Qui sta l’abilità. Chi ha perspicacia calcoli il numero della bestia.
È infatti numero di uomo e il suo numero è seicento sessanta sei.
(Ap. 13,18, traduzione dell’autore)
Duemila anni di tentativi di interpretazione ma l’enigma resta. Cosa ha voluto dirci Giovanni nel libro dell’Apocalisse quanto parla del numero correlato alla bestia anticristica dalle sette teste e dai dieci corni e diademi? E se questi duemila anni di tentativi ermeneutici avessero tutti preso una via di lettura errata? Il testo infatti dice che alla Bestia corrisponde un numero umano (quindi l’anticristo è un uomo, non un angelo) e che questo numero, come il suo nome, sono oggetto della marchiatura con cui questa persona cerca di asservire con l’inganno e la violenza tutti gli uomini in un delirio tirannico di onnipotenza. Giovanni non sembra volerci indurre a letture fondate sulla gematria. Tutti gli interpreti invece hanno cercato risposte a questo enigma proprio nella gematria, cioè nell’estrarre da un numero un nome, compiendo un processo inverso a quello anticamente utilizzato: computare i numeri tramite le lettere, prassi consolidata sia nella lingua greca che in quella ebraica prima dell’arrivo della grafia delle cifre arabo-indiane.
Il cuore dell’enigma apocalittico è tutto insito in un verbo imperativo: psephisàto, da: psephìzo, che significa “calcolare, computare, decidere, determinare”. L’Apocalisse quindi ci sfida, unico caso nella Sacra Scrittura, e lo fa ponendoci davanti non un mistero ma un enigma da risolvere, risolvibile. Questo enigma è “cifrato” in tre cifre scritte con tre parole greche: exakòsioi, 600, exèkonta, 60, ex, 6. Quindi: 600, 60 e 6. Il testo greco non ci dice: estrai un nome da un numero, ma ci dice, ancora più enigmaticamente: calcola il numero, che sarà anche un nome, e ci fornisce tre cifre quale base per compiere questo calcolo. Un segreto nascosto in tre cifre. Un altro numero, quello da trovare, è la soluzione ancora ignota? Certo è che a questo numero, non detto, corrisponde anche il nome della Bestia, cioè la sua essenza, la sua natura.
Le interpretazioni più interessanti che si sono succedute nei secoli leggono poi queste tre cifre come se fossero già il numero finale della Bestia, ma questo ragionamento eluderebbe la sfida a risolvere un enigma proprio di questo passo dell’Apocalisse. Appare utile in ogni caso elencare le principali interpretazioni di queste tre cifre come se fossero già il numero finale:
1) riferimento ai 666 talenti d’oro quale tributo che Salomone riceveva annualmente;
2) riferimento agli anni di Noè quando avvenne il Diluvio;
3) 600 indica Israele; 60 corrisponde alla lettera ebraica samek che significa: pesce/serpente, occhio, rafforzamento; 6 indica il giorno edenico della creazione dell’uomo, quindi l’intero numero significa che un uomo vorrà essere come Israele oppure semplicemente indica il tentativo di l’autodivinizzazione dell’uomo (l’Uomo glorificato per 3 volte=divinizzazione);
4) 60 e 6 sono le misure dell’idolatrica statua di Nacubodonosor;
5) 666 sono il peso in sicli della lancia di Golìa, che era alto 8 cubiti;
6) 666 quale triplo dodici dimezzato = incapacità del Nemico di usurpare il divino;
7) 666 quale numero doppiamente triangolare, di base 8, da leggere con il valore numerico del nome “Gesù” in greco: 888 (senso simile al n° 6).
