Sembra esserci un legame radicato fra la mortalità e la tua produzione artistica. Puoi spiegarci il fil rouge che le collega?
Se è vero che la pittura è cosa mentale, nondimeno la pittura è cosa mortale. La vulnerabilità infetta tutto quello che tocco dal momento che conto le ore che passano sulle forme che vado facendo. E nel farlo nutro il corpo della pittura giorno per giorno prima di violarlo, poiché m’interessa mostrare quanto sia difficile creare senza mutilare, dare forma senza perderla, cercare vita senza ucciderla.
Consideri i canoni di estetica classica e contemporanea come un impedimento al tuo proprio concetto della stessa oppure il tuo continuo massacrare la vanità è il tuo modo sistematico di celebrare quella che tu ritieni la vera bellezza?
Alimento la vanità nelle sue forme, e la considero - anche - un’espressione di bellezza. L’estetica va messa sotto sforzo, non per abbatterla, ma per distoglierla dal senso d’inevolvibilità che la attraversa.
Quali sono la tua definizione ed il tuo approccio alla sensualità?
La pittura dopo essersi incarnata è stata disossata. Libera dall’armatura ha incontrato la sensualità. Una sensualità non di tipo rappresentativo, bensì di tipo tattile. Faccio della pittura un corpo.
Che cos’è per te il concetto di ‘copia'?
È una forma di stordimento funzionale alla ribellione.
Produci spesso per collettive. Qual è la tua relazione con artisti tuoi contemporanei, chi consideri come la tua antitesi in questo particolare momento? Chi, invece, consideri tuo affine, elettivamente parlando?
Sento distante molta accademia del contemporaneo, fatta di forme fragili, allestimenti furbi, finto impegno sociale ed erosione dell’identità. Preferisco gli artisti impossibili, i domatori di pennelli, tutti coloro che non possono essere detti con facilità una seconda volta.
Perchè proprio L'Âge Mûr di Camille Claudel? Nella sua opera la donna è tesa verso l’uomo che ama, si pensa, esprimendo un dolore pieno: deve ancora soffrire una donna per magnificarsi nell’amore, oggi?
Con L'Âge Mûr Camille è diventata ventriloquo profetico dei miei giorni. E credo che la pulsione che apre da dentro quell’opera sia il calco di una forma d’amore senza tempo.
Consideri la tua produzione immortale dal momento in cui la hai concepita, pensata e realizzata, o hai bisogno di adattarti alla tua stessa produzione?
Sono certo che mi sopravviverà, tuttavia non la considero immortale.
Che tipo di relazione hai con la tua produzione passata?
Cerco di dimenticarla.
Vedi già oggi un nuovo modo di concepire la tua Arte nel futuro? Se si, quale.
In futuro non ci sarà più il marchio del passato che grava oggi sulla percezione del mio lavoro. Ringiovanirò.
Qual è la tua idea di te stesso, come artista, qual è l’obiettivo che stai cercando di ottenere.
Cerco di non farmene nessuna ed evito di ascoltare quella che gli altri si fanno di me. Ho letto da bambino un breve testo contenuto in un’antologia scolastica che s’intitolava così: “Anche gli artisti fanno miracoli”. Da allora ho cercato di fare di un’immagine un’apparizione, ma ho sempre fallito fermandomi a qualcosa di difficile, non di inspiegabile. Ecco, aspetto qualcosa che non ammetta facili spiegazioni, qualcosa che mi superi per sempre.
Cosa significherà l’Arte fra 100 anni da ora, secondo il tuo punto di vista.
Rinasceranno idoli ai quali sarà affidato un corpo attraverso le mani degli artisti.