100 opere ricostruiscono la vicenda artistica di un protagonista di una stagione straordinaria della pittura italiana ed europea dell’Ottocento, a cento anni dalla sua scomparsa.
Pittore della vita moderna, Federico Zandomeneghi (Venezia 1841 – Parigi 1917) è stato sulla scintillante scena parigina tra ‘800 e ‘900 il cantore della donna emancipata, rappresentata nei vari momenti della quotidianità, dal rito della toilette alla passeggiate al Bois, dalla lettura alle serate mondane a teatro.
Al maestro veneziano, Palazzo Zabarella di Padova dedica, a cento anni dalla sua scomparsa, una grande antologica, in programma dal 1° ottobre 2016 al 29 gennaio 2017.
L’esposizione, curata da Francesca Dini e Fernando Mazzocca, promossa dalla Fondazione Bano, presenta cento opere tra dipinti a olio e pastelli, provenienti dalle più importanti e prestigiose istituzioni pubbliche - tra cui la Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti di Firenze, la Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza, il Museo Civico di Palazzo Te di Mantova, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro a Venezia - e dalle più esclusive raccolte private italiane, inglesi, francesi e svizzere, che ripercorrono, fin dai suoi esordi, la straordinaria carriera di Zandomeneghi, testimone e protagonista principale del passaggio da un realismo impegnato, con quadri di denuncia sociale, a una pittura che ha saputo interpretare in maniera molto personale le novità dell’Impressionismo.
“Dopo le due grandi mostre dedicate nel 2005 a Boldini e nel 2013 a De Nittis - afferma Federico Bano, presidente della Fondazione Bano - era giunto il momento per Palazzo Zabarella, proprio in coincidenza con il centenario della morte avvenuta nel 1917 e il ventesimo anniversario di attività della Fondazione Bano, di realizzare una rassegna sul terzo degli italiani a Parigi, il veneziano Federico Zandomeneghi che, più degli altri due, ha saputo inserirsi nel clima sperimentale della capitale francese. Zandò, come veniva familiarmente chiamato dai suoi amici francesi, fu il solo italiano a fare parte del gruppo, partecipando alle loro mostre alternative a quelle dei Salon ufficiali. Anche l’intransigente Roberto Longhi, gli riconosceva il merito di essere l’unico degli italiani a poter essere inserito tra gli Impressionisti”.
Attraverso uno stile inconfondibile e un uso raffinatissimo della tecnica, tanto a olio che a pastello, Zandomeneghi ha fissato sulla tela, le fisionomie, i gesti, il fascino della Belle Époque, creando l’immaginario femminile della donna parigina. Di Parigi, la città che lo accolse e lo vide protagonista con Giovanni Boldini e Giuseppe De Nittis della triade degli Italiens de Paris, seppe cogliere il fascino e le atmosfere uniche delle sue piazze, dei boulevard, della vita mondana che si svolgeva nei caffè e nei teatri.
Il percorso espositivo, iniziando dai quadri realisti degli esordi, fa riscoprire un vero talento e una personalità artistica finora non adeguatamente valorizzati, attraverso dipinti in gran parte sconosciuti al grande pubblico. Federico Zandomeneghi è stato un figlio d’arte. Grande talento naturale e pieno di temperamento, ha però preferito la pittura alla vocazione di famiglia che lo avrebbe dovuto portare alla scultura. Il nonno Luigi era stato intimo di Canova e il padre Pietro aveva realizzato il grandioso Monumento di Tiziano nella basilica dei Frari a Venezia. Fuggito da Venezia per evitare di essere arruolato nell’esercito austriaco, trascorre gli anni tra il 1865 e il 1874, precedenti il suo definitivo trasferimento a Parigi, tra Venezia e Firenze, dove si fanno sempre più intensi i suoi rapporti con i Macchiaioli. Il dipinto più significativo per quanto riguarda la condivisione delle esperienze della “macchia” è Palazzo Pretorio eseguito a Firenze nel 1865. Altra opera fondamentale di questa felice stagione è Impressioni di Roma, capolavoro giovanile e vertice della sua produzione d’ispirazione sociale, che ritrae una scena in cui una schiera di mendicanti sui gradini del convento di San Gregorio al Celio è intenta a consumare il pasto offerto loro in beneficenza.
La mostra ripercorre soprattutto i suoi trascorsi a Parigi, città in cui Zandomeneghi si trasferisce dal 1874 e dove entra in contatto con gli Impressionisti, in particolare Degas e Renoir, inserendosi da protagonista, insieme a De Nittis e Boldini, in quella straordinaria officina della cosiddetta “pittura della vita moderna”.
