William Kentridge (Johannesburg,1955) torna a Palermo con la nuova installazione sonora e proiezione You Whom I Could Not Save, che dà il titolo alla personale dell'artista sudafricano, dal 8 ottobre 2023 al 12 gennaio 2024 a Palazzo Branciforte. La mostra nasce da un progetto appositamente creato per Palermo, a cura delle storiche dell’arte Giulia Ingarao e Alessandra Buccheri, ideato da Antonio Leone, direttore artistico di ruber.contemporanea e sostenuto da Fondazione Sicilia, con il coordinamento di Sicily Art and Culture.
Whom I Could Not Save, ospitata nel cuore delle architetture di evocazione piranesiana del Monte dei Pegni di Santa Rosalia di Palazzo Branciforte, propone un intreccio sonoro di testi appartenenti al gruppo di lingua Nguni, trasmessi da otto megafoni con le musiche composte da Nhlanhla Mahlangu e dirette da Tlale Makhene, a cui si affianca l’opera video Sibyl, che Kentridge realizzata nel 2020. La Sibiilla di Kentridge che rievoca la sacerdotessa citata anche da Dante Dante nel canto XXXIII del Paradiso (“Così la neve al sol si disigilla; così al vento ne le foglie levi, si perdea la sentenza di Sibilla”), è una danzatrice africana che, accompagnata dalle composizioni vocali del musicista e coreografo Nhlanhla Mahlangu, si muove su uno sfondo di antiche edizioni di libri, tra cui la Divina Commedia. La sequenza di disegni a inchiostro e a carboncino si anima nelle pagine sfogliate, in cui alberi, foglie, oggetti animati, figure e forme geometriche colorate si rimescolano e si disperdono, prendendo ispirazione dal movimento e dalla rotazione delle opere di Calder, rievocando quell’andamento imprevedibile dei vaticini, che, disperdendosi e ruotando al vento dell’antro di Cuma, confondevano i destini, diventando simbolo d’incertezza per l’uomo e per la sua sorte.
L’interrogativo sul futuro, sulla necessità di sperare resta costante e la risposta sembra trovare senso nella magia di immagini e suoni che l’autore compone con una costruzione straordinaria di figure e parole. L’ampia retrospettiva esposta nelle sale di Palazzo Branciforte, un’imponente dimora cinquecentesca palermitana, ripristinata dall'architetto Gae Aulenti, presenta anche sculture in bronzo e in bronzo dipinto, una sequenza di arazzi e sedici disegni inediti realizzati utilizzando come supporto le pagine di un antico libro contabile siciliano datato 1828, in cui danzano figure tracciate a carboncino. Sagome ibride e collage di forme geometriche, puntellate da volti ricorrenti nel lavoro dell’artista, sono i protagonisti dell’incedere in un mondo dove, come recita la frase di Majakovskij che appare in You Whom I Could Not Save, “la sfortuna scorre come da un corso d’acqua”...“Il punto di partenza della mostra di Palermo - spiega Kentridge - era l'idea di un'opera sonora e di una proiezione con un coro di sette voci, in modo da potersi muovere e sentirle nelle stanze tra echi e frammenti che conducono verso la sala finale.
Architettura ed echi del Monte Santa Rosalia che sembrano adattarsi al tema della barca, in quanto molti dei vestiti che finivano al Monte dei Pegni erano lì perché le persone potessero viaggiare dalla Sicilia agli Stati Uniti”. Fin dagli anni ’70, William Kentridge sviluppa una tecnica che ha radici nel teatro d’avanguardia e in forme artistiche politicamente impegnate del primo ‘900, in cui trasforma rilevanti eventi politici in potenti e poetiche allegorie. Una linea del modernismo che rimane legato al figurativo come modo di riflettere il mondo. “Un’arte politica, ovvero un’arte fatta di ambiguità, contraddizione, gesti incompleti e finali incerti: un’arte (e una politica) in cui l’ottimismo è tenuto sotto controllo e il nichilismo lo si tiene alla larga”.
Artista versatile, adotta molteplici linguaggi espressivi, dal disegno ai film d’animazione, dalla scultura alla scenografia teatrale, sviluppando un percorso artistico fortemente connesso ai temi delle ingiustizie sociali, dell’ipocrisia borghese, del colonialismo, dell’apartheid in Sudafrica( in cui l'artista cresce) insieme alle contraddizioni della società all’epoca della globalizzazione digitale, accompagnati da sfumature oniriche, liriche o pezzi ironici. Da oltre trent'anni, nei suoi lavori, dominati dal bianco e nero e a carboncino (caratteristica costante della sua produzione artistica) Kentridge attraverso un’ossessiva cancellazione e ricostruzione di un cosmo fatto di ombre, ammonimenti, metamorfosi, fraintendimenti continui ( metafora della complessità del contesto geo-politico in cui vive), propone una visione puntuale e in costante mutamento del mondo contemporaneo.