Se i muri parlassero, rivelerebbero le “conversazioni“ tra quattro artisti internazionali che duettano con materiali estranei alla sfera artistica per creare opere inaspettate.
Se i muri potessero parlare, racconterebbero di geometrie variabili e astratte, ma anche di immagini illusorie e spaesanti: cambi di funzione, di forma e di stato.
Le forme geometriche e astratte sono il terreno su cui si destreggiano Michael Johansson (Svezia 1975) e Hiva Alizadeh (Iran 1989).
Entrambi si avvalgono di manufatti pre-esistenti, decontestualizzandoli: Johansson costruisce agglomerati monolitici di oggetti comuni, mentre Alizadeh disegna rappresentazioni impalpabili con vivide e volatili extension (ciocche di capelli sintetici).
Attraverso materiali iper-performanti, Sali Muller (Luxembourg 1981) propone finestre su mondi a quattro dimensioni, ideando opere tridimensionali che restituiscono una straniante e illusoria bidimensionalità. La mostra passa dall'asettica astrazione geometrica alla rappresentazione di forme morbide ed organiche fino alla più esplicita raffigurazione dei sessi: Élle de Bernardini (Brasile 1991) scolpisce calze di nylon e pellicce sintetiche, ritaglia ecopelle e tessuti per disegnare forme organiche e raccontare passaggi di genere.