Un'altra deviazione interpretativa che ha a mio parere interessato questo enigma, oltre a quella dell’utilizzo delle tre cifre come se fossero già il numero finale, riguarda l’utilizzo dell’ebraico al posto del greco. Eppure il testo dell’Apocalisse è in greco e questo aspetto non va svalorizzato. L’Apocalisse, come tutto il Vangelo e il Nuovo Testamento, si rivolge in senso apostolico specialmente ai pagani, ai “non ebrei”, al mondo evoluto di allora, nel quale il greco era la lingua dei commerci e della cultura internazionale, come oggi l’inglese. Non è detto quindi che la soluzione sia nell’ebraico. Se vogliamo ricavare le consonanti del nome della Bestia utilizzando le tre parole/cifre greche del testo è semplicissimo: Chi (600), Xi (60), Stigma cioè ex (6). Potrebbe anche attualizzarsi in: K, X, S, quali consonanti chiave del nome della Bestia. L’effetto finale, fonico è interessante in quanto assomiglia all’italiano: ex, ex, ex, o all’inglese six/sex: un suono serpentino, sibilante.
Tutto ciò corrisponderebbe a una mente ebraica che utilizza il greco (come Giovanni) in quanto cripta il nome/numero finale tramite le consonanti senza le vocali, tipico della lingua ebraica. In ebraico invece: Mem, Samek, Vav. Se concepiamo in senso pratico il tema del “calcolare il numero” a partire da 3 cifre base, come sembra alludere il testo greco, abbiamo numerose possibilità se si combinano le 4 operazioni. Se restiamo nell’operazione della sottrazione invece possiamo avere come risultato: 534 (600-60-6), il cui numero corrisponde in lettere greche al nome Phild, nome attualmente possibile.
Lasciamo ora il campo ai matematici e speriamo in un loro futuro risultato probabilistico… Il tema del Nome è fondamentale nella spiritualità di Israele e anche nell’Apocalisse di Giovanni. I santi sono coloro che “trattengono” nel cuore il Nome di Dio e di Cristo, gli eletti sono “sigillati” nel Nome di Dio mentre la Bestia anticristica bestemmia il Nome di Dio. Ma tutto ciò appare una soluzione troppo semplice. Altro enigma sotteso a questo passo dell’Apocalisse riguarda i motivi dell’importanza di individuare il numero/nome della Bestia prima che si compia la profezia. Se proviamo a ragionarci sopra mi viene in mente solo la possibilità, sapendo prima l’identità della Bestia, di meglio combatterla e smascherarla, salvando più anime dalle sue seduzioni spirituali.
Forse la sfida a capire il numero/nome della Bestia è da connettere con la “ferita a morte” di una delle sue teste, sempre se leggiamo quale predizione storica questo dettaglio profetico. Perché poi appellarsi all’intelligenza umana per individuare questo elemento caratterizzante (numero/nome) se la Bestia sarà riconoscibile nella sua venuta da molti altri evidenti segni (i due Testimoni, la marchiatura, l’“abominio della desolazione”, la “grande apostasia”, ecc.)? Abbiamo un enigma che è tale già nel suo porsi oltre che nella sua difficile soluzione! Un enigma vestito da un altro enigma!
A proposito del segno vangelico e profetico dell’“abominio della desolazione che sta nel luogo santo” colgo l’occasione per rettificare questa non ottimale traduzione che sembra indurre strane fantasie (come ambigua è la versione: “grande tribolazione”, in quanto tlipsis significa semplicemente “persecuzione”) in quanto si tratta invece di due termini greci molto chiari e precisi. L’“abominio” viene dal termine greco bdèlugma che significa “orrore” in riferimento a un oggetto idolatrico, mentre “desolazione” viene dal termine greco erèmosis che indica: “privazione, spogliazione, distruzione” (stessa radice di “eremo” e di “eresia”) quindi i due termini connessi fra di loro e, insieme, a un “luogo santo” non possono che alludere a una profanazione di luoghi santi (es: altari e/o tabernacoli delle Chiese) tramite un “togliere” (es: sacramenti e/o immagini sacre e/o il segno della croce) e un “mettere in sostituzione” un oggetto che funga da idolo anticristico.