T’able non è solo un gioco di parole che dalla tavola della convivialità fa emergere l’abilità, ma è soprattutto un gioco di idee che porta in evidenza la creatività e la sua messa in scena. È così che designer, imprese artigiane, artisti, aziende del design si espongono e mostrano i loro prodotti, in quanto parlano di loro stessi e del valore di sperimentare. T’able diviene così la tavola dei disegni condivisi, la mensa dei pensieri.
Dopo l’esperienza dello scorso anno in Zona Ventura con un’area di 1.000 mq. con esposizione, showcooking, ristorante, bookshop con oggetti e libri in vendita, quest’anno dopo alcune riflessioni sui flussi cittadini e non solo sui luoghi, T’able si presenta nel “salotto di Milano”, nello spazio di Urban Center del Comune di Milano presso la Galleria Vittorio Emanuele, quindi in una una zona di passaggio e di passeggio dei cittadini, ma anche dei turisti internazionali. Però, nonostante questo, T’able non si è vestita a festa, ma ha inserito l’immagine della fabbrica tra gli stucchi e le boiserie della galleria. La fatica della creazione tra i profumi dell’eleganza, ma con la consapevolezza di creare valore tutti insieme.
È su scaffalature industriali che sono esposti gli oggetti e le opere, come se fossero appena usciti dagli stampi delle industrie o dalle mani degli artigiani, un “miracolo a Milano” che mostra la competenza italiana che converge sulla città per promuovere esperienze. Ma la scenografia del lavoro vuole anche essere uno spazio accogliente, con degustazioni di cioccolato, caffè e cocktail e chiacchiere di progetti realizzati e pensieri per il futuro, con presentazioni giornaliere dal vivo dei protagonisti in mostra, ma anche di chi vuol far parte della comunità anche solo per un giorno, per raccontarsi e sviluppare relazioni.
Ogni oggetto ha il valore dell’idea, indipendentemente dal suo prezzo, consapevoli che la crisi economica ha bisogno di argomenti per acquistare dei beni, cose a cui voler bene, valori in cui riconoscersi. Le gorgiere di Sivia Beccaria raccontano l’aristocrazia della moda del Cinquecento che ora celebra l’Expo trasferendo l’iconografia del cibo al gioiello, utilizzando anche materiali marginali, come pvc, gomme, poliuretano. Eetico realizza lampade formate con reti metalliche di recinzione dei pollai, plasmate a mano, la cultura materiale contadina nelle mani del design. Federico Peri utilizza la scaffalatura industriale dell’azienda Prenotto per realizzare lo Scaffale d’arte, un mobile scrivania raffinato, con la struttura in ottone, i ripiani in legno sorretti da fasce in cuoio doppiato; il mobile è esposto all’interno dello scaffalatura da cui il designer è partito, come una madre che tiene in grembo il figlio, per mostrarne la bellezza. Antonio Cagianelli inserisce la lavorazione tradizionale dei pizzi all’interno della resina, come a preservarli: archeologia dei materiali per il futuro. La sperimentazione con la luce di Giovanni Minelli, tra arte e industria, lo porta a trasporre le geometrie del sacro al profano dell’oggetto d’uso. Gli arredi di Lumaca Slow Design propongono la cura del dettaglio come lentezza del progetto ma anche dell’uso e del consumo delle cose. La collezione Mani di Britta Herrmann racconta di culture differenti che si sono incontrate disegnando su una tovaglia di carta davanti a un bicchiere di vino e di pensieri comuni che si sono sporcati le mani. Gli sgabelli Ben di Mara srl sono come un foglio che si adagia sul supporto metallico. Per Livia Vaccaro i mobili diventano come tele, su cui trasferire i dipinti dalla forte iconografia pop, per un’arte che scompare nel momento dell’uso: è il sedere che si alza che mostra l’opera sulla sedia. I Calcio Balilla di Teckell hanno il sapore dell’oratorio e dei vecchi bar, ma rivisti con materiali e suoni contemporanei, con la pallina che picchia contro la vasca di cristallo. Mirta Morigi con le sue ciotole per il cibo, di maiolica internamente rivestita di oro zecchino, porta a riflettere sul fatto che il cibo è una ricchezza, purtroppo non suddivisa equamente, perché per alcuni il contenitore ha più valore del contenuto. Le Light Drops di Roberta Magagnotto sono sintesi di creatività, artigianalità e sperimentazione sui materiali, con inclusioni in resina illuminate con led: una goccia che brilla. La Ciclotte è l’evoluzione della cyclette per il fitness domestico rivista con il design e la tecnologia dei materiali compositi per l’aeronautica e il medicale: è un’odissea nello spazio. Lo studio di progettazione U-layer, tra i loro arredi, presenta una lampada realizzata in collaborazione con un’azienda di telescopi.
È così che T’able vuole guardare lontano: Expoltre, altrove e differenti.