Il titolo della mostra Viaggio al termine della notte trae ispirazione dall'omonimo libro di Louis-Ferdinand Céline. Un riferimento volutamente manifesto e preciso, che tuttavia non vuole essere un semplice omaggio alla rilevante opera dello scrittore francese, bensì una mostra che desidera concepire un viaggio nella "notte dell'uomo".
Notte intesa come luogo dove tutto può accadere, viaggio non solo tangibile ma immaginario nel razionale e nell'inconscio, passando dalla forza della naturalità a quella utopica del sogno e del timore della solitudine, attraverso la storia dell'arte e del mito, terminando l'itinerario nel mondo virtuale.
"Viaggiare è proprio utile, fa lavorare l'immaginazione. Tutto il resto è delusione e fatica. Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario. Ecco la sua forza. Va dalla vita alla morte. Uomini, bestie, città e cose, è tutto inventato. È un romanzo, nient'altro che una storia fittizia. Lo dice Littré, lui non sbaglia mai. E poi in ogni caso tutti possono fare altrettanto. Basta chiudere gli occhi. È dall'altra parte della vita."
Queste parole di Céline esplicano la percezione del nostro viaggio, introducendoci ed accompagnandoci nel percorso espositivo, dove attraverso gli occhi di cinque giovani artisti possiamo addentrarci sia nel mondo reale che in quello immaginario, fissare il nostro sguardo dentro un affresco dell'umanità, esplorare la realtà senza l'eccesso dei filtri imposti, abbandonarsi ad ascoltare i sentimenti, tentare di riappropriarsi di se stessi ricongiungendosi con la primordialità e con la natura ed infine instaurare un ponte che unisca vita e tecnologia.
La mostra prende forma con la natura in dialogo con l'umano e il mondo animale, una nascita ineluttabile e congenita, confermata anche dall'origine della parola natura, che deriva dal verbo latino nasci e quindi legata al concetto di venuta al mondo. La genesi del corpo, una volta manifestatosi, si evolve in un'identità permanente, che cerca di interagire e relazionarsi, prova emozioni, istaurando un dialogo con l'altro, fatto di amore e inevitabilmente di disagio per un tempo che inesorabile trascorre, logora producendo assenza.
A questo punto esiste una via di scampo? Forse dobbiamo aggrapparci alla religione, o alla storia del mito, che da sempre ha in sé la prorompente forza narrativa e seducente di interpretare sia i fenomeni naturali, che dell'esperienza trascendentale.
Un'altra soluzione immaginabile potrebbe essere quella di recuperare la nostra originaria natura umana prendendo le distanze dal progresso che, nonostante gli evidenti vantaggi apportati, ci sta nondimeno privando della reminescenza; non sembra più così fondamentale ricordare, tanto esiste la memoria del cellulare o del computer!
Siamo sospesi in un limbo, una sorta di Giardino delle delizie che sta mutando in un luogo della follia umana, dove dominano violenze, astuzie senza scrupoli e dove prendono il soppravvento sempre più ferocemente e morbosamente "i piaceri transitori e fugaci".
Il viaggio al termine della notte è ancora lungo ed impervio, la soluzione è impressa, scritta dentro l'intimo della persona; tutto fuori si squaglia, si sta decomponendo, l'oggettività non regge più i nostri pensieri, l'incanto, perdendo il pensiero sul domani, si è trasformato in disincanto, il proficuo e le opportunità regrediscono allettando il "palato" di pochi o addirittura solo del sé. Allora cosa fare? Ripensare alla società come luogo di incontro con l'altro e la natura, ricomporre la relazione, l'amore, l'abbraccio, congiungendo ed armonizzando l'Io con l'Altro. Dobbiamo ripristinare un vero senso di giustizia e di dignità per ogni singolo individuo, l'utilizzo del mezzo tecnico come opportunità e come elemento non sostitutivo, ma di cooperazione con l'uomo; la tecnologia quindi anche come dialogo con la storia, il passato e non solo come visione senza ricordi o esperienza. Tutto questo non deve servire solo come elenco dei buoni propositi, ma come ha voluto comunicare Céline con la sua opera, deve essere la rivincita dell'individuo su se stesso.- Alberto Mattia Martini
Dragan Milos nasce a Sarajevo nel 1991, si trasferisce successivamente in Italia dove si diploma all'Accademia di Belle Arti di Firenze. In Italia si avvicina alla tradizione pittorica italiana, alla storia dell'arte nelle sue più ampie espressioni, soffermandosi sull'arte antica, in particolare indaga l'utilizzo della "maschera" nella storia e nell'arte. In seguito scaturisce il desiderio di approfondire l'arte medioevale, rinascimentale e lo studio dell' arte dell'arazzo e della tessitura, che lo porta a frequentare corsi di tessitura in Sicilia e presso la Fondazione Aracne a Salonicco in Grecia.
