Galleria Pack è lieta di annunciare l’inaugurazione della mostra personale di Giampiero Bodino dal titolo Bone Machine, che si terrà giovedì 27 settembre alle ore 18.30 a cura di Chiara Guidi. Si tratta di un progetto inedito del visionario artista, appositamente ideato per lo spazio di Galleria Pack.
Alterando i canoni installativi classici della pittura, Bodino ha voluto creare un sacello, un sorta di recinto sacro di dipinti, un’ampia nicchia di una quadreria emblematica fra soggetti anatomici e ritratti, dove l’allestimento, pensato come le antiche cripte, è stato realizzato per essere trasformato secondo un’estetica propria della vanitas, in una ipotetica cappella celebrativa. Bone Machine è una mostra costruita come un lungometraggio drammatico, dove le singole immagini si confrontano direttamente con la storia e più precisamente con il grande capitolo della Storia Naturale dell’uomo, propria della cultura settecentesca.
Il punto di partenza è il fiorentino Museo della Specola, compendio di scienza anatomica per antonomasia, ed è proprio questa la storia a cui Bodino fa riferimento per rendere il suo omaggio. E più precisamente la sua famosa sezione delle cere anatomiche, dall’aspetto inquietante ma fondamentale per lo sviluppo della scienza medica, che ha portato l’artista alla riscrittura dei corpi esposti. Nella sua rilettura, attraverso una peculiare rappresentazione fatta ad olio su tela, pur mantenendo un apparente connotato scientifico fatto di crudezza, con i tessuti connettivi e le parti organiche ben visibili, dà origine ad una rinnovata galleria di ritratti che assumono una sorta di mistica santità. Parti dei volti hanno in evidenza le fasce muscolari, o rivelano i loro organi interni, in una trasfigurazione che li trasforma in martiri dall’aurea dorata, tutti con l’attributo figurativo del nimbo, un’aureola piatta, un cerchio di luce, emblematico e tipico delle antiche rappresentazioni medievali.
L’iconografia del teschio, così fortemente diffusa nelle arti contemporanee, è qui solo una citazione, rispetto agli oltre cento pezzi presenti. Sono tele dalle dimensioni variabili dal formato piccolissimo a quello di grande dimensione che fedelmente testimonia la totale campionatura di un ossario di settecentesca memoria: ossa lunghe, spugnose, piatte, brevi; ossa spigolose, impari e pari; ossa dalla forma convessa; ossa dalle superfici incavate, piatte, sottili, laminari; dove, fra cranio, gabbia toracica, atlante, sacro, falangi, costole, vertebre, sterno e torso, lo scheletro appare sezionato e restituito in una vera e propria catalogazione di tavole anatomiche in bianco e nero dai dettagli a volte macroscopici che, nella loro scomposizione, assumono un nuovo valore.
Dalla realtà si passa così alla astrazione. Un esempio è la colonna vertebrale, chiave di volta della mostra, che è stata rappresentata in un grande tondo come una colonna senza fine di matrice brancusiana. Ogni parte dello scheletro è dipinta non solo per averne conoscenza, ma per ricostruire un simbolico luogo dell’osservazione e della riflessione.
L’illuminazione è un elemento determinante nell’installazione di Bone Machine, ed è quella della luce della meditazione, infatti è la luce della candela. Un’autentica reverie bachelardiana per rendere l’ambiente crepuscolare e, per suggerire sia la contemplazione, sia la rinnovata emozione primaria cartesiana. Una mirabilia per accendere una riflessione sul nostro vivere così alieno dal concetto della morte, ma così immerso nel culto del corpo, un corpo privo di ossa e, privo di sacralità che Giampiero Bodino vuole riscattare e restituire in questo ciclo di pitture Bone Machine.
Il titolo della mostra è un tributo all’omonimo album di Tom Waits del 1995.