Il maestro Stefano Reolon in mostra a Padova ci dimostra l’esistenza degli angeli.
E’ un artista antico, Stefano Reolon che realizza le sue opere utilizzando le antiche tecniche pittoriche dei maestri del colore rinascimentali, con un occhio, però, verso la contemporaneità che gli consente di innovare il segno con accorgimenti assolutamente moderni. E’ un dialogo costante avviato con le entità angeliche quello che Reolon porta nella sua mostra dal titolo emblematico: “L’esistenza degli angeli”, che sarà inaugurata dal maestro padovano proprio nella sua città, a Padova, nello Spazio Biosfera il 14 marzo alle 18.30. La mostra, a cura di Barbara Codogno, vede l’esposizione di oltre una quarantina di disegni, alcuni di grandissime dimensioni.
La scelta autoriale ha un’origine precisa, in quanto il disegno fu stabilito come “il più vicino al pensiero”. Questa valutazione nasce in seguito alla diatriba rinascimentale, quando si disputò su quale arte fosse la più grande per "rendere visibile l’;essenza universale delle cose”. Questa è la rotta che, grazie al disegno, Reolon rivolge verso… l’invisibile.
La sua è una pittura che rende sempre omaggio alla pittura, in un rimando colto di citazioni e tributi. In un monumentale disegno a sanguigna, a esempio, si scorge una citazione alle tre figure che compongono la “Primavera” di Botticelli. L’impianto pittorico dell’esposizione si regge su due pilastri: la totemicità di Michelangelo e la velocità del segno di Rubens, da sempre maestri “custodi” dell’artista. Unitamente a quella ridondanza barocca che ne sigilla la cifra stilistica.
In questa nuova esposizione il segno è lasciato vivere, scorre fluido sulla carta e si impagina alla contemporaneità grazie ai materiali scelti, alla velocità e alla simultaneità delle azioni ritratte, a partire dalla centralità gestuale della mano. Una mano ripetuta, studiata, che compare in più passaggi a siglare sia l’importante movimento scenico che a rafforzare il significato -quasi un testamento spirituale- che Reolon attribuisce all’esistenza degli angeli.
(Barbara Codogno, la curatrice)
In una carta gigante, abbiamo ad esempio tre Arcangeli che giocano tra loro, si sistemano i capelli, si intrecciano nei gesti e si allacciano nei corpi: “Formano una catena – spiega l’artista – si passano il bene, si scambiano l’intelligenza. Ci mostrano come dobbiamo aver cura di noi stessi, degli animali, della natura. Ho usato carte di grandi dimensioni perché volevo che al pubblico arrivasse l’idea totemica del bene”.
Un’altra carta monumentale vede lo studio su grafite di un angelo musicante: “In questo disegno l’angelo però è senza lo strumento. Ho tolto la chitarra dalla scena perché quello che suonano gli angeli non è qualcosa di fisico, non è legato alla materialità dello strumento, piuttosto è una musica che è armonia del creato; le corde pizzicate riproducono l’energia del cosmo: volevo rendere l’idea di un bene che viene verso noi, che ci avvolge e ci circonda, sempre”.
“L’angelo musicante -ricorda la curatrice- è l’unico studio che Reolon realizza su tela lavorata con colla di farina e gesso. Tutta la nuova produzione è costruita con materiale economico e semplice, dalla colla di farina a elementi organici, dai pigmenti naturali ai gessetti”.
“Mi piacciono le carte recuperate – spiega l’autore- perché disegno riciclando il materiale e anche gli studi di anatomia. Quando disegno non seguo alcuno schema. Non vado a riprodurre uno studio perché secondo me si blocca la creatività, si diventa un mero ingranditore del proprio bozzetto preparatorio. Mentre quando vado a lavorarci sopra appaiono sottotraccia altri pensieri. In questo caso, gli studi di anatomia, le lezioni agli studenti, assieme ai materiali già usati mi vengono in aiuto. Ci sono due piani che si sovrappongono: la leggerezza del tratto che disegna l’etereo e l’impalpabile della matrice angelica attua una fusione con il disegno anatomico e corporeo. Una fusione che mi ricorda che anche l’uomo è bene, come gli angeli: lo è fin dalla sua ossatura”.
I materiali usati sono carta da pacchi, carta da spolvero, carta da imballaggio usata e poi recuperata. Un materiale povero che l’artista vuole rendere prezioso. I disegni vengono successivamente incollati, grazie a una colla speciale, su tela sintetica. Questo procedimento dà leggerezza ma anche stabilità all’opera che può quindi anche essere intelaiata.
