Il maestro delle ricette è nel laboratorio che pastrocchia con i colori e con il vino, dietro una stesa di pelli lavorate più o meno, modellini, borse da migliaia di euro appese ai ganci di macelleria. Stufa accesa, fuoco alto, legno bianco e pietra viva dovunque. Tutto attorno la campagna desolata invernale Toscana, la più triste da vivere - una missione solo per autoctoni. La società che possiede i marchi Cecchi de’ Rossi® e BeWow® si chiama Pel Y Vino, pelle e vino, perchè queste due “cose” sono la base di tutte le creazioni di Tommaso Cecchi de’ Rossi, giovane talento e firma di punta del White di Milano appena trascorso.
“Mi hanno invitato a New York, ma non ce la faccio. Devo finire questa borsa. Il primo modellino non è venuto bene, ora sono all’ottavo. Andiamo avanti finchè non è esattamente come l’ho immaginata”. Andiamo significa lui e i suoi artigiani, i suoi designer, il tagliatore di pelle, la modellista e lui stesso, sotto forma di Maestro del Colore. Solo pigmento estratto dal vino con una tecnica registrata all’ufficio brevetti e segreta come un ricordo scabroso. Le tonalità sono toscane, quindi: vinaccia, brown, light brown, indaco, grey, dirty grey, green. Niente pastelli, niente nero - “Odio il nero, mi fa schifo”. Sono vestita al solito completamente di nero, ma non credo che se ne sia accorto. Lo spero, almeno.
Cecchi de’ Rossi è rintanato nel laboratorio-atelier oggi, l’atmosfera è vibrante e vola qualche urlo - c’è la lista di attesa di quasi un anno e mezzo per un modello personalizzato, parliamo di circa 2000 euro per la borsa plissettata verde marcio che mi ha colpito al cuore appena sono entrata, ma c’è sempre qualcuno che vuole saltare la fila. Tommaso Cecchi de’Rossi urla al telefono che la lista è la lista, che conta l’ordine cronologico e non me me ne frega un ** se lei ne ha bisogno prima, ho detto Aprile ed è Aprile. Chiedo chi è e non mi risponde nemmeno. Si dissipano via come gocciole d’olio nell’acqua le varie assistenti più l’organizzatrice di un evento di arte contemporanea cui Cecchi de’Rossi parteciperà con una installazione interattiva, scappano, e io rimango a intervistarlo finalmente - me l’aveva promesso a Dicembre, per Wall Street International Magazine. Non parleremo di borse, oggi, ma di modelli di business ecosostenibili e di come questa nuova leva di imprenditori voglia cambiare il mondo, un prodotto di lusso alla volta.
Cos’è il lusso?
Qualcosa che parla di te, a te, in modo irripetibile. Qualcosa di unico. Qualcosa che dura nel tempo. Un’esperienza più di un viaggio, un ricordo più che un’assonometria. Una borsa che diventa rifugio e vestito, una pochette con garanzia di qualità a vita, un paio di scarpe che diventano piatte o alte a seconda delle esigenze. Lusso è evoluzione, adattamento.
Si sente più artigiano o designer?
E’ la stessa cosa. Sono un artigiano, un colorista che vede borse nella sua mente e prova a rifarle così come se le immagina. Non sono un designer tradizionale, nel senso che non ho studiato per diventarlo, ma è stato un richiamo irresistibile: dovevo tagliare quella pelle in quel modo, la prima volta, dovevo colorarla così, dovevo piegarla, dovevo portarla a quella forma.
Pensa a qualcuno in particolare, quando crea una borsa?
Strano che me lo chieda. Ma sì. Ho una donna ideale, dentro di me, composta da frammenti di donne che ho incontrato e che mi hanno contaminato con la loro femminilità, con la loro modernità. “Lei” è una figura che si è evoluta tantissimo da quando ho iniziato tre anni fa a lavorare i miei primi prodotti. E’ madre, amante, stacanovista, lieve eppure quadrata. Sa cosa vuole, espone il fianco ad ogni possibile avversità e la attraversa con grande femminilità. E’ la donna del presente e del futuro. Penso anche a me, come uomo: cosa desidero, da una borsa di viaggio?
Da dove è arrivata l’ispirazione per lavorare con il colore di vino?
La mia famiglia lavora la terra e il vino da generazioni. Ho avuto accesso a ogni possibile fase della lavorazione della vigna fin da piccino. Ho semplicemente scoperto come utilizzarlo. Lo stesso con il caucciù e molti altri materiali che, accostati ad tessuti e pelli di pregio - come il coccodrillo, ad esempio - danno risultati impensabili.
Dove produce il colore?
Di là, di notte. Non permetto a nessuno di stare nei paraggi mentre lo faccio: la minima distrazione può farmi compromettere la gradazione e perdere il lavoro di laboratorio e ricerca di mesi. Non perdiamo nemmeno un grammo di materiale, produciamo tutto qui nella casa di campagna, che è anche laboratorio e atelier. Ci nutriamo di quello che tiriamo su nell’orto, beviamo vino squisito: siamo in Toscana, la terra ci parla. Basta ascoltarla.
Vuole cambiare il mondo?
No, anzi, no, assolutamente no. Voglio solo sapere che la mia produzione non costa dolore a qualcunaltro. Penso alla nostra produzione come una catena umana di professionalità e di intenti, un progetto comune dove la cerniera non è meno importante del taglio di pelle o dell’entusiasmo della modellista.
E’ un modello economico che funziona?
Se per lei “funziona” significa che ho uno yacht parcheggiato a Montecarlo che affitto quando non ci sono sopra, no, mi dispiace deluderla: non è umanamente possibile raggiungere quello stadio senza che qualcunaltro ne soffra. Non esiste iPad come successo di massa senza la fabbrica cinese con turni di diciotto ore a cento dollari al mese. Se invece “funziona” significa che ho un prodotto che la gente litiga per avere e questo prodotto permette a tutti noi di godere della nostra creatività sotto forma di lavoro retribuito, beh, allora funziona molto bene. Non mi interessa una massa critica superiore a duemila oggetti l’anno. E’ proprio lontana da me.
Qual è la sua ricetta per la crisi?
Benedetta sia la crisi, che si porta via gli improvvisatori, quelli senza cuore e senza un sogno, quelli che brandiscono un business plan e vanno a colmare un vuoto di bisogno: queste sono creature da business school, bisogna che la buona fattura e il sogno si riprendano il loro posto. Per gli altri: fate figli da mantenere. Tutto andrà per il verso giusto. Ne voglio almeno quattro, mia moglie è splendida e giovane (è una modella e, come lui, è semplicemente da togliere il fiato), i figli ci vengono abbastanza bene - ridacchia.
Qual è la sua creazione più amata?
Mia figlia Margherita. E tutta, ma proprio tutta la linea che porto a Parigi i primi di Marzo. Ora mi scusi, siamo sotto fiera e campionario, sono quattro giorni che non vado a letto.
Tommaso Cecchi de’ Rossi, giovane imprenditore dell’anno, talento (Six Talents for White) al White di Milano, sponsorizzatore di eventi musicali underground, creatore di borse in esclusiva per il Museo di Arte Contemporanea di Tel Aviv, si prepara alla Fiera della Moda di Parigi.