È l’unica tappa italiana di una mostra internazionale che dopo Seoul, Pechino, Auckland, Melbourne e Marsiglia approda in Italia ai Musei di san Domenico a Forlì, dal 17 settembre all’8 gennaio 2023, arricchita da un originale focus che completa l’analisi sul mondo di oggi.
L’esposizione dal titolo Civilization: Vivere, Sopravvivere, Buon Vivere, a cura di William A.Ewing e Holly Roussell con Justine Chapalay e la collaborazione di Walter Guadagnini, Monica Fantini e Fabio Lazzari per l’edizione italiana, focalizza le tematiche del presente e del futuro attraverso la visione di 300 immagini di oltre 130 fotografi da cinque paesi del mondo.
“Andando in giro per il mondo con questo progetto abbiamo capito che il termine Civilization viene tradotto non solo con parole ma con concetti diversi a secondo del paese in cui ci troviamo e non c’è un accordo generale sulla sua traduzione e in alcuni casi neppure sulla civilizzazione ", spiega William A.Ewing e precisa “In Germania, per fare un esempio, la parola è completamente separata dal significato cultura e per civilizzazione e antropizzazione si intendono i porti, gli aeroporti, ambienti cittadini e urbani mentre per cultura si intendono romanzi, saggi e film, tutto ciò che è più strettamente collegato alla produzione culturale. È una parola che molto spesso viene percepita come scomoda ma in realtà sia gli storici che gli antropologi non la utilizzano con questo senso di separazione tra noi e loro. La utilizzano nel suo senso più alto, più elevato, più sofisticato di descrizione di tutto ciò che a che fare con l’essere umano. Sicuramente i fotografi che abbiamo selezionato per questa mostra non si limitano a guardare il proprio spazio ma conoscono molto bene la storia che li ha preceduti, partono da lì per andare oltre, si fanno ispirare dai lavori di grandi artisti che li hanno preceduti e portano il loro lavoro verso una prospettiva ulteriore”.
Holly Roussell, la co-curatrice, illustra le otto sezioni della mostra. È svizzera americana, curatrice indipendente, storica dell’arte fotografica e dell’arte contemporanea asiatica di cui è una delle massime esperte. È anche co-fondatrice del progetto Asia Photography, ha collaborato con i grandi musei del mondo ed è stata nominata da poco da Paris Photo, commissaria per la selezione degli artisti emergenti dell’aria asiatica e non solo.
Il tema si concentra sulla civilizzazione ma come si è svolto il processo selettivo? “La mostra sarà strutturata in otto capitoli di un viaggio direi poetico ed è importante sottolineare che non si tratta di nulla di preconfezionato. La selezione è avvenuta spontanea man mano che facevamo insieme questo viaggio attraverso le immagini che stavamo guardando”.
Le otto sezioni e i loro titoli sono nati spontaneamente dalle osservazioni dei temi principali, dalle immagini che le fotografie rappresentavano. I diversi capitoli si declinano in Alveare, Soli e Insieme, Flusso, Persuasione, Controllo, Rottura, Fuga, E Poi.
E quali sono i fotografi che fanno parte di Civilisation? “Sono 130 artisti che provengono da tutto il mondo, artisti a diverse fasi della propria carriera professionale quindi emergenti e molto famosi con diversi tipi di sguardo, dal fotografo più concettuale al fotografo che si occupa prevalentemente di reportage giornalistici. E si è trattato di un processo che si è svolto parallelamente a un vero e proprio dibattito su come e cosa è la civilizzazione e come i fotografi l’hanno ritratta e rappresentata”, risponde Holly Roussell.
Partiamo allora dal primo capitolo con le reti urbane che danno forma alle città moderne a descrivere i complicati flussi delle attività umane in contesti in continuo cambiamento, raccontate da Robert Polidori e Pablo López Luz, o dagli edifici iconici come la Burj Khalifa Tower di Philippe Chancel e le Torres de Satélite di Olivo Barbieri. “Il primo è Hive/Alveare. Nel 1997 Tom Wolfe ha pubblicato Il Falò delle vanità, uno dei suoi romanzi più noti e ha utilizzato l’espressione alveare per fare riferimento alla vita sociale frenetica di Manhattan. Troviamo che il ronzio degli sciami di insetti, utilizzato per descrivere la vita di Manhattan, possa essere utilizzato in modo altrettanto efficace per definire la vita sociale di tantissimi luoghi nel mondo, testimonianze di aspetti e di metafore calzanti per quanto riguarda la civilizzazione moderna. Tanti autori selezionati per questo capitolo hanno scelto di lavorare in luoghi che conoscevano molto bene, magari concentrandosi su un unico spazio come un reportage intero su Hong Kong mentre altri hanno cercato di avere un punto di vista più globale; ci sono monumenti o edifici iconici o non luoghi, quei non luoghi della nostra vita quotidiana che mettono sempre in dubbio o pongono l’accento sull’individualismo o sulle relazioni tra le diverse persone”.
Alone Togheter/Soli Insieme definisce la seconda tappa del percorso espositivo. Come si sviluppa? “Soli Insieme pone l’accento sul modo in cui noi siamo costantemente soli ma insieme. Lo sviluppo tecnologico ci ha messo sempre più in relazione ma nello stesso tempo ha cambiato completamente i nostri stili di vita così come l’evoluzione tecnologica in generale. Così questa sezione pone proprio l’accento su questa distonia tra l’essere soli pur essendo costantemente connessi e insieme. I fotografi di questo capitolo documentano sia la solitudine ma soprattutto le strutture ordinate e precostituite che ci mettono in contatto gli uni con gli altri. L’attenzione si concentra sui meccanismi su cui interagiamo nelle nostre relazioni interpersonali come l’ambiente di lavoro, i contesti religiosi o la vita di famiglia”.