Una modalità contemporanea (la tecnica di incollaggio è stata realizzata con l’aiuto di un esperto, l’artista Tiziano Saon) che strizza ancora una volta l’occhiolino alla storia dell’arte: “Ricordo che a Palazzo Fortuny di Venezia – spiega l’artista - tutte le decorazioni sono state realizzate su carta e poi incollate su tela. Mi piace questo aggancio alla storia dell’arte, il mio obiettivo è recuperare processi preziosi perché mi danno la possibilità di garantire stabilità tecnica”.
Per quanto riguarda il disegno, l’artista sottolinea il suo legame con il segno di Rubens: “Il mio amore per Rubens in queste opere esce attraverso la simultaneità: le mani che si doppiano, sempre in movimento. La presenza di più mani nei soggetti è un elemento nuovo nel mio lavoro. Sentivo bloccante l’idea del disegno tradizionale. In un disegno c’è un angelo che ha una fascia tra i capelli: questo invece è un omaggio a uno studio di Rubens che ritrae un lavorante. Per me anche gli angeli sono lavoranti. Gli angeli possono fare tutto, simultaneamente: sono ovunque; hanno cento mani per soccorrerci”. “L’esistenza degli angeli”, la nuova personale del maestro padovano Stefano Reolon, sarà inaugurata a Padova nello Spazio Biosfera il 14 marzo alle 18.30 con ingresso libero. La mostra, a cura di Barbara Codogno, vede l’esposizione di oltre una quarantina di disegni, alcuni di grandissime dimensioni.
La scelta autoriale ha un’origine precisa, in quanto il disegno fu stabilito come “il più vicino al pensiero”. Questa valutazione nasce in seguito alla diatriba rinascimentale, quando si disputò su quale arte fosse la più grande “rendere visibile l’essenza universale delle cose”. Questa è la rotta che, grazie al disegno, Reolon rivolge verso… l’invisibile.
La sua è una pittura che rende sempre omaggio alla pittura, in un rimando colto di citazioni e tributi. In un monumentale disegno a sanguigna, a esempio, si scorge una citazione alle tre figure che compongono la “Primavera” di Botticelli. L’impianto pittorico dell’esposizione si regge su due pilastri: la totemicità di Michelangelo e la velocità del segno di Rubens, da sempre maestri “custodi” dell’artista. Unitamente a quella ridondanza barocca che ne sigilla la cifra stilistica.
“In questa nuova esposizione – spiega la curatrice - il segno è lasciato vivere, scorre fluido sulla carta e si impagina alla contemporaneità grazie ai materiali scelti, alla velocità e alla simultaneità delle azioni ritratte, a partire dalla centralità gestuale della mano. Una mano ripetuta, studiata, che compare in più passaggi a siglare sia l’importante movimento scenico che a rafforzare il significato -quasi un testamento spirituale- che Reolon attribuisce all’esistenza degli angeli”.
In una carta gigante, abbiamo ad esempio tre Arcangeli che giocano tra loro, si sistemano i capelli, si intrecciano nei gesti e si allacciano nei corpi: “Formano una catena – spiega l’artista – si passano il bene, si scambiano l’intelligenza. Ci mostrano come dobbiamo aver cura di noi stessi, degli animali, della natura. Ho usato carte di grandi dimensioni perché volevo che al pubblico arrivasse l’idea totemica del bene”.
Un’altra carta monumentale vede lo studio su grafite di un angelo musicante: “In questo disegno l’angelo però è senza lo strumento. Ho tolto la chitarra dalla scena perché quello che suonano gli angeli non è qualcosa di fisico, non è legato alla materialità dello strumento, piuttosto è una musica che è armonia del creato; le corde pizzicate riproducono l’energia del cosmo: volevo rendere l’idea di un bene che viene verso noi, che ci avvolge e ci circonda, sempre”.
“L’angelo musicante -ricorda la curatrice- è l’unico studio che Reolon realizza su tela lavorata con colla di farina e gesso. Tutta la nuova produzione è costruita con materiale economico e semplice, dalla colla di farina a elementi organici, dai pigmenti naturali ai gessetti”.
