due mostre curate da Cecilia Canziani e Davide Ferri.
Un insieme è una qualunque collezione di oggetti della nostra intuizione o del nostro pensiero. Gli oggetti, detti elementi dell’insieme, devono essere distinguibili e ben determinati. - G. Cantor, Teoria ingenua degli insiemi
Il modello di insieme sviluppato dal matematico tedesco Georg Cantor (1845 – 1918) elaborato alla fine del XIX secolo e fondamentale per lo sviluppo della matematica moderna, è una teoria che si basa sul concetto di appartenenza: un insieme è a tutti gli effetti una collezione di elementi distinti, con la particolarità che gli elementi dell’insieme possono essere, a loro volta, insiemi. E’ una teoria non riconducibile a concetti definiti, ma intuitiva e aperta al paradosso e alla contraddizione.
Teoria ingenua degli insiemi è un titolo per due mostre: un progetto espositivo di Paolo Icaro le cui opere sono state scelte per attivare un dialogo con una mostra che include lavori di Bettina Buck, Marie Lund e David Schutter.
Le due mostre si trovano a condividere lo stesso spazio, e una accanto all’altra, o, letteralmente, una dentro l’altra, possono dialogare per contrasti, o temporanee assonanze, portando alla luce richiami tra poetiche di artisti che appartengono a geografie e genealogie diverse. Somiglianze non sensibili che indicano preoccupazioni comuni restituite in forme differenti.
Teoria ingenua degli insiemi è dunque un’indagine sul lavoro di Paolo Icaro (Torino, 1936) condotta su un arco temporale molto ampio e declinata attorno all’opera Cardo e decumano (2010) che idealmente ri-orienta lo spazio espositivo e ne ripartisce i confini. Attorno a questa ossatura composta di due linee tratteggiate ortogonali, formate da variazioni numeriche di elementi modulari in ferro, si articola una progressione di opere non cronologica, con lavori appartenenti a periodi differenti. Così i Lunatici (1989) sono un campionario di azioni della mano su una porzione di materia data; Lassù: per un blu K (1990) è un lavoro in cui la misura del fare si distende fino a incontrare l’infinito in un punto; Esplosa (1990) è una scultura che disegna lo spazio, che “fa spazio”, anziché occuparlo; Numericals 1 - 10 (1978), in cui un danzatore interpreta liberamente una progressione numerica, è una performance in cui il corpo diventa materia scultorea.
Le opere di Icaro in mostra indicano dunque un vocabolario - gravità, levità, reciprocità, eccedenza, limite, gesto, provvisorietà, corpo, rischio - attorno al quale si dispiega per rimandi e ricorrenze un’altra mostra con lavori di Bettina Buck (Colonia, 1974), Marie Lund (Copenhagen, 1976) e David Schutter (Pennsylvania, 1974 ): un dialogo tra opere le cui traiettorie si incontrano e formano una costellazione di idee, rimandi, suggestioni.
Così in Teoria ingenua degli insiemi Bettina Buck esplora la scultura come uno stato di momentanea stasi tra germinazione e collasso, come forma che si offre solo provvisoriamente, come tempo, processo, energia trattenuta e che trova nel corpo – nella sua presenza o evocazione - la sua metafora più precisa, o ancora come spazio appropriato, come nell’intervento realizzato in situ in cui una linea appena percettibile inscrive la zona di passaggio tra le due stanze della galleria e suggerisce la reversibilità di uno spazio da elemento architettonico a oggetto, a scultura.
Marie Lund indaga la dialettica tra pieno e vuoto che è strutturale nel linguaggio della scultura, evoca un volume e lo analizza nella sua traduzione in una superficie nella serie di opere a parete Stills, tende dilavate dal tempo, scucite e intelaiate su cornice; restituisce il corpo come negativo in Attitudes, indaga il confine tra cancellazione e riscrittura, appropriazione e autorialità in The Very White Marbles. Il lavoro di David Shutter è il risultato di un lungo impegno visivo sulla pittura che vive come strabiliante fonte della percezione.
Affascinato dalla pittura pre-moderna, fonte d’ispirazione del suo lavoro, Shutter cerca nelle sue performance pittoriche di riportare al presente quegli stessi effetti della superficie, le pennallate e la luce all’interno del quadro. Il grigio dei suoi dipinti a olio è solo apparentemente un monocromo, risultato com’è della sovrapposizione lenta, meditata e attenta di strati successivi di colore, pennellate e gesti di diverso spessore e densità, che viene restituita dalla superficie vibrante e ricchissima delle sue tele. Teoria ingenua degli insiemi è allora una e due (o più) mostre costruite attorno a idee e intuizioni che si richiamano e che ritornano declinate in modi e forme differenti; punteggiature nello spazio espositivo, sentieri che si incontrano in più punti, linee (narrative) che si sostengono l’una con l’altra: gli insiemi a cui il titolo fa riferimento.