Flusso/Flow invece considera principalmente il fluire, la circolazione di beni, merci, idee e persone. “Probabilmente prima del Covid 19 molti di noi non si sono mai chiesti come i generi di prima necessità arrivano sugli scaffali del supermercato, non ci siamo mai interrogati su questo processo e sul perché noi possiamo accedere a certi beni e a certi servizi. Ciò che trovo più affascinante di questa sezione è il modo in cui gli artisti sono stati in grado di trasmettere e ritrarre il mondo in costante movimento e quanto questo possa essere straordinario. Hanno anche dato un’idea di come fruisce l’economia attraverso le infrastrutture elettroniche”.
In Persuasion/Persuasione troviamo le fotografie di grandi eventi collettivi, come quelle di Mark Power e Nick Hannes, o le immagini dedicate alla pubblicità di Robert Walker, Andrew Esiebo, Lauren Greenfield e Priscilla Briggs. “In questo caso si focalizza il ruolo di tutto il sistema mediatico cioè le immagini, le televisioni, i giornali, le riviste, le pubblicità e il modo in cui influenzano il nostro modo di definirci, strumenti per aiutarci a definire quello che faremo in futuro. Il potere di persuasione dei grandi brand, di Hollywood, o dei Vip, o quelli che chiamiamo adesso gli influencer sui Social Media, sono un aspetto della società moderna che attrae incredibilmente gli artisti e i fotografi perché si tratta di una infrastruttura altamente fotogenica e capiamo perché abbiano un ruolo così accattivante per chi fotografa. E sono stati in grado di ritrarre i diversi aspetti del meccanismo di persuasione. In alcuni casi hanno ritratto il messaggio, il meccanismo in sé, in altri casi hanno ritratto ciò che sta dietro la macchina della propaganda”.
Al centro della sezione Escape/Fuga troviamo le immagini di parchi dei divertimenti come quelle di Reiner Riedler o le spiagge affollate di Massimo Vitali e Zhang Xiao che prendono in esame i fenomeni del tempo libero e dei momenti ricreativi, rivelando i meccanismi, le contraddizioni e i paradossi dell’industria del divertimento. “Escape rappresenta la fuga che definisce la voglia di evasione e anche l’allontanamento dalla civilizzazione del XXI secolo in alcune situazioni. È stata creata una vera e propria industria dell’intrattenimento, della distrazione. Fenomeni quotidiani direi come gli stabilimenti balneari, l’industria televisiva, gli zoo, i parchi acquatici, le sfilate, le navi d crociera, sono tutti strumenti costruiti per dare una risposta a questa necessità di intrattenimento, di evasione e di divertimento. E si è prodotto un quadro che riflette tutto quello che ha cambiato la nostra vita pubblica e privata”.
Lynne Cohen, Philippe Chancel e Luca Zanier in Control/Controllo danno forma all’impatto delle varie tipologie di autorità e alla volontà di dare ordine e struttura al nostro sviluppo futuro. “Bill Ewing parla del corpo umano che ha bisogno di costante alimentazione al cuore per poter funzionare. Io penso a una macchina più complessa che ha bisogno di diverse parti ma ha bisogno anche di manutenzione e di riparazioni. È necessario proteggere le popolazioni, le persone nutrendole, occupandosi di loro ma tutto questo richiede controllo. Gli autori stati inclusi in questa sezione, sono riusciti a ritrarre l’ordine e il potere che sta dietro a questo meccanismo di controllo ed offrono un ritratto di questo concetto fotografando eserciti, governi, conflitti, diplomazie e propaganda ma anche ambienti di lavoro o semplicemente stazioni di polizia, carceri, tribunali, scuole, tutti spazi in cui è necessario avere ordine e controllo”.
Rupture/Rottura esamina i fenomeni di disgregazione sociale. “La penultima sezione guarda ai fallimenti della civilizzazione, agli angoli oscuri della civilizzazione e infatti vediamo tutto quello che può in qualche modo rappresentare la violazione dei diritti umani, gli ostacoli alla giustizia, l’infrangere dell’ordine naturale o anche il fallimento del mondo industriale e la morte lenta dell’industria”.
Le immagini avveniristiche di Valérie Belin, Simon Norfolk e Vincent Fournier, o ancora le fotografie di un razzo partito dalla base spaziale della Guinea francese e del più grande radiotelescopio del mondo di Michael Najjar fanno parte del capitolo finale dal titolo Next/E Poi… “L’ultima sezione dal titolo Next/ E poi pone un quesito che ci poniamo tutti. Cosa ci aspetta in futuro nel XXII secolo, cosa ci attende? E in che modo il seme di questo nuovo mondo è già presente nelle menti dei fotografi di questa sezione.
Noi abbiamo cercato di concludere il nostro viaggio attraverso i diversi capitoli della civilizzazione invitando gli spettatori a contemplare il futuro che è già presente tra noi. Molti hanno interpretato il futuro con una sorta di ossessione di come sarà il corpo umano, altri l’hanno ritratto con la totale assenza di esseri umani all’interno delle loro immagini. Tutto questo dimostra che c’è un’idea di futuro estremamente diversificata. Noi vogliamo concludere il percorso con uno sguardo positivo invitando i visitatori a fermarsi su quei pezzi di futuro che sono già tra noi e rendendosi conto che la civilizzazione del futuro deve essere per forza un impegno collettivo” conclude Holly Roussell.