“Mi piacciono le carte recuperate – spiega l’autore- perché disegno riciclando il materiale e anche gli studi di anatomia. Quando disegno non seguo alcuno schema. Non vado a riprodurre uno studio perché secondo me si blocca la creatività, si diventa un mero ingranditore del proprio bozzetto preparatorio. Mentre quando vado a lavorarci sopra appaiono sottotraccia altri pensieri. In questo caso, gli studi di anatomia, le lezioni agli studenti, assieme ai materiali già usati mi vengono in aiuto. Ci sono due piani che si sovrappongono: la leggerezza del tratto che disegna l’etereo e l’impalpabile della matrice angelica attua una fusione con il disegno anatomico e corporeo. Una fusione che mi ricorda che anche l’uomo è bene, come gli angeli: lo è fin dalla sua ossatura”.
I materiali usati sono carta da pacchi, carta da spolvero, carta da imballaggio usata e poi recuperata. Un materiale povero che l’artista vuole rendere prezioso. I disegni vengono successivamente incollati, grazie a una colla speciale, su tela sintetica. Questo procedimento dà leggerezza ma anche stabilità all’opera che può quindi anche essere intelaiata.
Una modalità contemporanea (la tecnica di incollaggio è stata realizzata con l’aiuto di un esperto, l’artista Tiziano Saon) che strizza ancora una volta l’occhiolino alla storia dell’arte: “Ricordo che a Palazzo Fortuny di Venezia – spiega l’artista - tutte le decorazioni sono state realizzate su carta e poi incollate su tela. Mi piace questo aggancio alla storia dell’arte, il mio obiettivo è recuperare processi preziosi perché mi danno la possibilità di garantire stabilità tecnica”.
Per quanto riguarda il disegno, l’artista sottolinea il suo legame con il segno di Rubens: “Il mio amore per Rubens in queste opere esce attraverso la simultaneità: le mani che si doppiano, sempre in movimento. La presenza di più mani nei soggetti è un elemento nuovo nel mio lavoro. Sentivo bloccante l’idea del disegno tradizionale. In un disegno c’è un angelo che ha una fascia tra i capelli: questo invece è un omaggio a uno studio di Rubens che ritrae un lavorante. Per me anche gli angeli sono lavoranti.
“L’angelo musicante -ricorda la curatrice- è l’unico studio che Reolon realizza su tela lavorata con colla di farina e gesso. Tutta la nuova produzione è costruita con materiale economico e semplice, dalla colla di farina a elementi organici, dai pigmenti naturali ai gessetti”.
“Mi piacciono le carte recuperate – spiega l’autore- perché disegno riciclando il materiale e anche gli studi di anatomia. Quando disegno non seguo alcuno schema. Non vado a riprodurre uno studio perché secondo me si blocca la creatività, si diventa un mero ingranditore del proprio bozzetto preparatorio. Mentre quando vado a lavorarci sopra appaiono sottotraccia altri pensieri. In questo caso, gli studi di anatomia, le lezioni agli studenti, assieme ai materiali già usati mi vengono in aiuto. Ci sono due piani che si sovrappongono: la leggerezza del tratto che disegna l’etereo e l’impalpabile della matrice angelica attua una fusione con il disegno anatomico e corporeo. Una fusione che mi ricorda che anche l’uomo è bene, come gli angeli: lo è fin dalla sua ossatura”.
I materiali usati sono carta da pacchi, carta da spolvero, carta da imballaggio usata e poi recuperata. Un materiale povero che l’artista vuole rendere prezioso. I disegni vengono successivamente incollati, grazie a una colla speciale, su tela sintetica. Questo procedimento dà leggerezza ma anche stabilità all’opera che può quindi anche essere intelaiata.
Una modalità contemporanea (la tecnica di incollaggio è stata realizzata con l’aiuto di un esperto, l’artista Tiziano Saon) che strizza ancora una volta l’occhiolino alla storia dell’arte: “Ricordo che a Palazzo Fortuny di Venezia – spiega l’artista - tutte le decorazioni sono state realizzate su carta e poi incollate su tela. Mi piace questo aggancio alla storia dell’arte, il mio obiettivo è recuperare processi preziosi perché mi danno la possibilità di garantire stabilità tecnica”.
Per quanto riguarda il disegno, l’artista sottolinea il suo legame con il segno di Rubens: “Il mio amore per Rubens in queste opere esce attraverso la simultaneità: le mani che si doppiano, sempre in movimento. La presenza di più mani nei soggetti è un elemento nuovo nel mio lavoro. Sentivo bloccante l’idea del disegno tradizionale. In un disegno c’è un angelo che ha una fascia tra i capelli: questo invece è un omaggio a uno studio di Rubens che ritrae un lavorante. Per me anche gli angeli sono lavoranti. Gli angeli possono fare tutto, simultaneamente: sono ovunque; hanno cento mani per soccorrerci”.