“Vicino alla città di Benevento, vi sono due fiumi molto rinomati: uno Sabato, l’altro Calor del Vento; si dicono locali indemoniati! Un gran noce di grandezza immensa germogliava d’estate e pure d’inverno; sotto di questa si tenne gran mensa da streghe, stregoni e diavoli d’inferno”.
Così suona l’inizio di un poemetto popolare ottocentesco edito a Napoli, intitolato Storia della famosa noce di Benevento, dove si narra che le tregende delle streghe beneventane, al tempo dei Longobardi, fossero connesse con un antico albero di noce. Si racconta, infatti, che i Longobardi adorassero una vipera d’oro e celebrassero degli strani rituali intorno a un albero. Durante l’assedio dell’imperatore d’Oriente Costante, nel 663, il duca longobardo Romualdo, che stava per soccombere, accettò l’invito del vescovo di Benevento, Barbato, ad allontanarsi dall’eresia per abbracciare la vera fede cristiana. In cambio di ciò, Dio permise al duca longobardo di conservare il suo regno e di sconfiggere i bizantini. Sempre secondo la leggenda di San Barbato, questi fece sradicare l’albero di noce intorno al quale i Longobardi tenevano le loro feste e proibì l’adorazione della vipera d’oro grazie alla collaborazione della duchessa Teodorada. Purtroppo, però, sia le relazioni di dotti inquisitori, sia le testimonianze rese dalle streghe, facevano pensare che il mitico noce esistesse ancora e qualcuno diceva addirittura che era rinato nello stesso posto da cui era stato estirpato per virtù diabolica.
Oggi non siamo più molto abituati a utilizzare il termine “tregenda”, per lo più cristallizzato in espressioni come “atmosfera da tregenda” o “notte da tregenda” e anche il significato del termine è per molti oggetto di mistero! Per alcuni significherebbe, letteralmente, “trecento”, derivazione dal latino “trecenta”, ovvero “numero indefinito di persone”, poi, con significato traslato, stette a significare “fuochi fatui”, simboleggiando le molte fiammelle che si possono osservare durante la notte dei cimiteri. Traendo quindi origine dal significato di “quantità di persone”, tregenda sta oggi a indicare un’adunata di streghe e diavoli, con radici, da ricercare, appunto, in leggende demoniache. Artisticamente parlando, grandi pittori, come Francisco Goya, si sono ispirati alla figura della tregenda, a cui è connessa anche l’immagine della fattucchiera, per esprimere stati di inquietudine e di angoscia nella propria pittura.
A distanza di due secoli dalle pitture nere di Goya, il giovane artista parmigiano Carlo Alberti Rastelli, classe 1986, ha trasferito, nel proprio linguaggio della pittura, il tema delle antiche credenze, creando nuove composizioni e ambientazioni suggestive nelle sue opere. In mostra dal 29 Novembre e fino al 28 Febbraio, a Vitulano, sarà possibile ammirare la sua personale Piccole tregende tra amici, dove, con dipinti a olio e acrilico su tela e con opere su carta, verranno affrontate in maniera inedita i due temi, tipici della poetica dell’artista, legati alla ritrattistica e al paesaggio.
Arianna Baldoni, curatrice della mostra, descrive i dipinti di Rastelli come opere nelle quali “la natura stilizzata e inanimata costituisce il fondale, che ospita, senza partecipare, la vita dei personaggi, ritratti in maniera ambigua, dall’aspetto corroso da colori innaturali, che si dilatano sui volti, quasi a indicare uno stato di malattia. Sagome caricaturali e figure catatoniche nascono dalla sfera personale e confidenziale dell’artista, come denota il titolo della mostra”. I paesaggi che Rastelli dipinge evocano atmosfere incantate e stregate, connesse alle leggende e tradizioni popolari, tramandate nella regione del Sannio, dove si svolgevano, appunto, riti pagani e propiziatori.
Durante un’intervista, l’artista ha definito i paesaggi dei suoi dipinti “post-atomici”, poiché in essi “tenta di sublimare il suo infantile desiderio di stoppare un qualsiasi film di fantascienza, di cancellare la star hollywoodiana di turno e di stampare un frame da ammirare con la stessa appagante serenità, che una marina o un notturno avrà suscitato in un qualsiasi spettatore dei secoli passati”. Un “autre monde” denso di ritratti strampalati, caricaturali e deformati, sembra essere il rifugio di Rastelli, il cui unico scopo è quello di raccontare, attraverso la sua pittura, una storia sconosciuta, “sconclusionata”, magari di nessuna utilità per gli altri, ma profondamente “intimista” per lui.
I ritratti, topos privilegiato della sua produzione, attingono, infatti, alla sfera personale dell’artista, poiché mettono in mostra caricature e deformazioni dei suoi amici. Quegli stessi amici, che poi gli chiedono "oh, ma poi me lo regali?”, inconsapevoli del fatto di diventare, una volta impressi sulla tela, dei semplici attori senza identità, comparse di un cartoon o di un film senza trama e senza senso, circondati e intrappolati da artificiose scenografie fatte di campiture piatte e astratte, - segue a questo punto dell’intervista una risata diabolica di Carlo. In realtà, non si tratta di una semplice intervista, dal momento, che il più delle volte, l’intervistato assume anche il ruolo dell’intervistatore!
Alla domanda "quale musica ascolti?", nove persone su dieci probabilmente risponderanno, forse superficialmente: "un po' di tutto". Se dovessimo trasferire il quesito sul piano dell'arte, probabilmente la stessa percentuale non saprebbe trovare alcuna risposta, se non appellandosi al lavoro di artisti morti un secolo fa o, che so, al buon Andy Warhol, che non passa (e non passerà) mai di moda. Ciò è certamente imputabile a una scarsa conoscenza dei più di ciò che è l'arte oggi, ma anche alla distanza che quest'ultima, qualvolta, sembra voler frapporre tra sé e il pubblico dei non addetti. Mentirei se negassi di non esserci passato anche io...
Carlo Alberti Rastelli ripercorre con noi un simpatico excursus sul suo percorso di studio, noi invece, vorremmo ripercorrere con voi i suoi maggiori traguardi, dal punto di vista professionale, segnalandovi le ultime mostre e i suoi maggiori premi: Pathosformel, Galleria De Magistris, Milano, 2014; Pop Art Revolution, MdM Museum, Porto Cervo, 2014; Last Young - Under 35 in Italia, villa Brivio, Nova milanese, 2013; Postquards, Circolo Quadro, Milano, 2013. Tra gli altri, è stato vincitore del Premio Arte nel 2012, sezione pittura, categoria Accademia e del premio Il risparmio con gli occhi dell’artista, tenutosi al Palazzo Mezzanotte di Milano nel 2010.
L'inaugurazione della mostra è Sabato 29 novembre 2014 ore 18:30