La Galleria Stefano Forni di Bologna presenta “Silos” - Omaggio ad Angelo Davoli, una personale dell’artista Angelo Davoli. In mostra una selezione di olii e tecniche miste dell’artista reggiano recentemente scomparso.
“Non è il risultato finale l’obiettivo del lavoro ma è l’operazione in sé che prende valore e senso” - così Davoli sintetizza la sua ricerca artistica. Noi oggi la sua testimonianza la possiamo ammirare nei dipinti esposti in galleria.
Dalla fine degli anni Ottanta, Angelo Davoli indirizza la propria ricerca pittorica nell'ambito del paesaggio contemporaneo, con tematiche relative ai luoghi dismessi e più in generale alle architetture industriali. Altro elemento centrale nella ricerca pittorica di Davoli è il cielo, che visto con un’ottica contemporanea "... non è più quello dei paesaggi di Lorrain o di Constable, ma è frammenti di azzurro: sono fotogrammi. Nella mia pittura - dice l’artista - , ho ridotto il campo visivo, assumendo uno sguardo fotografico sul dettaglio. Il pittore contemporaneo guarda alle nuove tecnologie e anche l’idea antica di paesaggio è mediata da tutta la produzione di immagini di cui siamo circondati. Lo sguardo sul paesaggio è quindi spesso ridotto e inscritto nelle geometrie di un monitor o da palazzi che ne delimitano lo spazio visivo.” Convincimento di Davoli è che nell’arte oggi vi sia un interscambio continuo tra fotografia e pittura, è per questo che la sua tecnica si contraddistingue per una sintesi tra realismo fotografico e pittura tradizionale, un modo per arrivare paradossalmente ad affermarne anche la diversità.
La contrapposizione tra silos e natura, il tentativo di riqualificare una “stortura”, rappresentano una pratica tesa ad armonizzare attraverso l’arte le diverse culture del territorio. “Il cantiere diviene per l’artista il luogo dove far nascere un laboratorio d’idee, - dice Marinella Paderni - dove produrre sinergie prima d’ora impensabili per l’ottica speculativa a cui ci ha abituati l’economia moderna”. Il gesto di Davoli che dipinge i silos del “Cantiere Morini” per darci un messaggio di esigenza di ritorno alla natura, alla bellezza, all’armonia è un’operazione trasversale che vede la presenza e la collaborazione tra diversi linguaggi artistici che concertano in maniera sempre originale creando quella sintesi da sempre sognata e discussa negli anni dalle arti contemporanee. Non è un caso che a presentare questo lavoro nel catalogo della mostra del 2010 di Palazzo Casotti a Reggio Emilia sia l’etnologo e antropologo francese Marc Augè che con la sua teoria del “non-luogo” riconosce la contemporaneità di Angelo Davoli e la sua “poesia” che è arte del fare.
“La poesia – dice Marc Augè - può essere ovunque o in nessun luogo. È questione di volontà e di sguardo. Un silo vuoto può andar bene; un cantiere qualunque, un non-luogo qualunque, può andar bene; la poesia si dà come sempre possibile, nonostante l’indifferenza della natura o l’apparente inumanità delle invenzioni umane, basta un semplice gesto a farla nascere. È questa, alla fine, la lezione che pare suggerirci Angelo Davoli, che non è un tipo da dare lezioni, quanto piuttosto uno che dà speranza, ossia un artista.”
Angelo Davoli (Reggio Emilia, 1960-2014) si diploma all'Istituto Tecnico Industriale di Reggio Emilia e successivamente si iscrive all'accademia delle Belle Arti di Bologna. Fin dalla fine degli anni Ottanta, il suo lavoro si caratterizza con una forte propensione per la ricerca nell'ambito del paesaggio contemporaneo. Il dibattito culturale di quegli anni lo porta a riflessioni su tematiche relative ai luoghi dismessi e, più in generale, alle architetture industriali, che diventano il soggetto primario delle sue rappresentazioni pittoriche.