La ricerca artistica si amplia e verte inoltre sul concetto di Mito come indagine sociologica e psicologica delle nostre origini, e parafrasando Jung, del collegamento diretto tra mito e sogno, intuizione imprescindibile per comprendere la psiche dell'uomo, la storia arcaica e la società contemporanea. Ha esposto in Bosnia-Erzegovina, Italia e Inghilterra.
Attualmente studia Filosofia presso la University of Warwick e vive tra l'Italia e l'Inghilterra.
Giulia Bersani. Nata a Milano nell’ ottobre 1992 ho iniziato ad interessarmi di fotografia all’ età di diciott’anni attraverso un corso organizzato dal liceo scientifico che frequentavo. Durante i primi anni di università ho frequentato il corso serale di fotografia analogica e digitale presso il CFP Bauer e ho iniziato, grazie alle mie fotografie, ad attirare l’attenzione di alcuni blog e magazines tra cui tra gli altri l'Oeil de la Photographie, Pizza magazine, Inside Art, IGNANT e GUP magazine. Sono passata velocemente dalla facoltà di Design della Moda a quella di Scienze dei Beni Culturali per poi prendere la decisione di interrompere gli studi e dedicarmi completamente alla fotografia. Nei mesi successivi ho preso parte ad alcune mostre collettive in Italia e nel Regno Unito e nel febbraio 2014 ho auto-pubblicato in edizione limitata il libro “Lovers”, raccolta di fotografie inedite in bianco e nero sul tema dell’intimità e della dipendenza nella coppia, esaurito in breve tempo. Nei mesi successivi ho continuato a portare avanti diversi progetti tra cui “21”, progetto di autoscatti in cui racconto il mio quotidiano in modo realistico (includendo i momenti di noia) e “Stronger”, ritratto di una famiglia napoletana. Nel febbraio 2015 ho auto-pubblicato “Lovers II”, questa volta contenente una serie di fotografie a colori in cui si può notare l’evoluzione del mio punto di vista (questa volta meno drammatico) rispetto alla prima parte del progetto. Quest’ultimo è stato presentato durante la mia prima mostra personale presso MyCamera, Ravenna.
Altre informazioni: di indole malinconica ed introversa, faccio fatica a sentirmi a mio agio in situazioni di socialità aperta; per questo per fotografare l’altro ho bisogno del mio tempo e spazio che mi permettano di creare un’atmosfera rilassata ed intima attraverso il dialogo. Il modo in cui fotografo non è aggressivo, piuttosto riflessivo; mi cerco e mi ritrovo nei miei soggetti.
Credo che uno dei motivi principali che mi spingono a scattare fotografie sia la paura della morte e della perdita e quindi il bisogno di trattenere tutto ciò a cui mi affeziono: le relazioni di coppia, i particolari ed i difetti umani, le caratteristiche del tempo in cui vivo, della mia età, del mio paese ecc.
Scelgo soggetti in cui mi rispecchio anche se spesso sconosciuti; in molti casi li trovo attraverso internet. Mi piace entrare per qualche ora nelle loro vite e portarmi via un ricordo, un’immagine che poi ogni osservatore farà propria collegandola alla propria esperienza personale.
Fotografo quasi unicamente a pellicola per il senso di materialità che riesce a darmi e che nel digitale non trovo.
