Sabato 13 giugno apre la mostra “Canova e i maestri del marmo. La scuola carrarese dell’Ermitage” curata da S. Androsov e M. Bertozzi.
L’esposizione sarà ospitata al piano nobile di Palazzo Cucchiari, oggi sede della Fondazione Giorgio Conti, sontuosa residenza ottocentesca opera di Leandro Caselli, il progettista che ridisegnò il volto della Carrara moderna.
La mostra, organizzata dalla Fondazione Giorgio Conti con la collaborazione del Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo e del Comune di Carrara, con il patrocinio della Camera dei Deputati, del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e della Regione Toscana, sarà allestita in concomitanza alla presentazione dell’accurato restauro, su progetto dell’architetto Tiziano Lera, a cui è stato sottoposto il palazzo che riapre alla città le sue splendide sale.
Per questa occasione saranno esposte 16 sculture in marmo provenienti dal Museo dell’Ermitage; 7 gessi di proprietà dell’Accademia di Belle Arti di Carrara oltre a una copia da Lorenzo Bartolini conservata presso l’istituto d’arte di Massa: si tratta di opere esemplari del gusto collezionistico dello Zar Nicola I, amante della scultura moderna ospitata al Nuovo Ermitage, legate alla Scuola Carrarese e ai suoi maggiori protagonisti. Alla fine del 1845 Nicola I, Zar di tutte le Russie, visita l’Italia, e lo fa in forma privata, ingrossando le fila di quel singolare pellegrinaggio artistico, chiamato “Grand Tour”, che fu insieme percorso di formazione e scoperta esotica del mondo mediterraneo.
Durante il suo soggiorno romano, dove arriva il 13 dicembre, lo Zar non si limita a visitare i luoghi simbolo e i monumenti principali della città, ma si fa accompagnare anche negli atelier dei principali scultori insediati a Roma, tra i quali quelli dei carraresi Pietro Tenerani e Luigi Bienaimè.
Nicola I guarda e agisce come un collezionista: il suo scopo è in effetti quello di acquistare o commissionare opere destinate alla sala della Scultura Moderna, che intende allestire nel Nuovo Ermitage, il primo museo imperiale di Russia, che si sta costruendo proprio di fianco al Palazzo d’Inverno.
Alcune delle statue, collocate nella sala della Scultura Moderna, e nello specifico quelle legate alla cosiddetta Scuola carrarese, tornano adesso a Carrara, per essere ospitate a Palazzo Cucchiari, nella mostra “Canova e i maestri del marmo. La Scuola carrarese all’ Ermitage”.
A segnare il percorso e i connotati della mostra ci sono in effetti sculture di un precursore come Giovanni Antonio Cybei, che fu il primo direttore dell’Accademia di Belle arti di Carrara, di Lorenzo Bartolini, che diresse l’Istituto durante il periodo napoleonico, e di Antonio Canova, che da Carrara ebbe non solo l’importante contributo di un materiale straordinario e unico al mondo ma anche alcuni allievi di eccezione.
La mostra segnala soprattutto le diramazioni in Italia e in Europa, degli scultori che a Carrara si sono formati e che poi hanno determinato i nuovi indirizzi della scultura dopo il periodo neoclassico: a cominciare dallo stesso Lorenzo Bartolini a Firenze, Pietro Tenerani, Luigi Bienaimè e Carlo Finelli a Roma, Christian Daniel Rauch a Berlino, la genia dei Triscornia a Pietroburgo, e in certa misura, sulla scia di Benedetto Cacciatori, ancora Carlo Finelli a Milano.
Nell’occasione tornano dunque a Carrara sculture prestigiose, apprezzate fin dal loro primo apparire e poi codificate come lo specchio di un’epoca dalla storia dell’arte, e basterà citare l’Orfeo di Antonio Canova o la Fiducia in Dio di Lorenzo Bartolini, la Psiche svenuta di Pietro Tenerani, l’Amore con colombi di Luigi Bienaimè o Venere nella conchiglia di Carlo Finelli.
Alle sculture dell’Ermitage si affiancano, sette gessi, con precisi riferimenti alle opere in mostra, conservati all’Accademia di Carrara, e una copia, fin qui sconosciuta, della Fiducia in Dio, conservata all’Istituto d’Arte di Massa, seguendo un percorso che si avvia con una scultore che fonda una scuola, dove fin da subito si formano artisti destinati loro pure a fare scuola, rilanciando l’attività delle botteghe e dei laboratori, dove si rinnova l’immanenza quotidiana della più aristocratica fra le materie dell’arte: il marmo di Carrara.
Abbracciando un periodo che va dalla fine del Settecento alla metà del secolo successivo, la mostra si concentra in particolare sul passaggio dalla scultura neoclassica a quella verista, sottolineando dunque un cambiamento di stagione preciso, dove si determina il passaggio da uno statuto istituzionale e accademico, anche nell’indicare i modelli e lo stile di riferimento, a una committenza prestigiosa, soprattutto per qualità di gusto, oltre che per fama e disponibilità economica, in grado di avviare il marmo e la scultura a nuove fortune.
E tutto ciò confidando non solo sul retaggio storico di una tradizione secolare, ma sulle qualità stesse della scultura, per come le statue che vengono collezionate per essere esibite al pubblico, diventavano strumenti di conoscenza estetica e di formazione di gusto, coniugando insieme l’educazione alla qualità poetica e spirituale delle immagini e il riconoscimento del valore di un materiale e delle capacità di un mestiere.