Nelle scuole finlandesi s’insegna il pensiero critico, i giovani imparano a riconoscere le fake news, e a ragionare con la propria testa. Il Paese scandinavo ha introdotto fra gli insegnamenti, l’alfabetizzazione giornalistica e le istruzioni di pensiero critico nel curriculum scolastico nazionale.
La lungimiranza della Finlandia fa quasi impressione, alla luce di quanto sta accadendo negli ultimi tempi all’informazione internazionale, spesso trasformata in propaganda, secondo interessi e convenienze.
La guerra in Ucraina ci offre su un piatto d’argento un interessante spunto di riflessione, e allo stesso tempo ci ricorda qualcosa che conosciamo molto bene e che richiama alla propaganda.
In Cina, in Russia, in Turchia e in altri regimi dittatoriali, l’informazione è propaganda, d’altra parte, non dimentichiamo che anche l’Italia ha vissuto la dittatura e un periodo buio durante il quale la libertà di pensiero era reato. Informazione, comunicazione e propaganda viaggiano sulle stesse frequenze e talvolta si oltrepassa un equilibrio delicato, che, però, bisogna imparare a riconoscere.
La censura in Italia
Durante la Seconda guerra mondiale, nel nostro Paese, era operativo l’ufficio censura, nel quale, molti impiegati avevano il compito di aprire le lettere, in particolare quelle dei soldati diretti alle famiglie. Alcune missive non arrivavano mai a destinazione, mentre in altre si censuravano alcune frasi non gradite al fascismo, con un pennarello indelebile per coprire lo schifo della guerra in ogni sua forma. Nulla di nuovo, oggi, in Russia e in Cina, perché anche il regime cinese impone una certa informazione, che definisce una guerra atroce e crudele, “operazione militare”. Non pensiamo mai di essere migliori, però, perché anche in Italia, alcune parole come certi argomenti vengono scelti o evitati. Manipolare l’opinione pubblica è una strategia che si perpetua e che non ha mai fine. I regimi hanno bisogno di larghi consensi, ne va della loro esistenza. Se il miliardo e mezzo di abitanti cinesi si ribellasse al regime, cosa accadrebbe? Il popolo va controllato impedendogli di pensare, di avere idee, e quando serve bisogna anche usare le maniere forti. Le idee e il libero pensiero fanno paura, è per questo che per costruire un mondo libero è necessario riconoscere la menzogna e le sue mille maschere.
La dittatura dei social media
I social hanno cambiato molto il modo di comunicare, ma siamo sicuri che lo abbiano fatto in meglio?
Molti politici, anche a casa nostra, contano su un nutrito team di esperti social, che li aiutano a comunicare, a farsi vedere, a trasmettere messaggi con immagini, video e frasi a effetto.
Ritornando alla tragica attualità, il profilo del presidente ucraino, ad esempio, è curato da uno staff (sembra si tratti di una ventina di persone). Secondo il mio parere, la comunicazione non è altro che la mera presentazione dei fatti e delle notizie vere e crude, vale a dire l’accaduto punto e basta.
Che cosa riflette allora la comunicazione di Zelensky? Una delle cose da notare è il linguaggio studiato e la cura nella scelta di alcune parole; si fa leva sulle emozioni e si cerca con quei messaggi di creare empatia. Ciò è stato confermato proprio da un esponente del suo team. Bene forse, ma anche male.
Nei collegamenti con i parlamenti europei, il presidente ucraino ha fatto puntato sull’emotività. In Italia, ad esempio, ha paragonato Mariupol a Genova: “Immaginate Genova come Mariupol”. Bene o male questo tipo di comunicazione? E se si abbandonassero i filtri e frasi a effetto? D’altro canto, gli esperti della comunicazione affermano che è giusto usare un certo tipo di linguaggio, perché serve per creare empatia.
Molti europei concordano con i toni, i paragoni e la forma comunicativa scelta dal leader ucraino; in fondo, cosa c’è di male in un’informazione lievemente manipolata, non proprio falsata, ma corretta in base al messaggio da veicolare e all’emozione che si vuol suscitare.
Perché il lettore deve essere guidato nella scelta di pensieri ed emozioni? È forse uno smidollato? Un senza cervello?
Chi decide di informarsi, forse non è abbastanza capace di comprendere, senza che qualcuno gli renda più dolce o più amara la pillola?
Quale ruolo per comunicazione e informazione?
E allora cos’è la comunicazione se non presentare l’avvenimento e basta? E perché non lasciare che sia il destinatario delle notizie a decidere quali emozioni tirar fuori e soprattutto cosa pensare?
In fondo, cosa c’è da spiegare in una guerra? Siamo proprio sicuri che questo tipo di comunicazione non sia un oltraggio e una grave offesa alla nostra intelligenza e un tentativo di manipolare il nostro pensiero critico?
Gli orrori della guerra trasformati in arte
L’informazione è fondamentale, sarà la base su cui costruire libri, conoscenza ed enciclopedie da tramandare. L’evoluzione è inevitabile, i francobolli, ad esempio, spesso hanno veicolato, messaggi e la memoria di qualsiasi evento, anche solo con un’immagine. Oggi, nell’era di Internet, nasce il Museo della Guerra digitale, dove è possibile acquistare opere digitali per sostenere l’Ucraina. Le opere rappresentano tutte le tappe della guerra dall’inizio del conflitto, e gli autori continuano a documentare le vicende che si susseguono. Ogni opera è accompagnata da una breve descrizione, nella galleria fotografica del Museo è possibile visionare tutte le opere in ordine cronologico partendo dal giorno 1. L’opera numero 1 recita: “05:45 Ukraine conflict: Russia announces special military operation in Donbas @BBCNews”.
La violenza ci sconvolge e ci lascia attoniti, l’informazione e la propaganda ci confondono, complicano le cose, ma l’errore più grande che possiamo compiere, noi cittadini in cerca di verità è di diventare ciechi e di abbandonare la speranza. Poche menti vili e corrotte controllano le vite di tanti.
Bisogna coltivare la speranza, bisogna perseverare, costruire la pace ogni giorno e attendere con religiosa pazienza un’opera d’arte che un giorno ci racconti la storia di un mondo libero.