Kamilia Kard è un’artista italo-ungherese nata a Milano. Ha conseguito una laurea quadriennale (vecchio ordinamento) in Economia (CLEP) presso l'Università Bocconi, Milano, (2003), una laurea triennale in Pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Brera (2012), e una laurea specialistica in Net Art presso l'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano (2014). Il suo lavoro si concentra sulla costruzione dell'identità nell'era di Internet, e si manifesta attraverso diversi media, dalla pittura al video e gif animate, da stampe e installazione. I suoi progetti online riflettono sulle modalità di costruzione di un’immagine, una narrazione e un’identità che si interfacci e comunichi in un contesto sia virtuale che reale. La semiotica e la fenomenologia creata intorno a questi lavori identitari sono espressione di una contemporaneità in cui la narrazione è mediata quotidianamente e abitudinariamente da diverse interfacce. Un esempio è Best Wall Cover (2012 - in corso), basato sul modo con cui le persone si ritraggono sui social network, ha guadagnato una popolarità enorme. Dal 2006, ha esposto in varie sedi in Italia e nel mondo. Citandone alcune importanti più recenti: AIL – Una mano per il giusto mezzo, Fondazione Arnaldo Pomodoro, 2011; Pictures at an Exhibition, Spazio espositivo arte contemporanea il Broletto, Pavia 2012; Videoart Yearbook, Museo del ‘900, Milano, 2013; la biennale THE WRONG - NEW DIGITAL ART BIENNALE, 2013 - 2014; DASHBOARD – the wrong curators artshow, Kalpany artspace, Milano (Italia) 2014; Pulvis ES, Palazzo Isimbardi, Milano (Italia) 2014; META, Quartel Galeria Municipal de Arte, Abrantes (Portogallo) 2014; SPAMM Webtics, Wendy Subway, Brooklin, NY, 2014, In Pulverem Reverteris, Studio Museo Francesco Messina, Milano,2014; NADJA, Hypersalon Miami Beach during Art basel Miami; Internet Drones, Spazio ULTRA, Udine, 2015; SPAMM of VIRTUALISM, New York-Moscow-Paris, 2015, Salon Primo, Università Bicocca, 2015 .
L’artista inoltre ha collaborato, insieme a Paolo Rosa, con qualità di direttrice artistica a progetti interattivi come l’installazione per il MUBA, Rotonda della Besana, Milano durante la mostra Equilibrio e l’installazione Energia Primaria presso la TRIENNALE di Milano.
Tra le sue attività curatoriali,: Interno/esterno – Atmosfere sensibili, Fuorisalone, Milano, 2012; Bestwallcover, online, 2012 ongoing; DASHBOARD – the wrong curators artshow, frigoriferi milanesi, Milano, 2014,; Internet Drones, Spazio ULTRA, Udine, 2015.
Marco Schifano (1985) vive e lavora a Roma. Sin dall'infanzia i suoi “giocattoli” sono cineprese e macchine fotografiche, con le quali cresce sperimentando la propria capacità comunicativa. Si esercita nel “montaggio in macchina” per ottenere filmati dove fonde le sue ricerche sul senso e sul ritmo: tante ore di girato e un gran numero di scatti per arrivare a una propria rappresentazione estetica del mondo.
La sua opera fotografica più recente si basa su una processualità complessa che prevede una lunga ricerca preliminare di elementi coordinati, assemblati e quindi ripresi per dare vita a iconografie altamente formalizzate. Lo still life è usato per rileggere la tradizione pittorica della natura morta, attraverso immagini che si collocano sulla soglia tra realtà e finzione.
Nei lavori di Thomas Berra (Milano, 1986) è spesso evidente la necessità di raccontare l’immaginario, il sognato, il reale e il vivo. L’artista negli ultimi anni ha sviluppato varie tematiche sotto forme finali diverse, con quel leitmotiv del suo timbro pittorico, veloce e sintetico. Carte, cartoline, disegni, tele grandi, piccole e medie, a delineare forme e temi che non lasciano dubbi: sono idee, sono visioni, sono sogni, sono paure, sono segreti. Berra, nel suo vivido percorso lavorativo, spesso si ferma, lasciando prevalere il lavorìo dell’immaginazione.