La partecipazione alle collettive degli Impressionisti del 1879, 1880, 1881 e 1886, rafforzò il suo legame con il gruppo, soprattutto con Pissarro, Degas e, in un secondo tempo, con Toulouse-Lautrec. Questo decennio, di fondamentale importanza per la sua carriera, si era inaugurato con un’opera che rimane tra i suoi maggiori capolavori ed è emblematica della sua adesione all’Impressionismo. Si tratta della grande veduta di Place d’Anvers realizzata nel 1880 ed esposta l’anno successivo alla sesta collettiva degli Impressionisti. La veloce pennellata impressionista e il ricorso alle ombre colorate ricordano Renoir, ma la stesura cromatica a puntini sembra addirittura anticipare certe soluzioni divisioniste di Seurat. Questa audace indagine degli spazi urbani parigini, dove ambienta istanti di vita quotidiana, ritorna in quegli stessi anni in altre opere come Place du Tertre e Scena di strada a Parigi con gente che beve a una fontana “Wallace”. La ricerca di scorci inediti diventa ancor più evidente nel Moulin de la Galette in cui riprendeva, da un’angolazione insolita, l’ingresso di uno dei locali da ballo parigini più famosi dell’epoca, mentre in Casetta a Montmartre, Periferia di Parigi e Paysage si ritrovano angoli più anonimi, ma anche una sorprendente sensibilità per la pittura en plein air in un genere, come il paesaggio, da lui poco praticato.
Ma la rappresentazione della vita moderna si concentrava in particolare sugli interni, con le piccole scene di nudo femminile dove si confrontava con Boldini, Degas e Renoir, o con la ricerca sulla singola figura come ne La cuisinière. Questo motivo ripreso dalla realtà quotidiana e apparentemente privo di interesse proprio per la sua dimensione ordinaria è pervaso da un sentimento di intimità domestica resa attraverso una sorta di pacata solennità e nella lentezza concentrata del gesto.
Ma dove Zandomeneghi raggiunse la maggiore intensità nella rappresentazione delle scene e delle atmosfere della moderna vita parigina è la serie ambientata al caffè, composta da tre dipinti straordinari come Al caffè, Al caffè Nouvelle Athènes e Coppia al caffè, vera espressione della sua massima adesione alla pittura impressionista e tra gli esiti più originali delle sue sperimentazioni. In particolare, Al caffè Nouvelle Athènes il pittore raffigura se stesso di spalle, ma con il volto che si riflette nello specchio sullo sfondo, mentre conversa con Suzanne Valadon, musa di molti impressionisti come Degas, Renoir, Toulouse-Lautrec, e a sua volta pittrice e madre di Maurice Utrillo.
Il percorso della mostra si concentra quindi sul periodo compreso tra l’ultimo decennio dell’Ottocento e nei primi anni del nuovo secolo, in cui Zandomenghi consolidava sempre di più la sua posizione originale all’interno del movimento impressionista, diventando l’interprete della nuova sensibilità femminile e di atmosfere mondane, qui testimoniata da opere come La toilette, Il ricciolo e Il risveglio, in cui le donne protagoniste vengono audacemente sorprese in pose di un’assorta intimità, o da altre come Allo specchio, L’ultima occhiata, Il giubbetto rosso e Colloquio al tavolino.
Uno dei vertici della sua pittura di questi anni è La Terrasse, dove restituisce in tutta la sua vivacità una emblematica tranche de vie parisien. Si tratta di una delle sue opere più originali e sperimentali per una complessità compositiva che ricorda le affollate scene all’aperto di Renoir, ma anche i tipici tagli di Degas, resi con una capacità d’indagine che si sofferma sui dettagli come le nature morte di bicchieri e bottiglie sui tavolini, le sedie, gli alberi del boulevard sullo sfondo.
La rassegna si inoltra nella sua stagione più matura, dove Zandomeneghi affronta un motivo particolarmente seducente come quello del rapporto tra la figura e la natura morta di fiori, allora trattato da pittori quali Van Gogh, che si trova declinato a partire da La fête o ne La fioraia di Montmartre, o anche in Deux jeuene filles arrangeant des fleurs, Femme arrangeant des fleurs, e si chiude con Matinée musicale, forse il capolavoro finale di Zandomeneghi, eseguito per Durand-Ruel, il mercante degli Impressionisti che è stato il suo grande sostenitore.