Presso il complesso culturale BUAP in Messico, è possibile visionare, fino al 23 febbraio, la personale dell’artista cubano Carlos Luna Tra osmosi e fusione.
La Benemérita Universidad Autónoma de Puebla è stata fondata 446 anni fa e ha inaugurato il suo nuovo campus, il Complesso Culturale BUAP, quindici anni fa. Per commemorare il quindicesimo anniversario del Complesso Culturale, il rettore dell'università, María Lilia Cedillo, ha deciso di organizzare una mostra internazionale, testimoniando l’importanza di un valido progetto e di un impegno enorme da parte dell’artista Carlos Luna e del curatore Octavio Zaya, che ha accettato questa sfida e selezionato più di quarantacinque pezzi dell’artista, provenienti da collezionisti di tutto il mondo.
“Ho sperimentato un processo di osmosi culturale da quando sono nato a Cuba”- ha dichiarato l’artista durante l’inaugurazione della mostra, aggiungendo che: “anche il Messico, dove ho vissuto per tredici anni, è diventato un luogo in cui questo processo si è svolto; da adolescente a Cuba, ho dichiarato che il mio lavoro e io siamo lo spazio in cui molti riferimenti apparentemente disparati si incontrano e coesistono in armonia, diversi sia nelle loro origini che nelle loro intenzioni”.
Nato a Cuba sotto una dittatura comunista, Carlos è riuscito ad emigrare in Messico e successivamente si è trasferito negli Stati Uniti, a Miami, dove attualmente vive con la sua famiglia. La sfortuna di vivere sotto un regime repressivo ha contribuito a consolidare le sue idee di libertà e indipendenza, tanto è vero che prima di lasciare Cuba, ha viaggiato per tutto il paese, immergendosi negli elementi che credeva potessero ridefinire la sua identità di cubano, riconoscendo poi nel Messico la sua patria prescelta.
“Per la prima volta, mi sono sentito un uomo libero, padrone del mio destino, capitano della mia nave”,- ha dichiarato l’artista, - “in Messico, ho sposato una donna straordinaria con cui ho condiviso oltre trent'anni di sogni, progetti di vita e una famiglia. Il Messico mi ha anche offerto una ricchezza di riferimenti visivi che hanno arricchito profondamente il mio linguaggio artistico”.
Il suo processo pittorico in mostra è un viaggio lento e stratificato che richiede pazienza e rispetto. È, in sostanza, una forma di meditazione, un dialogo introspettivo con sé stesso, indipendentemente dai materiali che usa o dai dettagli specifici dell'opera.
In tutto il percorso espositivo, l’artista ha un modo di percepire e affrontare le sue preoccupazioni estetiche che invita l'osservatore a impegnarsi con una comprensione visiva delle identità messicane, cubane o americane.
I suoi simboli sono universali: uomo, donna, animali, vegetazione con i loro tratti unici, amore, gioia, tristezza e questioni di politica o religione. Attraverso il suo lavoro, Carlos esplora le preoccupazioni dell'individuo e del suo ambiente, indipendentemente dalle loro pratiche o credenze religiose, utilizza l’arte come spazio di guarigione, tolleranza e introspezione, non legandola o confinandola ad un paese, dichiarando che “le grandi opere d'arte, indipendentemente da quando siano state create, trascendono il contesto che le ha generate; ci offrono la possibilità di conoscere noi stessi come esseri umani, concedendoci uno spazio in cui tutti ci riconosciamo e coesistiamo gli uni con gli altri. Parlano agli aspetti più elevati della nostra condizione umana. L'arte è tutto per me. Ci ricorda che c'è qualcosa di divino nella nostra specie”.