Le forme, l’unità, la proiezione, l’ordine e il colore sono specifici, aggressivi e potenti
(Donald Judd, Specific Objects, 1965 tradotto da Beatrice Biggio per Kabul Magazine)
The Flat - Massimo Carasi è lieta di presentare Matter Matters, mostra collettiva che in occasione di miart e del Salone del Mobile riunisce quattro artisti italiani ed internazionali la cui opera è accomunata da una precisa quanto originale riflessione sulla forma e sul materiale usato. Avvalendosi in particolare di materia, e quindi di superfici, gli artisti dialogano, ognuno con una propria voce ben distinta, per formare un coro di opere particolarmente graffianti, esteticamente ineccepibili, dove spesso è la "materia che importa", che fa sfoggio di sé e delle sue qualità. I lavori in mostra parlano a chi guarda, talvolta interagendo direttamente col pubblico, e imponendosi presenti e vivi anche quando il materiale ha già una forza autonoma anche senza presupposti teorici o concettuali.
Nel 1965 Donald Judd scriveva per ArtsYearBook il testo Specific Objects, dove delineava il neonato movimento Minimalista sostenendo che pittura e scultura fossero media già di per sé significanti, che rendevano la diluizione delle opere in un contesto comunicativo una costruzione superflua. Anche se non è il caso di definirli a ogni costo "minimali", si può senz'altro vedere Fabio Lattanzi Antinori, Jonny Niesche, Leonardo Ulian e Jonathan Vivacqua come gli eredi di questa visione che poggia il suo statuto sull'interdipendenza tra materia e forma.
Le sculture di Lattanzi Antinori (Roma, 1971) sono dispositivi che trasmettono messaggi tanto volatili quanto misteriosi e criptici. Attraverso la conversione di dati finanziari ed economici in impulsi che coinvolgono direttamente lo spettatore, l'artista esamina la società economica tramite casi storici come quello di Lehman Brothers o dati prelevati in tempo reale dal mondo finanziario, che appare sommerso e ridicolo, ma accompagna la nostra società come un basso continuo.
Le tele in voile di Jonny Niesche (Sidney, 1972) si estendono come schermi attraversati soltanto dal telaio stesso, che oltre a rappresentare un sostegno fisico diventa conduttore estetico più che elemento concreto. Si possono interpretare le sfumature calde come tramonti, o semplicemente constatare la forma del quadro stesso, che è tela e spazio vuoto, nel quale l'osservatore può sprofondare e perdersi come in un ambiente di James Turrell.
Leonardo Ulian (Gorizia, 1974) presenta in questa occasione nuovi lavori ispirati alla precedente serie dei Mandala, nei quali l'elemento mistico è suggerito dall'utilizzo della sabbia colorata, richiamante appunto la celebre tradizione dei monaci tibetani, su una superficie di fogli di piombo cuciti tra loro. Il chiasmo derivante dalle qualità dei diversi media si congiunge su un supporto bidimensionale che riporta tutto a un'unità chiara, mistica, ordinata, così come Ulian ci ha abituati coi suoi lavori passati.
Le grandi installazioni di Jonathan Vivacqua (Erba, 1986) sono forse le più vicine al concetto di Specific Object elaborato da Judd. Le lunghe lamine di acciaio o i tubi di gomma presentati dall'artista sono trasposti dal luogo di produzione e uso direttamente all'ambiente espositivo. Non c'è altro che forma e materia, ma le opere trascinano l'osservatore nel luogo stesso in cui esse sono esposte, diventando un'estensione naturale, e per questo sincera, della più basica forma spaziale che hanno attorno.