Fondazione Modena Arti Visive è lieta di presentare Il viaggiatore mentale, prima ampia personale di Jon Rafman in un'istituzione Italiana dedicata all’arte contemporanea. La mostra, curata da Diana Baldon e presentata da Fondazione Fotografia Modena insieme alla Galleria Civica di Modena, verrà inaugurata venerdì 14 settembre 2018 nella sede della Palazzina dei Giardini in concomitanza con il festivalfilosofia, dedicato quest’anno al tema della Verità.
La mostra raccoglie una selezione di installazioni multimediali presentate in Italia per la prima volta che ripercorrono la produzione dell'artista canadese a partire dal 2011 ad oggi. Servendosi di linguaggi e supporti diversi, che vanno dalla fotografia al video, dalla scultura all’installazione, Rafman indaga la fusione sempre più indistinta tra la realtà e la sua simulazione nella società contemporanea attraverso opere che confondono i confini tra il materiale e il virtuale, tra i corpi in carne e ossa e le loro repliche tecnologiche.
Nato nel 1981 a Montreal, dove vive e lavora, dopo gli studi in lettere e filosofia alla McGill University Jon Rafman si diploma in film, video e new media presso la School of the Art Institute di Chicago. Sin dai suoi esordi l’artista si concentra sulle conseguenze dell’uso della tecnologia sulla nostra percezione della realtà. Per creare Kool-Aid Man (2008-11) ha frequentato per tre anni la piattaforma virtuale Second Life per scoprire le innumerevoli e multiformi rappresentazioni dei suoi “abitanti” digitali con un avatar che dà il nome all’opera. Rafman si astiene dal giudicare o criticare gli abitanti di Second Life poiché il suo intento è quello di mostrare come la tecnologia consenta alle persone di creare nuove rappresentazioni di sé all’interno di ambienti fantastici, dando loro la libertà di plasmare nuove identità e iconografie.
L’artista ha utilizzato Internet e le sue svariate comunità digitali anche come archivio di immagini per i video della sua trilogia Betamale Trilogy (realizzati tra il 2013 e il 2015), composta dalle installazioni Still Life (Betamale), Mainsqueeze e Erysichthon presenti in mostra. Come nei romanzi di Georges Bataille, dove nello spazio claustrofobico e rovinoso della scrittura la storia implode su se stessa, moltiplicando i piani narrativi e le sue rappresentazioni, anche nei video della Betamale Trilogy si ha la sensazione di essere intrappolati in una spirale di situazioni stranianti e seduttive. Rafman rappresenta con grande abilità l’ambiguo potere seduttivo della rete che sembra promettere libertà e mondi da scoprire, mentre in realtà imprigiona l’utente in uno spazio tracciato da algoritmi e da agenzie che ne elaborano i dati di navigazione per poi rivenderli.
L'immersione in rete, anche nelle zone più nascoste del “deep web”, compiuta da Jon Rafman gli ha permesso di assumere le vesti dell'antropologo amatoriale e del flâneur digitale che indaga il collasso epistemico che si è realizzato negli ultimi anni, nell'azzeramento della distinzione tra il mondo virtuale e quello analogico, tra la realtà e la sua rappresentazione virtuale. Nei suoi video una voce fuori campo poetica e ipnotica accompagna sempre le immagini, provenienti da sequenze selezionate da Internet, da videogame o da forum di chat online.
La memoria è uno dei temi al centro di molte delle sue opere. In A Man Digging (2013) composto da sequenze di videogiochi, tra cui Max Payne 3, il protagonista parla dell'intrinseca mutabilità della memoria, in quanto dispositivo esperienziale che permette di riscrivere la storia personale e collettiva. Mentre il narratore va alla deriva, alla ricerca nostalgica del suo frammentato passato, Rafman ci porta, attraverso la superficie luccicante della memoria, ai limiti della realtà. Il video Remember Carthage (2013) narra la storia di un uomo che si imbarca su una nave diretta in Tunisia alla ricerca di una città nel deserto del Sahara che esisteva all’epoca di Cartagine. Malgrado questo luogo leggendario fosse conosciuto come la “Las Vegas del Maghreb”, di esso non rimane alcuna traccia. Nel video, composto da sequenze tratte sia da Second Life che dal videogioco Uncharted 3, c’è una voce fuori campo che descrive minuziosamente la sublime bellezza architettonica delle civiltà antiche. Remember Carthage si addentra non solo nel tema della memoria, ma anche in quello della contemporaneità della Storia, poiché, grazie alle più moderne tecnologie come quelle dei videogiochi e di Second Life, anche il passato può assumere nuove forme ed esercitare una nuova influenza.
Il video Dream Journal 2016-2017, nato dalla pratica di Rafman di trasformare i suoi sogni in video di animazione utilizzando dei software 3D amatoriali, è accompagnato da una colonna sonora composta da James Ferraro e Oneohtrix Point Never con cui l’artista aveva già collaborato. Le due protagoniste femminili – una rappresenta l'archetipo della Millennial, l'altra invece è una bambina guerriera – si imbarcano in un viaggio dantesco che assume i tratti di un universo distopico. La narrazione è intercalata da situazioni immaginarie caratterizzate da figure epiche classiche che danno vita a una serie di situazioni cupe e surreali: si tratta di una visualizzazione dell’inconscio dell’artista amplificato dalla navigazione in Internet. All’ingresso della Palazzina dei Giardini i visitatori della mostra vengono accolti da una delle opere più recenti di Jon Rafman, Legendary Reality (2017) in cui l’artista ci conduce in un viaggio nell’ “inner space”. Un narratore anonimo racconta un viaggio immaginifico attraverso quello che sembra essere un paesaggio dai tratti fantascientifici invece potrebbe essere semplicemente ciò che vede dallo schermo del suo computer su cui scorrono dettagliate rappresentazioni storiche aumentate da esperienze virtuali.
Jon Rafman (Montreal, 1981) è un artista che si occupa di culture e sottoculture digitali, rivelando desideri, ossessioni e feticismi scaturiti dall'utilizzo dei dispositivi tecnologici. Tra le sue mostre personali più recenti ricordiamo I have ten thousand compound eyes and each is named suffering, Stedelijk Museum, Amsterdam (2016); Jon Rafman, Westfälischer Kunstverein, Münster (2016); Jon Rafman, Zabludowicz Collection, Londra (2015); The end of the end of the end, Contemporary Art Museum St. Louis (2014); Remember Carthage, New Online Art, New Museum, New York (2013); The Nine Eyes of Google Streetview, Saatchi Gallery, Londra (2012); Jon Rafman, online exhibition, Palais de Tokyo, Parigi (2012).
Ha partecipato a numerose mostre collettive tra cui: I was raised on the Internet, Museum of Contemporary Art Chicago (2018); Alone together, Musée d'art contemporain de Montréal (2018); ARS 17: Hello world!, Museum of Contemporary Art Kiasma, Helsinki (2017-2018); Jon Rafman / Stan Vanderbeek, Sprüth Magers, Los Angeles (2017); Manifesta 11, Zurigo (2016); Welcome to the Jungle, KW Institute for Contemporary Art, Berlino (2015); Speculations on Anonymous Materials, Fridericianum, Kassel (2013); Nine Eyes, Moscow Photobienniale (2012); Screenshots, William Benton Museum of Art, University of Connecticut (2012); From Here On, Les Rencontres de la photographie d’Arles, Arles (2011).